A Guide to All Creative Directors

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È arrivato il momento di ripensare i musei

Il sovraffollamento ha trasformato l'esperienza culturale e messo a rischio la preservazione dell'arte

È arrivato il momento di ripensare i musei Il sovraffollamento ha trasformato l'esperienza culturale e messo a rischio la preservazione dell'arte

Il Louvre è il museo più visitato e uno dei più importanti al mondo. Ogni anno, sulla rive droite, nel primo Arrondissement, circa 8 milioni di persone attraversano la Hall Napoléon per ammirare l'arte che abbraccia secoli di storia dell’umanità. Tuttavia, quando fu ristrutturato negli anni '80, il museo era stato progettato per ospitare solo 4 milioni di visitatori all’anno, meno della metà di quelli attuali. Per questo motivo, come ha dichiarato Laurence des Cars, direttrice del Louvre, in un'intervista al Guardian, «visitare il museo è diventato un “calvario fisico” a causa della folla di turisti». Le problematiche sono molte: troppa gente, pochi spazi per riposarsi, servizi igienici insufficienti e una segnaletica ormai obsoleta. È un problema serio anche per la sicurezza, come sottolineato da numerosi visitatori intervistati dal Guardian, che hanno affermato che «si ha l’impressione che lo staff sia lì più per mostrare la strada alle persone che per proteggere i dipinti»

Questa situazione ha spinto il presidente francese Emmanuel Macron ad annunciare che per la Gioconda verrà introdotto un biglietto speciale, con un’entrata dedicata, mentre il Ministro della Cultura Rachida Dati ha deciso di aumentare i prezzi dei biglietti per i visitatori non UE. Naturalmente non si tratta solo di una questione economica, poiché i fondi necessari per restaurare e rendere più accessibile il Louvre non mancano: se da un lato il museo ha finanziato importanti progetti internazionali – come il Louvre di Abu Dhabi e il centro minerario di Lens – la sede centrale non ha visto una revisione strutturale significativa da decenni, contribuendo così alla confusione attuale. Purtroppo, il Louvre non è l’unico museo ad affrontare situazioni difficili. Il settore museale è stato duramente colpito dalla pandemia Covid-19, ma la ripresa non è stata uguale per tutti. Alcuni musei hanno registrato un vero e proprio “effetto rimbalzo” nelle visite, ma questo ha portato con sé problemi di organizzazione e strutturali simili a quelli del Louvre.

Un esempio è rappresentato dagli Uffizi, che nel 2023 hanno raggiunto i 5 milioni di visitatori conquistando il primo posto tra i musei più visitati in Italia. Un numero notevole che però ha causato non pochi disagi alla città, già in preda all’overtourism, e ai visitatori stessi, costretti a fare lunghe code e a una cattiva organizzazione. Per risolvere il problema, il nuovo direttore della Galleria, Simone Verde, ha introdotto aperture serali riservate esclusivamente ai residenti di Firenze. Inoltre, sono stati digitalizzati i biglietti e i depliant, un’iniziativa che era già stata avviata durante la direzione di Eike Schmidt, per rendere la visita più fluida e accessibile grazie alle prenotazioni online. Anche i Musei Vaticani, secondi solo al Louvre con 6 milioni di visitatori all’anno, sono alle prese con il problema dell’overtourism. La direttrice Barbara Jatta, però, ha un’opinione diversa a riguardo. Come riportato da La Repubblica, Jatta sostiene che «l’overtourism non è una iattura». Per lei, i grandi flussi turistici non sono solo un problema, ma un’opportunità, e la fruizione dell’arte passa soprattutto dai turisti. «Dobbiamo essere consapevoli che non è più un’élite a occuparsi di arte, storia e della nostra eredità. E dobbiamo agire di conseguenza», ha dichiarato Jatta. Le grandi ondate di turismo, dunque, vanno regolamentate, con orari di apertura prolungati e nuovi percorsi creati anche grazie alla collaborazione di esperti informatici, tecnici dell’accoglienza e responsabili del museo.

Queste problematiche di sovraffollamento e di gestione suscitano alcune riflessioni sulla vera funzione del museo oggi: è ancora un’istituzione dedicata al sapere e all’arte, o sta diventando solo un parco giochi in cui le opere sono in mostra per essere fotografate? Mark Fisher, filosofo inglese, affronta la questione nel suo saggio Realismo Capitalista. Secondo l'autore, il problema risiede nel museo stesso e nel modo in cui vengono archiviate le opere d'arte in spazi istituzionalizzati. Fisher afferma che «la Guernica di Picasso – un tempo grido di dolore contro le atrocità fasciste – adesso è un quadro come un altro da appendere al muro [e] il dipinto può aspirare a uno status iconico solo se spogliato di qualsiasi contesto o funzione». Se inserito in un contesto capitalista, come il nostro, il museo non “produce” nulla di nuovo, anzi, finisce per lasciarci senza nemmeno una vera preservazione del passato. «Una cultura che si limita a preservare se stessa non è una cultura», aggiunge il filosofo. Passeggiare in un museo, tra corridoi che ospitano migliaia di opere da ogni angolo del mondo e di ogni epoca, è come camminare su un’astronave alla Predator, dove migliaia di oggetti sono «privati di ogni vitalità» e disposti per il consumatore-spettatore.

Oggi, come scrive Fisher, siamo nel bel mezzo di un «cosmopolitico carnevale di dèi, costumi e arti [in cui] lo spettatore gaudente e peregrinante» ha sostituito la partecipazione e il coinvolgimento con un’asettica ricezione del prodotto.  Il museo come luogo di preservazione delle opere rimane fondamentale, ma nel 2025, di fronte a innumerevoli problemi derivanti dalla mercificazione delle opere e dello stesso museo, è necessario ripensare lo spazio. Il museo non solo deve conservare e mettere in mostra l'arte, anche spingere a un rinnovamento creativo, per non rischiare di ridursi a un enorme magazzino con infinite file di visitatori/magazzinieri come temeva Fisher.