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Come ci immaginiamo il nuovo Gucci di Sabato de Sarno

Il veterano di Valentino sarà chiamato a offrire una nuova visione per il brand

Come ci immaginiamo il nuovo Gucci di Sabato de Sarno Il veterano di Valentino sarà chiamato a offrire una nuova visione per il brand

Ora che Gucci ha un nuovo direttore creativo, il napoletano Sabato De Sarno, che si prepara a presentare la sua collezione di debutto il prossimo 22 settembre, è ufficialmente aperto il momento delle speculazioni. È chiaro che la scelta di nominare un nuovo direttore creativo non è affatto presa alla leggera, specialmente dopo una tenure iconica come quella di Alessandro Michele. La strada intrapresa dal brand, però, sembra voler dichiarare che il momento di una svolta creativa decisiva è giunto: quest'estate De Sarno ha mandato il web in tilt pubblicando uno sneak peek della prossima camagna di Gucci scattata allo Chateau Marmont da David Sims e con il volto di Daria Werbowy, storica musa del Céline di Phoebe Philo e già capace di evocare un'intera estetica opulenta ed essenziale insieme con indosso un semplice bikini nero. L'unica foto che abbiamo visto della campagna fa forse intendere in che direzione si muoverà il brand ma, in mancanza di dati o dichiarazioni precise, non ci rimane che procedere con le teorie a partire da ciò che sappiamo.

Prima di tutto, De Sarno è un nome forse nuovo per il pubblico ma abbastanza noto agli insider: il designer infatti è un veterano di Valentino, brand per cui ha ricoperto posizioni di crescente rilievo negli ultimi 13 anni (praticamente un’eternità nel mondo della moda) culminate nella sua nomina a Fashion Director delle collezioni prêt-à-porter maschili e femminili del brand di due anni e sette mesi fa circa. Questa enorme mole di esperienza specifica al mondo di Valentino non deve essere affatto passato inosservato ai vertici di Gucci: sotto Pierpaolo Piccioli, dopo tutto, è avvenuto quel processo definito dal brand stesso di ri-significazione che, in questa sede, potremmo definire «metodo del soft storytelling» la cui formula segreta, per così dire, potrebbe rappresentare il farmaco di cui Gucci ha bisogno per reinventarsi e tornare a crescere sui mercati ai ritmi esponenziali di quattro o cinque anni fa. 

Come vanno le cose da Gucci?

Oltre al cambio di direttore creativo, Gucci sta subendo ulteriori cambiamenti significativi a seguito di una ristrutturazione manageriale annunciata a luglio. Marco Bizzarri, il presidente e CEO di lunga data, lascerà il marchio dopo lo show SS24, ponendo Gucci in uno stato di transizione. Jean-François Palus del Gruppo Kering assumerà temporaneamente il ruolo di Bizzarri. François-Henri Pinault, CEO di Kering, ha dichiarato che la ricerca di un CEO permanente per Gucci inizierà a settembre o ottobre, con la volontà di considerare candidati al di fuori del settore del lusso. Nel frattempo, il Gruppo Kering si è espanso nel mondo della profumeria acquisendo Creed e starebbe anche contrattando per acquisire una talent agency di Hollywood. Si dice con una certa insistenza che Francesca Bellettini, che viene da Saint Laurent, potrebbe essere una possibile candidata per il ruolo di CEO di Gucci – ma pare improbabile data la sua recente promozione a vice-CEO dell’intero gruppo oltre che a CEO di Saint Laurent. 

Il presidente del gruppo, Pinault, ha sottolineato la necessità di ravvivare la traiettoria di crescita di Gucci e nello specifico la «top line» del brand mettendo in luce l'obiettivo di raggiungere 15 miliardi di euro di ricavi nel medio termine rispetto ai 10,5 miliardi di euro del 2022. Ha individuato aree di miglioramento, tra cui la qualità del prodotto e la flessibilità della catena di approvvigionamento. Gucci ha potenziato la sua presenza nei mercati chiave attraverso iniziative come il "Salon", spazi esclusivi per ordini di lusso personalizzati. Le prestazioni del marchio sono recentemente rimaste indietro rispetto ai concorrenti, e il futuro CEO di Gucci dovrà affrontare la sfida di ripristinare l’impeto della crescita. La mostra "Gucci Cosmos", che presenta i suoi design iconici, si sposterà a Londra da ottobre a dicembre. L'acquisizione a sorpresa da parte di Kering del 30% delle azioni di Valentino per 1,7 miliardi di euro, nell'ambito di una partnership strategica con Mayhoola, è stata annunciata a luglio, con la possibilità che Kering possa acquisire il 100% del capitale di Valentino entro il 2028.

