FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

Shein ora offre la sua manifattura ad altri brand Ora anche altri brand possono usare la produzione del fast fashion cinese

Per andare contro alle conseguenze dei dazi, Shein ha deciso di offrire i propri servizi di manifattura anche a brand esterni. Secondo quanto riportato da Bloomberg, la nuova operazione è partita ad agosto, con il gigante del fast fashion che ha iniziato a proporre ad altri brand l’uso della propria supply chain. La promessa di Shein è quella di riuscire a realizzare nuovi design entro 5 o 7 giorni, posto che i clienti aprano uno store digitale sul marketplace cinese.

Non si parla solo di manifattura: i servizi di Shein si allargano anche su consulenza del design, immagazzinazione e aiuto con la parte di vendita, il tutto a un prezzo ultra-concorrenziale per il mercato attuale. Dopo quasi due anni di preparazione e test, l’iniziativa è stata formalizzata con il lancio del programma Xcelerator, che oggi conta già una ventina di brand aderenti. Tra questi figurano la francese Pimkie e il designer filippino Jian Lasala. Secondo Bloomberg, la rete manifatturiera costruita nel sud della Cina rappresenta l’unico vantaggio competitivo di Shein, con un’infrastruttura difficile da replicare e potenzialmente capace di sostenere la crescita anche in uno scenario commerciale sempre più incerto.

Basterà Xcelerator per salvare Shein dai dazi?

La mossa rappresenta per Shein un importante avanzamento strategico, perché trasforma i rapporti con i fornitori in un servizio rivendibile ad altri brand. Un modello che punta a generare una fonte di crescita parallela, mentre le vendite dirette iniziano a rallentare negli Stati Uniti dopo l’abolizione delle esenzioni fiscali sulle spedizioni dalla Cina. Eppure, anche se questo nuovo modus operandi potrebbe funzionare, evidenzia al tempo stesso quello che appare come uno dei momenti di maggiore crisi non solo per Shein, ma per l’intero sistema del low-cost.

La recente crisi PR, innescata dalla diffusione di un annuncio con un modello AI dalle sembianze di Luigi Mangione, è stata soltanto l’ultima di una lunga serie di notizie negative per il marketplace. Già in estate Shein aveva ricevuto richiami dal governo centrale di Pechino riguardo alla delocalizzazione della produzione in altri Paesi, una richiesta arrivata pochi giorni prima dell’annuncio di nuove tariffe da parte di Donald Trump. In risposta, l’azienda avrebbe interrotto le ispezioni che stava conducendo insieme a fornitori in Vietnam e in altre aree del Sud-Est asiatico.

Sempre negli stessi mesi, Shein era stata multata per un milione di euro dall’Antitrust italiano per pratiche scorrette e pubblicità ingannevole legata alla sostenibilità ambientale. In un contesto in cui il suo principale competitor, Temu, ha già subito pesanti perdite dall’inizio della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, resta aperta la domanda: l’apertura di una delle catene manifatturiere più controverse al mondo potrà davvero salvare Shein, o finirà per esporla a nuovi scandali?