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Quanto grande può diventare Burberry?

Il nuovo CEO, Jonathan Akeroyd, vuole portare le vendite a 5 miliardi annui nel lungo termine

Quanto grande può diventare Burberry? Il nuovo CEO, Jonathan Akeroyd, vuole portare le vendite a 5 miliardi annui nel lungo termine

Da qualche mese la nuova vita di Burberry è cominciata. Dopo il lungo ma complicato regno di Christopher Bailey e il quinquennio trascorso nel segno di Riccardo Tisci, che ha risollevato le vendite del brand senza però riposizionarlo nel mondo dell’altissimo lusso in cui il brand voleva collocarsi, toccherà al nuovo CEO Jonathan Akeroyd e soprattutto al nuovo direttore creativo, il redivivo Daniel Lee, inaugurare la nuova fase di vita del brand. E anche se ancora nessun output è apparso sotto forma di campagne, collezioni o prodotti, la sola presenza del nuovo management ha iniziato a farsi sentire: alla fine della prima metà dell’anno fiscale, lo scorso primo ottobre, la crescita della revenue registrata era dell’11%, gli utili operativi erano saliti del 21% e anche le azioni in borsa erano salite dell’1,8%. Akeroyd progetta di far crescere le vendite annuali da 2,8 miliardi di sterline a 5 miliardi di sterline, raggiungendo il traguardo dei 4 miliardi di sterline tra i tre e i cinque anni. Il brand, fra l’altro, ha annunciato che la prima campagna firmata Daniel Lee arriverà a gennaio (anche se ancora con le collezioni di Tisci) mentre a febbraio 2023 la nuova identità del brand avrà il suo debutto.

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L’obiettivo principale sarà quello di rendere Burberry il primo brand inglese per quanto riguarda le borse e la pelletteria, cavalcando l’onda di un aumento delle vendite degli accessori che hanno rappresentato il 37% delle vendite nell’anno passato. Per conquistare questo primato l’arma segreta saranno le borse e gli accessori di Daniel Lee ma il focus dell’azienda rimane fisso sul rafforzamento delle collezioni womanswear, sullo sviluppo del footwear che finora è rimasto dormiente con l’obiettivo di raddoppiare le vendite di entrambe le categorie, oltre che della pelletteria. Per raggiungere  questi obiettivi, il brand ha iniziato ad aumentare lentamente i prezzi di alcuni prodotti e aumentare le vendite per metro quadro nei propri negozi fino a una media di 25.000 sterline. Gli aumenti finora sono serviti a tenere il passo con l'inflazione e preservare i margini di profitto, ma sono stati inseriti abbastanza organicamente da non suscitare proteste da parte della clientela. In generale l’idea di britishness e le origini outdoor di Burberry saranno un nuovo focus e dunque c’è da attendersi una sorta di ritorno alle origini, concettualmente parlando almeno. Rivolgendosi agli analisti Akeroyd ha specificato come, ad esempio, i veri clienti fissi del brand ormai continuino a comprare i classici trench – sottolineando implicitamente come l’estetica più moderna e orientata ai trend pensata da Tisci non avesse convinto i clienti fedeli e che invece ora si tornerà verso lo studio di prodotti senza tempo.

Al di là dei prodotti veri e propri, l’accelerazione di Burberry significherà anche un aumento degli investimenti nel marketing che dovrebbero diventare significativi nei prossimi anni e che sarà accompagnata da un nuovo concetto di boutique. Il redesign degli store sarà implementato in tutto il mondo entro il 2026, mentre l'e-commerce dovrà raddoppiare il suo volume di vendite che per ora rappresentano solo il 10% del fatturato totale. Il compito è impegnativo ma non insormontabile per Akeroyd, che è stato già il responsabile della espansione di Versace negli ultimi anni, basata proprio su un investimento nell’heritage del brand. La sfida però starà nel guidare quest’espansione in un momento in cui si prevede una contrazione nelle vendite del lusso: come dice BoF, secondo Bain infatti le vendite del lusso cresceranno dal 3% all’8% nel 2023 rispetto al 22% di quest’anno.