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I brand devono aver paura dei contenuti generati con le AI?

Dal crossover tra Balenciaga e Harry Potter al puffer Moncler del Papa

I brand devono aver paura dei contenuti generati con le AI? Dal crossover tra Balenciaga e Harry Potter al puffer Moncler del Papa

Nonostante gli sforzi dei brand per catalizzare l’attenzione dei social media, dai cani robot di Coperni alle finte teste di leone impagliate per la Couture di Schiaparelli, il momento più virale della scorsa stagione non è né una sfilata né una campagna pubblicitaria, ma soprattutto non è frutto dell’idea creativa di alcun brand. Progettato con il suggerimento "Harry Potter ma yassified", il video postato su Patreon dall’utente demonflyingfox che presenta i sosia digitali degli attori della saga cinematografica senza un briciolo di grasso buccale e con indosso look ispirati a Balenciaga, ha raggiunto i 5,9 milioni di visualizzazioni. In confronto, il video della sfilata FW23 sul canale YouTube del marchio ha solo 2,6 milioni di visualizzazioni. Similmente le immagini del Papa in un puffer bianco ispirato ai modelli Moncler hanno invaso Twitter, aprendo un dibattito su cosa significhi per i brand diventare spettatori passivi di prodotti generati da AI che sfruttano il proprio marchio, specie in uno scenario in cui agli utenti sembra importare sempre meno se ciò che vedono sia “reale” o meno.

Di recente, ad esempio, Jacquemus ha postato su Instagram un video raffigurante coloratissime e mastodontiche borse su ruote - l'antitesi delle sue piccole borse Chiquito. Si è scoperto che si trattava di rendering digitali in 3D, molti utenti non riuscivano a capirlo e ad altri non importava, ma questo non ha impedito al contenuto di raccogliere 1,2 milioni di like in poche ore. Come sottolinea BoF, se da un lato l’AI è un ottimo modo per superare la bolla del fashion system e penetrare nel mainstream grazie a contenuti insoliti, allo stesso tempo l’estrema accessibilità allo strumento genera un pletora di meme e mashup pieni di loghi e monogram utilizzati rigorosamente senza consenso. La situazione è probabilmente analoga a quella che i brand hanno affrontato con la comparsa dei social media: molti temevano di cedere il controllo della loro immagine a blogger e consumatori che potevano indossare i loro prodotti e pubblicare i loro loghi come volevano, ma alla fine i social media si sono trasformati in uno dei canali più apprezzati dalla moda per comunicare con il proprio pubblico.

Michael Miraflor, che ha lavorato in agenzie di comunicazione prima di ricoprire l'attuale ruolo di chief brand officer presso la società di venture capital Hannah Grey, ha descritto le AI a BoF come un "nuovo territorio"«Ricordate quando Balenciaga ha fatto una collaborazione con i Simpson e quanto è stato grande l'affare? Probabilmente ci sono voluti mesi di trattative e di lavoro creativo - ha twittato di recente Miraflor - all'epoca era una cosa pazzesca, ma l'AI ha fatto sembrare questo tipo di mashup... elementare? Normale? Previsto? Gli obiettivi si sono spostati». Sempre secondo Miraflor, il video dell'AI potrebbe non essere così diverso da un post di un influencer su un marchio senza il coinvolgimento diretto del brand, ma ciò non è per forza negativo, specie se consideriamo che i commenti più diffusi sotto il video YouTube della passerella FW23 di Balenciaga fanno tutti riferimento al mashup di Harry Potter. «Devo pensare che molte persone che hanno visto il mashup di Balenciaga Harry Potter hanno finito per fare ulteriori ricerche su Balenciaga», ha detto Miraflor.