FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Le community online sono i nuovi giornali? Realtà come Pop Crave e Pop Base, ma non solo, sembrano dimostrare questo trend

Pop Crave e Pop Base – due account nati rispettivamente nel 2016 e nel 2019 su quello che allora era Twitter, per offrire aggiornamenti sul mondo dello spettacolo – negli ultimi anni hanno assunto un ruolo piuttosto rilevante nel panorama informativo statunitense. Oggi, ad esempio, i due progetti si occupano anche di coprire temi politici e di attualità. Questo cambiamento si inserisce in una più ampia trasformazione nel modo in cui vengono consumate le notizie online da parte dei più giovani: le fonti tradizionali stanno progressivamente perdendo terreno a favore di media più informali, mentre un numero crescente di utenti – in particolare gli adolescenti – intercetta le news mentre è impegnato in attività del tutto estranee all’informazione, nonostante certi temi si presterebbero a una fruizione più lenta e approfondita. Ma realtà come Pop Crave e Pop Base hanno costruito la propria credibilità puntando sulla velocità nel dare le notizie, con tutti i rischi che un approccio del genere può comportare. Tale linea editoriale, più orientata alla tempestività che all’accuratezza e caratterizzata da notizie sintetiche e trattate in modo semplice, si è però rivelata efficace – almeno sul breve periodo. Il successo di Pop Crave e Pop Base, non a caso, è strettamente legato alle dinamiche tipiche dei social network e al fenomeno della cosiddetta viralflation – secondo cui il concetto stesso di “virale” è cambiato rispetto al passato, dato che il web è diviso in molte più bolle di varia grandezza. 

@californiawatson like congrats ???? #pope #popcrave #popculture #conclave son original - out of context hannah montana

Secondo quando detto a Vox da Katerina Eva Matsa, dell’istituto statunitense di ricerca e analisi Pew Research Center, il fenomeno dell’esposizione incidentale alle notizie è sempre più centrale nel modo in cui le persone accedono all’informazione. Questo avviene in particolare su piattaforme come X e YouTube, dove gli utenti si imbattono in aggiornamenti d’attualità mentre sono in pieno doomscrolling. Tuttavia, tale modello presenta limiti evidenti: i contenuti sono spesso privi del contesto necessario, e la scarsa trasparenza su fonti, autori o eventuali sponsorizzazioni solleva molti interrogativi di natura etica. Le testate giornalistiche tradizionali, nonostante le sfide che devono affrontare, in genere operano all’interno di un quadro normativo fatto di principi editoriali e responsabilità professionali.

Diversamente, realtà come Pop Crave e Pop Base non sempre si attengono – almeno per ora – a criteri così rigorosi. Tra le altre cose, infatti, spesso non chiariscono al proprio pubblico la distinzione tra un contenuto sponsorizzato e uno informativo, contribuendo a rendere ancora più labile – agli occhi degli utenti meno esperti – il confine tra promozione e notizia. In questo modo gli utenti più giovani rischiano di formarsi attribuendo lo stesso peso a contenuti molto diversi per finalità. In assenza di una politica di trasparenza strutturata – come avviene invece nel giornalismo tradizionale, dove le inserzioni pubblicitarie sono quasi sempre segnalate, almeno nei Paesi anglosassoni – diventa difficile distinguere ciò che è rilevante per il pubblico da quel che risponde a logiche commerciali. Eppure l’influenza di realtà come Pop Crave e Pop Base continua a crescere. Ma proprio per questo, se vorranno consolidare la loro posizione all’interno del mercato del newsmaking, con ogni probabilità sarà indispensabile che adottino degli standard di rigore che – nonostante tutto – continuano a caratterizzare buona parte del giornalismo statunitense.

Anche in Italia si osservano investimenti crescenti in questo settore a cavallo tra il giornalismo tradizionale e l’intrattenimento. Un esempio significativo è rappresentato dalle recenti operazioni commerciali di GEDI, gruppo editoriale che tra gli altri possiede il quotidiano La Repubblica e La Stampa. Secondo quanto riporta il sito di sport Calcio & Finanza, GEDI avrebbe investito circa 500 mila euro per acquisire il 10% del progetto Cronache di spogliatoio, che conta oltre 1,5 milioni di follower su Instagram e produce contenuti caratterizzati da un approccio più informale – anche perché buona parte della sua audience sono gli utenti dei social network. L’investimento di GEDI testimonia l’interesse crescente per realtà verticali che, per quanto lontane dai canoni tradizionali del giornalismo, riescono a intercettare e coinvolgere un numero molto elevato di potenziali lettori, grazie a un approccio all'informazione online e alle singole notizie meno convenzionale. Un altro brand informativo italiano che – pur occupandosi di tutt’altro – si è trovato a seguire l’attualità, rispondendo alle richieste dei suoi lettori, è Webboh. La testata si occupa principalmente di gossip, e per lo più all’interno della creator economy. Eppure in passato Webboh ha parlato della questione dei talebani in Afghanistan o dell’invasione russa dell’Ucraina, tra le altre cose. «L’abbiamo sempre fatto perché […] perché stava diventando un trend su TikTok, e quindi tanti ragazzi – vedendo questi video – non capivano cosa stesse succedendo», ha raccontato il fondatore di Webboh a zio, una newsletter che si occupa dell’universo legato alla Gen Z. «Sono giovanissimi: non guardano il tg, non leggono il Corriere. E specie con la questione ucraina, vedevano magari questi video coi carri armati e le bombe e venivano a chiedere a noi cosa stesse succedendo».