
Marvel è tornata in forma con “Thunderbolts”
Una squadra guidata da Florence Pugh che deve affrontare temi come la depressione e la solitudine
30 Aprile 2025
È quando pensi che sia finita che la Marvel tira ogni volta fuori i pezzi da novanta. Era già successo nel 2023, ultimo anno che vedeva un titolo memorabile per l’universo dei supereroi condiviso, quando dopo il deludente Ant-Man and the Wasp: Quantumania e prima del disastroso The Marvels lo studio era riuscito a mettere a segno il degno finale della squadra dei Guardiani della Galassia col suo Vol. 3. E non poteva essere prevedibile, non ora, con il 2025 aperto dal claudicante Captain America: Brave New World e in procinto di chiudere la Fase Cinque del MCU con un’idea che sembrava già riciclata prima ancora di essere prodotta e che invece potrebbe tramutarsi nel cavallo bianco con cui trainare un rinnovato interesse verso il suo universo, almeno fino a fine anno. Thunderbolts, infatti, non è solamente la risposta dei villain di Kevin Feige alla squadra di super cattivoni della DC - ironico come, tra l’altro, proprio il migliore dei due proposti al riguardo ovvero il The Suicide Squad - Missione omicida del 2016 sia diretto dallo stesso regista dei Guardiani della Galassia, nonché al tempo futuro co-amministratore e direttore creativo della DC, James Gunn. Ma è altresì uno di quei film che la Marvel non sembrava saper più fare e che, al contrario, cammina perfettamente con le proprie gambe.
In Thunderbolts c’è tutto: la scrittura e l’evoluzione dei personaggi, l’action come veicolo principale per attrarre l’attenzione del pubblico e intrattenerlo una volta in sala, il giusto concentrato di umorismo che deve sempre sapersi bilanciare con l’anima cazzuta che dai titoli della Marvel ci si aspetta. Ma è su due punti chiave che Thunderbolts riesce lì dove stava gradualmente fallendo il MCU. Due svolte su cui sarebbe stato furbo puntare in tutti questi anni di stanchezza da supereroi e che è poi la formula che qualsiasi film, cinecomic o meno, dovrebbe tenere a mente. Bisogna sempre avere una buona storia e dei personaggi a cui il pubblico deve finire per affezionarsi. Sembra la cosa più facile del mondo, ma i flop del MCU degli ultimi tempi hanno dimostrato che non è così. Oltre a svelare che la Marvel ha forse un problema di co-dipendenza, visto che i migliori titoli della sua più recente filmografia non sono mai degli stand-alone, ma seguono la regola dei team-up - il che fa ben sperare per i prossimi film a seguire, I Fantastici Quattro - Gli inizi (in arrivo a luglio 2025) e Avengers: Doomsday (da calendario segnato a maggio 2026).
@zaytaju Here is my out-of-theater reaction to Marvel Studios’ THUNDERBOLTS*. The experience I had watching these amazing actors on screen is something we will never forget! This movie has everything! Great action, drama, humor. You name it. The standout for us was Florence Pugh and she puts on her most memorable performance as Yelena Belova! That doesn’t stop there though because David Harbour, Wyatt Russell, and Hannah John-Kamen really get to shine in key moments as well. There are two post-credit scenes and one is the probably the most important one of the entire saga. Seriously, a fun time and I cannot wait to see it again next week! #Thunderbolts* #MarvelStudios #Phase5 #Review #IMAX #Fandango original sound - zaytaju
Intanto Thunderbolts ottiene uno dei due risultati a cui ogni pellicola dovrebbe puntare partendo da una posizione di svantaggio. Gli anti-eroi del cinecomic, infatti, non facevano promettere bene sulle sorti dell’operazione, troppo anonimi e poco acclamati dopo i loro vari passaggi in diversi prodotti della Marvel, che dal cinema alla serialità erano sempre stati secondari senza avere il seguito che può suscitare un villain carismatico come Loki o una buona spalla alla Bucky (che infatti qui torna ancora una volta interpretato da Sebastian Stan). Nemmeno la Yelena di Florence Pugh poteva essere considerata una certezza, basti vedere cosa è accaduto al botteghino al film sulla sorella Vedova Nera interpretata da Scarlett Johansson, con il box-office influenzato dalla scia della pandemia di Covid e dal poco interesse che un pubblico poteva avere per una dei protagonisti collaterali degli Avengers. Non il miglior biglietto da visita per la parente del personaggio conosciuto sul grande schermo fin dal 2010 quando apparve per la prima volta in Iron Man 2 e che comunque portò a casa nel 2021 i suoi 379.7 milioni worldwide, dettando non un flop strettamente inteso, ma inferiore rispetto alle prestazioni dei titoli Marvel rilasciati fino a quel momento.
