Ora nel quadrilatero contano più gli chef che le Maison Il boom del food and beverage è arrivato anche a Milano

Nel lontano 2000 Giorgio Armani decise di rompere uno schema che, fino a quel momento, sembrava intoccabile. L’apertura di Nobu all’interno del complesso di via Manzoni, accanto all’hotel, alla boutique e alla libreria, fu una mossa spiazzante per un quartiere che, per decenni, era stato pensato come un luogo esclusivamente dedicato allo shopping.

Mangiare, fermarsi, rallentare non faceva davvero parte dell’esperienza, visto che le opzioni erano poche, consolidate e quasi rituali, come Cova, Il Salumaio e Marchesi. Oggi, invece, l’HoReCa (Hotellerie, Restaurant and Café) ha smesso di essere un complemento e ha iniziato a occupare uno spazio centrale anche nelle vie del lusso milanese. Tra tutte le nuove aperture del 2025 e le indiscrezioni su quelle future, il cambio di paradigma racconta come il valore dell’esperienza culinaria abbia ormai superato quello del semplice atto d’acquisto.

I ristoranti stellati del quadrilatero della moda

Ad aprile 2025 Louis Vuitton ha inaugurato il suo nuovo flagship all’interno di Palazzo Taverna Radice Fossati e collaborando ufficialmente con Da Vittorio, l’impero di Haute Cuisine del bergamasco. Il progetto articolato ha portato la ristorazione dei fratelli Cerea dentro lo spazio retail della boutique con un caffè-bistrot e soprattutto DaV by Da Vittorio Louis Vuitton, un ristorante d’alta cucina con un ingresso separato in Via Bagutta. 

Un discorso simile vale per Langosteria, che lo scorso novembre ha aperto il suo nuovo capitolo all’interno di Palazzo Fendi, in via Monte Napoleone 1. La collaborazione si è sviluppata su più livelli (letteralmente), con un ristorante principale al quinto piano, guidato dagli executive chef Domenico Magistri e Tommaso Garofalo. Al quarto piano, invece, aprirà a gennaio 2026 un communal restaurant, mentre al sesto piano ha appena aperto il primo cocktail bar del gruppo, Langosteria Ally’s Bar, con terrazza panoramica e private dining room.

Sempre all’interno della famiglia LVMH, voci di corridoio sottolineano come nel prossimo anno dovrebbe arrivare, insieme al nuovo flagship di Dior un nuovo progetto ristorativo affidato a Enrico Bartolini (15 stelle Michelin), con un opening atteso nella seconda metà del 2026

Perché la moda sta investendo nella ristorazione?

@lvmh Giovanni, Store Manager at Cova, explains the importance of details in customer experience to make clients happy. #LVMH #Cova #TikTokAcademie #Food #Paris #Milan #Pasticceria #Retail #Job #StoreManager #France #Italy original sound - LVMH

La risposta, oggi, è meno romantica di quanto si voglia raccontare. La moda da sola non basta più, il prodotto fatica a mantenere il desiderio, i flagship hanno perso parte della loro funzione attrattiva e il lusso, inteso in senso stretto, non garantisce più traffico né fidelizzazione. La ristorazione, invece, sì. Non a caso, secondo Milano Finanza, nelle ultime settimane Remo Ruffini avrebbe avviato una trattativa riservata per entrare proprio nel capitale del gruppo di Da Vittorio con una partecipazione di minoranza. Un investimento diretto in una delle realtà che nel 2024 ha raggiunto più di 100 milioni di fatturato

La mossa di Ruffini va letta dentro un quadro più ampio, che il settore conosce bene. Negli ultimi anni i grandi gruppi hanno iniziato a investire nel food non per storytelling, ma per necessità. LVMH ha messo le mani su Cova quando era chiaro che un caffè storico poteva diventare un asset globale. Prada ha fatto di Marchesi qualcosa di più di un omaggio alla tradizione milanese, integrandolo stabilmente nel proprio sistema, tra il Bar Luce e le collaborazioni con realtà giovani come nss edicola. Oggi non si parla più di operazioni simboliche, ma di attività che funzionano, mantengono i margini alti e intercettano pubblico. 

La ristorazione ha un vantaggio evidente rispetto alla moda siccome è meno ciclica, crea abitudine e riporta le persone nello stesso luogo più volte all’anno. In una fase in cui il prodotto fatica a giustificare prezzi sempre più alti, mangiare e bere diventano una leva concreta per restare rilevanti. Non perché “fanno esperienza”, ma perché funzionano. E poi diciamo la verità, a chi non piace una bella cenetta come atto di selfcare?

Takeaways

– Nel quadrilatero milanese la ristorazione ha smesso di essere un complemento e si è trasformata in una leva centrale per attrarre pubblico e costruire esperienza.

– L’interesse di Remo Ruffini per Da Vittorio conferma che il food di alto livello è ormai considerato un asset industriale, capace di generare valore oltre la moda.

– In una fase in cui il prodotto fatica a sostenere il desiderio, mangiare e bere nei flagship diventa uno dei pochi strumenti ancora efficaci per restare rilevanti.