Cosa accadrà ora che Disney ha aperto le porte a OpenIA? Un accordo di tre anni sancito da un miliardo di dollari

Come se la possibile acquisizione di Warner Bros. Discovery da parte di Netflix non bastasse, a distanza di qualche giorno è arrivata un’altra notizia che va controcorrente rispetto alla salvaguardia dell’industria cinematografica. Dopo un 2023 in cui sceneggiatori e attori con i loro rispettivi sindacati hanno lottato per la tutela di un settore e prendendo anche posizione nei confronti dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, a fare scacco matto è nientemeno che Disney, decidendo di mettere a completa disposizione il proprio catalogo a OpenIA. Un accordo senza precedenti sancito da un miliardo di dollari che la casa di Topolino ha scelto di investire per permettere a Sora di generare contenuti sfruttando tutti i suoi personaggi, per un catalogo tra i più ricchi dell’intero panorama dell’intrattenimento, che non comprende solo gli amati protagonisti animati, ma anche gli Jedi di Star Wars e i supereroi della Marvel. 

Perchè siamo sorpresi?

@carterpcs Disney gives OpenAI $1B and permission to use their characters… #c#carterpcstech #openai #disney #ai original sound - averyandon

Un affare che sembrava impossibile prevedere. In un mondo in cui i creativi stanno combattendo apertamente contro la produzione di immagini generate attraverso l’intelligenza artificiale, un accordo tra Disney e OpenIA sembra legittimare tutto ciò contro cui gli artisti continuano ad opporsi. Una posizione che, tra l’altro, era la stessa della società d’animazione fino a poco tempo fa, la quale sembrerebbe aver agito di strategia per la difesa della propria proprietà intellettuale, una sorta di regolamentazione che può così controllare direttamente dall’interno.

Più volte, infatti, Disney si era messa di traverso riguardo l’IA, facendo anche causa insieme a Universal per via della violazione del copyright a Midjourney, un algoritmo di intelligenza artificiale text-to-image del 2022 il cui obiettivo è la rivisitazione e l’interazione tra l’arte e il digitale. Stanca, perciò, di combattere su più fronti, Disney ha deciso di abbracciare l’azienda madre di ChatGPT e, appunto, Sora, per cercare di controllarne il futuro dall’interno.

Anche perché i conflitti non sono (subito) finiti: è solo del 10 dicembre una lettera di diffida inviata da Disney a Google dove intima la società di smettere immediatamente di utilizzare i suoi contenuti senza permesso per addestrare i modelli di IA. L’accusa è la violazione dei diritti d’autore su larga scala, come accaduto con personaggi come il Re Leone, Deadpool e i Simpson. 

I motivi dell'accordo

Sembrerebbe che con tale risoluzione, per un contratto della durata di tre anni, Disney possa tentare di tenere sotto controllo le sue proprietà intellettuali che, invece, hanno spopolato senza permesso su internet nel corso degli ultimi anni, limitando i continui avvisi di rimozione e cercando di evitare potenziali cause legali. Per Disney si tratta di incaricare la società per selezionare e tenere sotto controllo i prodotti che vengono generati con l’IA, rendendoli tracciabili e magari anche fruttuosi ai fini commerciali dell’azienda.

Alcuni video realizzati con Sora saranno di fatto disponibili sulla piattaforma di Disney+, con l’obiettivo di intercettare anche un pubblico più giovane, sempre più immerso nelle intelligenze artificiali - siamo ancora circondati, sebbene molto meno, dai personaggi del Brain rot italiano saltato fuori quest’estate e diventato un fenomeno grazie soprattutto a TikTok. Nel rapporto di convenienza reciproca che intercorre tra Disney e OpenIA c’è anche l’avanzamento tecnologico su cui, sembra strano, la società d’animazione è rimasta indietro, soprattutto se comparata ad altri competitor. Mentre Netflix sfrutta da anni sistemi di IA per analizzare i propri dati al fine di personalizzare e direzionare l’offerta per i contenuti agli utenti, Disney è rimasta al di fuori di queste logiche, potendo ora affinare i propri algoritmi per profilare sempre più i propri abbonati e suggerire loro le migliori proposte di intrattenimento.

