
Gli statunitensi che viaggiano all'estero nell'era di Trump
Secondo diverse pubblicazioni, si iniziano a registrare le prime difficoltà
31 Marzo 2025
Nel contesto di un crescente dibattito sull'aggressività della politica estera degli Stati Uniti, molti cittadini del Paese hanno iniziato a interrogarsi su come vengano percepiti all'estero durante i loro viaggi. Il New York Times di recente ha raccontato il caso di una persona californiana che, pianificando una vacanza a Città del Messico, temeva che la propria nazionalità potesse suscitare sentimenti ostili nei suoi confronti — «io e i miei amici abbiamo quindi deciso di parlare solo in francese durante il viaggio», spiega. Questo tipo di preoccupazioni ha cominciato a diffondersi da quando Trump è diventato presidente degli Stati Uniti. Le sue controverse decisioni politiche, nell’arco di appena qualche mese, hanno messo in dubbio alleanze storiche, aumentato le tensioni con diversi Paesi e portato a boicottaggi in vari Stati – tra cui in Canada e in Nord Europa. Il timore di non essere ben accolti è così diventato una questione abbastanza sentita tra i viaggiatori statunitensi. E in alcuni casi questa preoccupazione ha portato a cambiare i propri piani di viaggio. La titolare di un’agenzia specializzata in vacanze in Messico ha recentemente osservato un aumento delle cancellazioni, attribuendolo al clima politico negli Stati Uniti. Il New York Times aggiunge che diverse agenzie turistiche statunitensi hanno registrato un incremento delle richieste di chiarimenti da parte dei loro clienti, spaventati dalla possibilità di essere mal visti all’estero. Anche sui blog di viaggio sono sempre più numerosi i commenti di cittadini statunitensi che chiedono pareri su quanto la loro nazionalità possa suscitare rancore o ostilità.
Oggi, quanto è realmente un problema per gli statunitensi viaggiare?
@lucyindxb I will become invested in their lives before my main course has even arrived #italy #travel #florence #americans #europe #pasta original sound - Theo Shakes
«Come verrò considerata a Berlino?» si chiede una donna sentita dal New York Times che sta organizzando una vacanza in Europa. «Come minimo mi vergognerò, ma ora ho anche paura di ritorsioni o atti di violenza». «Cerco di nascondere il fatto di essere statunitense», ha dichiarato un’altra persona che effettua spesso viaggi di lavoro in Canada, spiegando di preferire l’uso della valuta locale – nel Paese i dollari statunitensi sono comunque accettati – per non dare l’impressione di venire dagli Stati Uniti. In Canada, infatti, è molto sentita l’ostilità verso Trump, che non solo ha sostenuto di voler annettere il Paese agli USA (proposta ovviamente irrealizzabile), ma ha anche più volte screditato l'allora primo ministro Justin Trudeau, con il nuovo primo ministro Carney che ha dichiarato finita l'amicizia secolare tra i due paesi. E non parliamo di come i groelandesi hanno accolto o meglio non accolto il vice-presidente Vance presentatosi sull'isola per una rapida ispezione di una base militare. Inoltre Trump ha approvato dazi pari al 25 per cento sulle merci importate dal Canada – una misura ritenuta estremamente aggressiva a livello politico, che ha dato il via a quella che viene considerata a tutti gli effetti una guerra commerciale. In risposta, numerosi canadesi hanno iniziato un boicottaggio verso i prodotti di provenienza statunitense. In molti, inoltre, hanno disdetto le loro vacanze negli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante il risentimento verso gli USA venga alimentato anche dalle stesse istituzioni canadesi, nel Paese non si sono registrati episodi di violenza o di discriminazione nei confronti dei cittadini statunitensi.
The FBI's Los Angeles field office is urging Americans to be cautious while traveling abroad for spring break and issued these tips. pic.twitter.com/iKPMV8kaql
— USA TODAY Travel (@usatodaytravel) March 21, 2025
Lo stesso vale in Danimarca. Anche qui sono in corso diverse forme di boicottaggio contro prodotti o attività statunitensi, per via delle prese di posizione di Trump, che ha adottato una retorica sempre più minacciosa e aggressiva, dicendo ad esempio di voler prendere il controllo della Groenlandia – isola che fa parte del territorio danese. Resta il fatto che, come in Canada, i cittadini statunitensi non vengono presi di mira: «Abbiamo un problema con l'amministrazione-Trump, non con il popolo statunitense». Lo ha detto al New York Times un cittadino danese, che gestisce un gruppo Facebook – con oltre 80mila membri – in cui si incoraggia a boicottare le merci statunitensi: gli utenti pubblicano liste di prodotti da non comprare perché legati agli Stati Uniti, offrendo alternative europee. Varie forme di boicottaggio si sono diffuse anche in Svezia e in Norvegia — in entrambi i casi come protesta contro la posizione dell’amministrazione Trump sull’invasione russa dell’Ucraina. Qui la ritorsione più visibile finora si è registrata nei confronti di Tesla: in Svezia tra il gennaio 2024 e il gennaio 2025 le vendite del marchio sono diminuite del 44 per cento, mentre in Norvegia di 38 punti percentuali.