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Il dilemma tutto italiano del turismo tossico

Traino per l’economia e veleno per la cultura?

Il dilemma tutto italiano del turismo tossico Traino per l’economia e veleno per la cultura?

Due giorni fa è diventato virale un video girato sulla Strada della Forra, al Lago di Garda, uno dei percorsi stradali panoramici più belli del mondo, completamente paralizzato da due file di auto che andavano in direzioni opposte. Un video che racconta bene il problema dell’Italia con il fenomeno del turismo di massa, riassumibile, in breve, nel concetto di “troppa gente e troppo poco spazio”. Il dibattito sulla mercificazione delle bellezze del nostro paese è diventato centrale negli ultimi giorni, con l’arrivo della bella stagione e l’arrivo delle orde di turisti iniziato dopo il fiasco già leggendario della campagna Open to Meraviglia, ma soprattutto dopo la notizia che il sindaco di Portofino ha vietato con multe gli assembramenti di turisti per i vicoli del borgo ligure, diventati ormai impraticabili. È un vero dilemma. L’Italia dipende dal turismo ma gli italiani odiano i turisti: già da lungo tempo Venezia ha smesso di essere una vera città trasformandosi in una specie di parco a tema del Rinascimento, mentre a Firenze un cittadino che volesse visitare le Gallerie dell’Accademia dovrebbe fare qualcosa come due ore di fila in qualunque dato giorno. A Roma le cose non vanno meglio, con la scenografica Fontana di Trevi ormai nascosta da un tappeto umano che affollano costantemente ogni centimetro libero della piazza antistante. 

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Il turismo di massa, come ogni forma di cultura mainstream, porta sicuramente affari – ma porta anche degrado e vuotezza, mercificazione e mortificazione. Negli ultimi tempi poi si è diffuso sui social media un format di video di nome “Instagram vs. Reality” che mostra prima le foto perfette nelle classiche pose da influencer (se non sapete quali sono, probabilmente siete i primi a farle senza rendervene conto) e poi il video dei retroscena della foto, priva di color correction, gremita di decine di altre presenze che stanno facendo simili foto deturpando uno scenario ormai privo di romanticismo o intimità. Quasi come se quegli stessi Millennial che hanno dato il via alla cultura del viaggio Instagram-friendly e del volo low-cost, giunti alla soglia dei trenta, si stiano rendendo conto delle falle di una narrazione mistificata e mistificante che non solo edita con abilità i lati meno piacevoli di certe location, ma ne avvelena del tutto il fascino, trasformando luoghi di storia e di cultura nello sfondo di selfie che finiranno sepolti nelle gallerie fotografiche dei loro smartphone. Un esempio su tutti? La Torre di Pisa – di cui molti ignorano la funzione originaria di campanile. Ma anche il Ponte Vecchio di Firenze, Pompei, la piazzetta di Capri, Trinità de’ Monti, Taormina, il complesso di San Gregorio Armeno e i Quartieri Spagnoli di Napoli sono posti che gli stessi italiani evitano perché ormai strangolati da una presenza turistica tossica – in assenza della quale però molti piccoli ecosistemi economici crollerebbero. 

Il motivo di questa co-dipendenza è che il turismo di massa è passato dal supportare l’economia locale al deformarla, finché le economie locali stesse si sono adattate per esistere in funzione delle esigenze del turismo. Il risultato è lo spopolamento di questi stessi luoghi: a oggi quasi metà dei posti letto di Venezia sono dedicati ai turisti e Portofino conta poco più di 300 residenti senza contare quelli che hanno la residenza lì senza abitarci mentre una recente stima parla di più di 10.000 appartamenti disponibili su AirBnB soltanto a Firenze. Proprio l’anno scorso i sindaci di Firenze, Bologna e Bergamo hanno avanzato proposte di legge per salvare i centri storici presi in ostaggio dal turismo mordi-e-fuggi mentre questo mese Confedilizia e altre 12 organizzazioni del settore immobiliare hanno proposto al Ministero del Turismo un documento in cinque punti per regolare il mercato degli affitti turistici brevi mentre gli assessori di 11 delle più importanti città italiane riunitisi a Bologna hanno proposto di limitare il numero di case in affitto per i turisti, di evitare la concentrazione di locazioni nelle mani di singoli individui o associazioni e di dare ai comuni un maggiore livello di libertà nella gestione delle autorizzazioni - tutti campi in cui esistono profondi vuoti normativi. Al di là dei fattori economici e di vivibilità ci sono anche considerazioni sulla sostenibilità del turismo di massa, che oggi si ritiene responsabile dell’8% delle emissioni annue di anidride carbonica a livello globale. Aerei, automobili, hotel e villaggi turistici sono dei veri divoratori di energia e risorse oltre che i responsabili di numerose emissioni che si è pensato di tagliare con una tassa sul cherosene, ovvero il carburante degli aerei, che potrebbe limitare i consumi ma anche rendere quella del turismo un’industria di elite.

Ovviamente non è pensabile regolare chi può e non può visitare le destinazioni del turismo di massa, né creare delle limitazioni sulla base dei prezzi di accesso, rendendo dunque queste location elitarie. Una possibile idea, dall’attuazione complessa, è ridefinire il ruolo stesso dei turisti trasformando i consumatori casuali in consumatori consapevoli. Il tentativo è stato fatto a Milano da James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, che ha sostituito i biglietti del museo con delle tessere di abbonamento che consentono di tornare nel museo nei tre mesi successivi all’acquisto con l’idea di creare una community attivamente coinvolta e un tipo di fruizione più contemplativa. Rimangono alcuni dubbi sulla sua attuazione: in primo luogo perché tra il nuovo abbonamento e il vecchio biglietto non c’è distinzione di prezzo e dunque il turista non avverte differenze vere e proprie, in secondo luogo perché sul sito della Pinacoteca c’è sia scritto l’abbonamento va fatto online, sia che si può acquistare il biglietto in loco creando una certa ambiguità. Sia come sia, il concetto proposto da Bradburne è forse il più interessante e meno ovvio rispetto alle soluzioni più intuitive ma spesso tardive dell’elevata sorveglianza – che arriva sempre dopo che i danni sono stati fatti. Sempre il direttore del museo di Brera, comunque, ha dedicato molti anni a denunciare il problema. Nel giugno 2021, parlando con Apollo Magazine, usò parole molto dure ma volto vere: «Il turismo di massa è stato un errore che ha creato un'economia fragile, picchi di visite, partecipazione culturale molto banale e superficiale. Ha trasformato l'Italia da una nazione di designer creativi a una nazione di viticoltori e camerieri di ristoranti».