#Thunderbolts is one of the best mcu films by a landslide. Brilliant story and character moments. This is made with love. It setups up for BIG things to come in the most exciting way I seen since 2012. Bring your tissues but not because it’s a sad movie. pic.twitter.com/2tS8QtUb0P
— deo (@frickyuu) April 22, 2025
Invece in Thunderbolts Yelena/Pugh guida un gruppo di personaggi che, se sono stati marginalizzati fino ad ora, tirano fuori le loro abilità e da questo sentirsi di per sé inferiori e sconfitti sanno offrire una storia che si addentra in territori adulti e inesplorati per il MCU. Un vuoto in cui Yelena si butta in apertura di film - stunt fatto da Pugh stessa sul secondo palazzo più alto del mondo, il Merdeka 118 a Kuala Lumpur - che è il salto che ognuno di loro potrebbe rischiare di voler fare almeno una volta nella vita e che è posto lì, a inizio pellicola, per indicare la direzione di un racconto fatto di solitudine e isolamento. Di una tristezza che affonda i propri artigli in una depressione che viene affrontata in maniera inaspettatamente matura dalla Marvel. Il tema stesso è sorprendente in un contesto così inusuale mentre si vedono i personaggi fare a botte, ognuno con un trauma che è motivo di delusione e sofferenza nelle loro esistenze. Il mettere insieme il gruppo di disadattati funziona perché è la caratterizzazione di ogni singolo protagonista che incanala il senso di esclusione che sarà poi il più grande nemico nella pellicola. Affrontato con una semplicità destabilizzante, una chiarezza che non cerca giri di parole e un contorno action che non sfigura con una Marvel che ha ritrovato un certo vigore anche nel suo compartimento tecnico.
La metafora della famiglia, del sentirsi uniti e dell’essere così in grado di sconfiggere il “male”, qualunque esso sia, non è solo (per l’appunto) metafora, anzi è la teoria su cui si basa l’intero Thunderbolts e in cui il film crede al pari di come il pubblico crederà alle parole dei protagonisti. Che mostra la lotta interiore di Yelena, che compatisce il destino sfortunato del John Walker aka U.S. Agent di Wyatt Russell che avevamo conosciuto in The Falcon and the Winter Soldier e che fa incuriosire su quei personaggi ancora poco esplorati come Ghost (Hannah John-Kamen) e soprattutto il nuovo arrivato Bob, impersonato da un mirabile Lewis Pullman. Le traiettorie di Thunderbolts sono assennate e inattese, con una profondità che non inghiotte l’intrattenimento e viceversa, in un equilibrio che vede la Marvel tornare, almeno per questa volta, tanto a divertire quanto a commuovere il pubblico. La rivincita dei perdenti che, perdenti, non lo sono affatto. Ma è come ci sentiamo e vediamo a determinare le nostre vite ed è necessario stare attenti al buio che ogni tanto sentiamo avvicinarsi. Con un cinema mainstream che può venire in nostro aiuto, ricordandoci che c’è sempre modo di mantenere accesa la luce, la sua e la nostra.