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Cosa raccontano oggi le cave di marmo italiane Carrara, Trani, Custonaci: viaggio tra estrazione, bellezza e tensioni ambientali

Il marmo italiano è da secoli non solo uno dei materiali più leggendari e pregiati nel mondo del design e dell’architettura, ma un vero e proprio archetipo. Dalle forme scultoree delle statue classiche che popolano i musei di tutto il mondo, fino alle superfici levigate e minimali degli interni contemporanei, questa pietra è molto più di un semplice elemento decorativo. È materia simbolica, capace di raccontare millenni di storia e cultura, testimonianza tangibile di territori unici, motore economico vitale per intere comunità e, oggi più che mai, un punto focale per il dibattito ambientale ed etico. Per comprendere a fondo le direzioni del design contemporaneo, con le sue responsabilità crescenti, è utile partire da dove inizia la sua materia, dalle sue radici più profonde. E il marmo, scavato con fatica, segato con precisione, lucidato fino a riflettere la luce, è una delle sue forme originarie più potenti. Carrara è il punto di partenza quasi obbligato. Qui, nelle Alpi Apuane, la pietra bianca è da secoli sinonimo di prestigio: usata da Michelangelo per scolpire il David, è oggi al centro di un’industria che movimenta centinaia di milioni di euro ogni anno. Attualmente sono attive oltre 650 cave nella zona, e alcune, come Canalgrande, estraggono più di 60.000 tonnellate l’anno. Un ritmo di lavoro dieci volte superiore rispetto agli anni Ottanta. Non si tratta solo di quantità, ma di potere simbolico: Carrara rappresenta una delle capitali mondiali del marmo. Un’identità che si riflette nella città, nel paesaggio, nell’economia e nella cultura del lavoro.

@ceramicasenio Our recent trip to Carrara, Italy #carraramarble #marble #marblequarry #ceramicasenio Like a Dream - Mauve

Eppure, dietro il fascino monumentale e la prosperità effimera delle cave, si celano numeri meno celebrati e tensioni sociali profonde. Circa la metà del marmo estratto diventa marmettola, una polvere di scarto finissima che, se non gestita correttamente, rischia di inquinare falde acquifere e corsi d’acqua, alterando delicati ecosistemi. I ravaneti, i giganteschi accumuli di detriti rocciosi, non solo ridisegnano per sempre i profili montuosi delle Alpi Apuane con cicatrici bianche e abbaglianti, ma possono anche aumentare il rischio idrogeologico. A ciò si aggiungono le questioni relative alla sicurezza sul lavoro, un tema dolente e purtroppo ancora attuale: gli incidenti, inclusi quelli mortali, restano purtroppo ricorrenti. Nonostante la rilevanza economica del settore, con migliaia di lavoratori direttamente e indirettamente coinvolti e numerose imprese artigiane e industriali che mantengono vivo un sapere secolare, il dibattito sull’equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale, tra occupazione e salvaguardia del paesaggio, è più acceso che mai, dividendo spesso le stesse comunità locali.

E mentre Carrara rappresenta l’apice storico e mediatico del marmo, anche il Sud Italia racconta le sue storie. A Trani, la pietra calcarea nota come Trani Stone è usata in tutto il mondo per la sua tonalità calda e compatta. Custonaci, in Sicilia, è un altro polo di eccellenza, dove la tradizione si fonde con nuove pratiche più sostenibili, come il recupero degli scarti tramite stampanti 3D per il design circolare. In queste zone, spesso lontane dai riflettori, il marmo è un tessuto economico profondo: piccoli distretti, lavorazioni locali, esportazioni strategiche. Il valore del marmo si estende ben oltre il blocco grezzo. Si stima che l’industria mondiale del marmo abbia superato i 42 miliardi di dollari, con una crescita annua del 3,9%. E in Italia, il design è da sempre il principale veicolo di trasformazione: dalle superfici levigate di cucine e bagni, alle sculture da interni che arredano i salotti più esclusivi, fino ai lavabi monolitici e ai tavoli-scultura che diventano il fulcro di un ambiente. Ma è proprio questa estetizzazione estrema, che spesso ignora il processo a monte, che oggi richiede un cambio di passo. Sempre più progettisti, sensibili alle nuove istanze etiche e ambientali, si interrogano sulla possibilità di immaginare e promuovere un "marmo etico": un materiale non solo esteticamente sublime, ma anche tracciabile dall'estrazione alla posa, prodotto responsabilmente nel rispetto delle normative ambientali e della sicurezza dei lavoratori, con una filiera trasparente che non distrugga il paesaggio per alimentare showroom e riviste patinate. Questo implica investire in nuove tecnologie di taglio che riducano gli scarti, favorire il riutilizzo della marmettola in altri settori e sostenere le comunità locali.

Non mancano tentativi virtuosi di riconversione. Alcune ex cave, un tempo ferite aperte nel paesaggio, sono state intelligentemente trasformate in spazi suggestivi per performance artistiche, musei a cielo aperto che raccontano la storia del territorio, o percorsi escursionistici mozzafiato che offrono nuove prospettive sulle montagne. In parallelo, il movimento "No Cav" – una delle voci più forti e persistenti del dibattito – continua a chiedere con forza un freno all’estrattivismo intensivo, sottolineando come la tutela del paesaggio – soprattutto in aree protette come le Alpi Apuane – sia un dovere collettivo e non negoziabile. La drammatica vicenda del 2021, quando il Parco Regionale delle Alpi Apuane è stato drasticamente ridotto per lasciare spazio a nuove concessioni estrattive, ha generato proteste vibranti a livello nazionale e internazionale, ma ha anche contribuito a innescare una nuova consapevolezza pubblica sull'urgenza di proteggere un patrimonio naturale unico al mondo. Il marmo, dunque, non è solo materia prima. È cultura territoriale plasmata da millenni di lavoro, è storia industriale che ha segnato intere generazioni, è scontro politico tra interessi economici e tutela ambientale, è scelta etica che definisce il nostro rapporto con il pianeta. Ogni lastra di marmo porta con sé un paesaggio scavato, una rete complessa di lavoratori, una tensione irrisolta tra progresso e conservazione. In un’epoca in cui il design si interroga sempre più sul proprio impatto ambientale e sociale, guardare alle cave italiane significa tornare all'origine della materia e confrontarsi con le sue complesse verità. E capire che, per costruire bellezza in modo sostenibile e responsabile, dobbiamo prima imparare a proteggerla e a rispettare il territorio da cui proviene, trasformando ogni scelta progettuale in un atto consapevole.