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Siamo davanti alla fine dei media online per come li conosciamo?

E alcune dritte per adattarsi al cambiamento

Siamo davanti alla fine dei media online per come li conosciamo? E alcune dritte per adattarsi al cambiamento

Solo pochi giorni fa la notizia di una possibile bancarotta di Vice ha lasciato il mondo dei media online insonne, disturbando quello che ultimamente non è certo un sonno tranquillo. Un tempo valutata oltre 5 miliardi di dollari, Vice è solo l'ultimo di una lunga lista di media digitali costretti nel corso del 2023 a tagliare personale o, nel peggiore dei casi, a chiudere. A gennaio, Vox Media aveva annunciato il licenziamento di 130 dipendenti, pari al 7% della sua forza lavoro, mentre poche settimane dopo Catapult aveva chiuso il suo sito e i suoi programmi di scrittura. Il 20 aprile, Jonah Peretti, fondatore di BuzzFeed, ha dichiarato: «L’azienda non può continuare a supportare BuzzFeed News», annunciando di fatto la chiusura della divisione News con una riduzione della forza lavoro complessiva del 15%. Tra i motivi dietro questa decisione, Peretti ha citato l'economia in difficoltà, il cambiamento delle abitudini del pubblico e, ovviamente, il peso della pandemia, suggerendo che potrebbe non esistere un tipo di business sostenibile per un sito che vuole offrire notizie online di alta qualità. Qualcosa di simile è successo a Vice, passato dall'essere l'oggetto del desiderio di Disney e Fox (che in passato avevano pensato di acquisire l'azienda) a ritrovarsi alla disperata ricerca di un compratore per evitare di finire in mano ai creditori. «Avevano promesso di essere il futuro, di poter attrarre sia i millennial che il pubblico più giovane. Che i giornali stavano morendo e che la stampa stava morendo. Hanno venduto questa promessa, ma come possiamo vedere, non sono riusciti a crescere abbastanza velocemente per mantenerla», ha commentato Elahe Izadi del Washington Post ai microfoni di Yahoo Finance.

Vice, così come Vox che a gennaio ha licenziato il 7% del proprio staff, dopo il successo degli anni ’10 e il conseguente rinnovamento dei media online, si sono ritrovati incapaci di attrarre un pubblico che si stava spostando sempre di più verso le piattaforme video, prima su YouTube e poi su TikTok. «Hanno fatto affidamento su aziende come Google e Facebook, ma come sapete, un algoritmo può cambiare e questo può sconvolgere completamente il vostro modello di business», ha aggiunto Izadi. La sensazione è che i protagonisti di questa storia, dopo essere stati al centro di una crescita spropositata e spesso incontrollata nel loro momento di massimo splendore, si siano ritrovati incapaci di replicare quanto fatto in passato nel momento in cui il lettore (e di conseguenza le sue necessità) è cambiato. «Il traffico non può essere considerato solo una questione meccanica. Come Jonah fu tra i primi a scoprire, il traffico è anche emozione umana, psicologia, desiderio, curiosità, humor», ha scritto l'ex direttore di Buzzfeed Ben Smith nel suo libro Traffic, sottolineando ulteriormente come la ricerca del traffico da parte dei siti si sia progressivamente trasformata in un'ossessione. In “un mostro insaziabile” come ha scritto Valerio Bassan nella sua newsletter, al punto che ha finito per consumarli.

Mentre i motivi del fallimento di Vice e Buzzfeed sono ormai chiari, la situazione di PAPER Magazine sembra essere diversa. Il 27 aprile, infatti, la testata ha licenziato l'intero team editoriale, composto da circa 30 persone, con effetto immediato. «È stata una sorpresa, ma avevo già avvertito che qualcosa stava accadendo», ha dichiarato l'ex editor Jade Gomez a Resident Advisor. Secondo il Publisher Tom Florio, che ha acquisito PAPER nel 2017 con il suo ENTtech Media Group, la scelta è stata dettata da un calo degli introiti pubblicitari registrato l'anno scorso. Anche se solo l'editor-in-chief Justin Moran è rimasto attivo per finalizzare i progetti già in corso, Florio non ha intenzione di chiudere il magazine, ma sta cercando opzioni alternative per tagliare i costi e mantenere la testata in vita. Il modo in cui proverà a farlo rimane forse uno degli aspetti più interessanti, soprattutto in quello che oggi sembra essere diventato il lavoro e il ruolo di un giornalista online.

«Quello che vorrei vedere sono giornalisti esperti di cui mi fido creare contenuti video da pubblicare su TikTok, perché è quello che il pubblico desidera in questo momento» ci ha detto Isaac Hindin-Miller, che tra il 2012 e il 2014 ha collaborato con il New York Times e Business of Fashion e che oggi è un creator con oltre 200.000 follower su TikTok. «Il ruolo del giornalismo non è cambiato, ma il modo di comunicare sì. Non si legge tanto quanto prima, ma si consumano ore di video ogni giorno. Racconta una storia in video, non su carta» ha aggiungo Hindin-Miller. Se in passato abbiamo assistito al passaggio dalla carta al digitale, oggi siamo davanti all’ennesimo rinnovamento dell’informazione, tanto naturale nel suo corso quanto potenzialmente distruttivo nella sua portata. Mentre molti media sono già da tempo corsi ai ripari adattandosi al cambiamento, altri sembrano essersi fatti trovare impreparati a quella che promette di essere una fase di evoluzione (o involuzione) dei media online per come li conosciamo. Speriamo di poterne raccontare la fine.