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Back where we started from: Elsa Schiaparelli

Back where we started from: Elsa Schiaparelli

Ricordo molto bene il giorno in cui ho letto per la prima volta questo nome: Elsa Schiaparelli, e ricordo altrettanto bene, la reazione di stupore e sconcerto nello sfogliare immagini di archivio dove continuamente cercavo una data. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che, una moda così estrosa e fuori dagli schemi, fosse datata tra il 1930 e il 1950.

I miei occhi vedevano abiti destrutturati che avrei giurato provenienti dallo studio di un pittore e sculture, deciso a lanciarsi nel mondo della moda con tubini effetto guaina, che udite udite, riproducevano un effetto spina dorsale e costato, con un voluminoso nero su nero. E poi ancora, lunghi vestiti da sera che osannavano il tema del fiocco e l’accostamento di colori più audace e giusto che ci sia.

Opere d’arte surrealista, come il celeberrimo Lobster dress, che andò di pari passo con il telefono aragosta di Dalì. Degni di nota, l’abito cassettiera ed il lungo lilla, che riportava sul retro un motivo tubolare stretto e fitto, pronto a trasformarsi in una colonna, disegnata da due profili in procinto di schioccarsi un sonoro bacio, con tanto di vaso di fiori sulla cima.
Come se non bastasse rientrano nel curriculum della signora Schiap, come in molti la chiamavano, maglioni da donna trompe-l’oeil, che io acquisterei immediatamente, per la loro disorientante attualità: fiocchi bianchi e neri, tatuaggi old school e cuori trafitti, spiccano su maglie di lana più o meno rasata.


Ma il genio non si ferma qui e, a mio avviso, si ritrova al meglio nelle giacche e negli accessori che hanno decisamente cambiato il guardaroba femminile dell’epoca. Giacche corte, avvitate dalle spalle rigide, che con equilibrato volume, salgono verso l’alto, arricciandosi in rouche, arricchite da perline e pendagli. Regina fra queste, la champagne jacket con profilo di donna sul davanti, la cui splendida chioma bionda va ad adagiarsi con noncuranza sulla manica destra. Imbarazzanti, nel senso buono del termine, gli accessori: il cappello scarpa nato dalla collaborazione con il già citato Salvator Dalì e Jean Cocteau , a cui si deve l’avvicinamento di Elsa con la moda.

Fiocchi, turbanti, copricapo di piume e pelliccia da abbinare agli inconfondibili guanti con unghie laccate, sarebbero senza dubbio etichettati must have, volendo usare la terminologia da shopaholic del 2010.

Si deve ad Elsa anche l’uso della pelliccia effetto scimmione, che ha sperimentato in un primo esempio di tronchetto moderno,  e che  tanti hanno ripreso come capo spalla, Margiela in primis, nelle passerelle di oggi.

Potrei continuare all’infinito, perché ve l’ho detto, quel giorno me lo ricordo alla perfezione, e perché i richiami, anche inconsapevoli, all’operato di questo mostro sacro, sarebbero innumerevoli. La donna che si inventò il primo profumo della storia “Shocking” nel 1937, con l’iper imitato flacone a forma di busto, non poteva che avere di diritto il primo posto nel nostro bisogno di guardare indietro per andare avanti: Back where we started from.