Il fatto che non ci siano state rappresaglie da parte dei dipendenti della Disney è la parte più spiacevole e sospettosa dell’accordo, ma qualsiasi tentativo di opporsi o ragionare al di fuori delle dinamiche di mercato sarebbe non solo inutile ma, probabilmente controproducente per gli stessi lavoratori coinvolti. In più l’affare dovrebbe teoricamente apportare delle agevolazioni anche ai dipendenti con l’ampliamento degli strumenti di lavoro come ChatGPT e altri strumenti basati sull’intelligenza artificiale, inserendoli nei processi di lavoro e utili anche ai fini di operazioni sia di analisi sia operative.

Ovviamente non è una situazione alla buon samaritano: i soldi sono sempre il motore attivo di simili accordi e il fatto che Disney con l’investimento abbia acquistato una quota di OpenAI prima della prevista quotazione in borsa della società ha sicuramente a che vedere con motivazioni più economiche che artistiche (OpenAI è valutata circa 500 miliardi di dollari e con la quotazione potrebbe aumentare). 

E ora cosa succederà?

Una regolamentazione interna però è stata data, ma solo per evitare scocciature future. Pur avendo ceduto la licenza di tutti i propri personaggi a OpenAI, non potranno essere riprodotti i volti degli attori che li interpretano né le voci che li doppiano. Una mossa per bypassare le rimostranze dei sindacati, ma che anche con simili limitazioni potrà comunque attingere dal più grande bacino di protagonisti e universi magici mai esistiti e poi alcuni dei più importanti personaggi-attori attualmente proprietà di Disney come Darth Vader indossano una maschera, quindi è possibile aggirare il problema. 

Le ripercussioni del sodalizio Disney-OpenIA si scopriranno soltanto nel corso dei prossimi tre anni. Ma è sorprendente come le multinazionali stiano ripetutamente dimostrando quanto poco la qualità, la protezione dei propri artisti e il fattore umano siano essenziali sui luoghi di lavoro. E sebbene si possa dire che un’operazione simile possa servire a tutelare proprio quelle proprietà intellettuali che negli ultimi anni continuano ad essere depredate, è difficile vedere del buono nella realizzazione da parte di terzi di contenuti che l’azienda può scegliere di diffondere persino su Disney+, come a svilire anni ed anni di lavoro che i suoi dipendenti hanno trascorso nel pensare, ideare e realizzare alcuni dei personaggi più iconici della storia del cinema. È con una nota di amarezza che il settore dell’intrattenimento chiude il 2025, con tante domande per il futuro, a cui nessuna IA può rispondere.  

Takeaways

- L’accordo tra Disney e OpenAI ha segnato una svolta inattesa, con la concessione dell’intero catalogo della società per la generazione di contenuti tramite intelligenza artificiale, suscitando sorpresa e preoccupazione nel mondo creativo.

- La decisione è apparsa in contrasto sia con le recenti battaglie di artisti e sindacati contro l’IA sia con le precedenti posizioni legali di Disney in difesa del copyright.

- L’intesa triennale è stata interpretata come una strategia per controllare, regolamentare e monetizzare l’uso delle proprie proprietà intellettuali, riducendo il rischio di cause e di diffusione non autorizzata.
Tra gli effetti attesi sono rientrati l’arrivo di contenuti generati con Sora su Disney+, il recupero di competitività tecnologica e l’integrazione di strumenti di IA nei processi lavorativi interni.

- La scelta, guidata soprattutto da logiche economiche, ha però sollevato forti dubbi sul futuro della creatività, sul valore del lavoro umano e sulla reale tutela degli artisti nell’industria dell’intrattenimento.