Cosa potrebbe cambiare per Gucci?

@ideservecouture Gucci’s new creative director - Sabato de Sarno. #fashiontiktok #fashionforyou #gucci #sabatodesarno #fashionnews Flowers - Miley Cyrus

Ma come potremmo definire il «soft storytelling» di Valentino? In termini molto sintetici, è la maniera in cui il brand ha re-inquadrato alcuni suoi connotati identificativi e il suo linguaggio di design (il romanticismo, il languore genderless della couture, i colori e le silhouette) in una maniera estremamente riconoscibile sul piano visivo, creando appunto uno storytelling unitario capace di dare senso e coesione al tutto, ma senza premere l'acceleratore su quello discorsivo, senza dunque che lo storytelling stesso finisca per fagocitare il prodotto finale. Non è un mistero che le alte sfere di Kering abbiano ormai stabilito che il corso presente e futuro del brand si svolgerà all’insegna del timeless luxury – uno stile creativo che con la sua teatralità, la sua inclinazione al pop e al camp e la sua radicalità per certi versi aveva sia fatto che disfatto il successo di Alessandro Michele. Nel futuro ciò che il pubblico desidererà è, in definitiva, il cosiddetto investment piece, ovvero un item capace di mantenere la sua validità sia sul piano materiale della longevità e durevolezza, sia sulla sua versatilità che gli consenta di attraversare stagioni e trend della moda senza diventare obsoleto in sei mesi, sia sulla sua capacità di venire effettivamente indossato da chi lo compra a prezzi non esattamente bassi. In questo senso, se brand della scuderia Kering come Saint Laurent e Bottega Veneta hanno già lavorato estensivamente per collocarsi nella categoria timeless, proprio Gucci era rimasto indietro, prigioniero di una bulimia creativa diventata un po’ chiassosa negli ultimi tempi, in cui anche un semplice completo da uomo diventava un costume con mega-baveri, mega-spalline, pantaloni con flare, bottoni ingioiellati – ed era, insomma, un bel prodotto assai poco portabile per il cliente di lusso che vuole vestirsi bene senza rischiare con proporzioni esagerate, loghi onnipresenti e decorazioni iper-opulente. Ricordiamo, dopo tutto, che i VIC di molti brand comprano i propri abiti per ricevimenti eleganti e situazioni di lavoro, hanno una certa età e cercano un prodotto di qualità di cui non si stancheranno dopo due mesi.

Proprio Gucci, inoltre, è un brand che prospera quando intraprende brusche svolte creative: proprio come De Sarno, anche Tom Ford e Alessandro Michele furono nomine a sorpresa che radicalizzalizzarono per un verso o per l'altro il linguaggio del brand; rimanendo in ambito Kering, invece, elevare un fashion o design director dalla lunghissima esperienza passata dietro le quinte si è rivelata una felicissima scelta nel caso di Mathieu Blazy e di Bottega Veneta. La scelta inattesa di un direttore creativo è, paradossalmente, così ricorrente nella storia del brand che la giornalista Christina Blankey l'ha definita «peak Gucci». E la logica ci dice che ciò che ha funzionato una volta funzionerà sicuramente una seconda. Se la collezione di Gucci che abbiamo visto a Milano rappresentava un palate cleanser rispetto ai sapori forti a cui Michele ci aveva abituato durante la propria direzione creativa, ma anche un ritorno all’ordine e a una certa forma di minimalismo grunge, da De Sarno possiamo ragionevolmente attenderci una linearizzazione generale del prezioso e lunghissimo heritage di Gucci, che guarderà certamente all’era di Tom Ford ripulendola però di ogni licenziosità eccessiva e piuttosto portandola verso i territori più sublimi che, in diversi termini e con una diversa vision, un brand come Saint Laurent sta toccando. In questo senso  la pulita, fluida essenzialità appresa nei suoi lunghi anni di Fashion Director di Valentino rappresenterà un patrimonio culturale inestimabile per il brand e per le sue collezioni future.