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Chi è Tilly Norwood? La prima attrice AI al mondo divide Hollywood

Nel mondo surreale di Hollywood, la finzione ha sempre superato la realtà. È l’industria dove tutto è possibile: imprese impensabili, attori irraggiungibili, effetti speciali che piegano le leggi del tempo e dello spazio. Ma questa volta la magia è andata oltre lo schermo. Tilly Norwood non esiste eppure recita, sorride, firma contratti. Tilly Norwood è la prima attrice creata interamente con l’intelligenza artificiale con un volto perfetto (ma da girl next-door) nato da codice e calcolo, capace, a quanto pare, di smuovere emozioni vere. Per alcuni è il futuro del cinema, per altri la prova che stiamo vivendo in una distopia. 

Chi è Tilly Norwood?

Dietro la sua nascita c’è Xicoia, la divisione AI della società di produzione Particle6, fondata dall’attrice e produttrice olandese Eline Van der Velden. Tilly è stata presentata ufficialmente al Zurich Summit, durante il Festival del Cinema di Zurigo lo scorso settembre, con un corto parodistico intitolato AI Commissioner, dove recita accanto ad altri sedici personaggi digitali. L’obiettivo dichiarato era provocare una riflessione sul futuro del cinema, ma il risultato è stato un terremoto culturale.

La carriera di Tilly non si limita, ovviamente, al cinema, ma ha iniziato a guardare anche ai social: il suo profilo Instagram ufficiale è un flusso costante di selfie, set digitali e momenti “di vita quotidiana”. In pochi mesi ha conquistato decine di migliaia di follower, diventando un’icona a metà tra attrice e influencer sintetica. È l’estensione di una tendenza già vista con i modelli virtuali come Lil Miquela, ma questa volta il passo è più grande: non più solo immagini, ma interpretazione, presenza, performance.

Hollywood contro gli attori AI

@actingalex1e this is not right!! #hollywood #actresses #tillynorwood original sound - actingalex1e

Hollywood, però, non ha accolto Tilly con entusiasmo. Come si legge su Reuters, il sindacato SAG-AFTRA ha definito la creazione «una minaccia diretta alla creatività umana», sottolineando che «recitare non è solo riprodurre emozioni, ma viverle». Anche l’associazione britannica Equity ha espresso preoccupazione per l’origine dei dati usati per allenare l’intelligenza artificiale, chiedendo trasparenza sulle fonti e sulle somiglianze con attori reali. Intanto tra i volti noti e professionisti è scoppiata la polemica.

Emily Blunt, riporta il Guardian, ha definito il caso «terrificante», mentre Natasha Lyonne e Melissa Barrera hanno invitato le agenzie a boicottare qualunque collaborazione con entità artificiali di questo tipo. La loro paura è concreta: se un’attrice può essere generata da un software, cosa succede al lavoro di chi questa arte l’ha costruita sul corpo e con anni di studio? 

Il futuro dell'industria cinematografica

Una domanda che riguarda tantissime professioni e il futuro con l’AI. Eppure, al di là del panico, c’è chi vede in Tilly un esperimento più che una rivoluzione. Van der Velden ha spiegato a Vox che il progetto «non vuole sostituire gli attori, ma ampliare le possibilità del racconto cinematografico», paragonando l’AI a un «nuovo pennello nella tavolozza del regista». Tuttavia, secondo alcune indiscrezioni, diverse case di produzione avrebbero già redatto bozze contrattuali per utilizzare Tilly Norwood in ruoli minori, con la promessa di ridurre i costi fino al 90%.

Il dibattito, dunque, va oltre la tecnologia: è una questione di identità. Tilly Norwood non è solo un volto generato da algoritmi,  è il riflesso delle nostre contraddizioni morali sul progresso tecnologico sfrenato. In un’epoca in cui tutto è contenuto, la sua esistenza ci costringe a chiederci se l’autenticità conti ancora, o se basti la sua simulazione ad emozionarci. Come ha scritto il Guardian, «Tilly è il sintomo perfetto di una cultura cinematografica che ha smarrito la fame di realtà». E forse proprio per questo, la sua presenza, per quanto artificiale, ci colpisce: perché ci ricorda quanto sia diventato raro vedere qualcosa di autenticamente umano.