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Fare l'influencer è un duro lavoro

Come ci hanno tenuto a sottolineare diverse creator su TikTok, scatenando accese polemiche

Fare l'influencer è un duro lavoro Come ci hanno tenuto a sottolineare diverse creator su TikTok, scatenando accese polemiche

Tone-deaf, un aggettivo che in italiano si traduce in un limitante 'sordo' o 'stonato', è una definizione della lingua inglese che si incontra con sempre più frequenza, soprattutto quando serve ad indicare le dichiarazioni o le opinioni di un personaggio pubblico che si approccia ad un argomento o ad una platea senza prestare particolare attenzione alle circostanze e alle conseguenze delle sue parole

È proprio tone-deaf l'espressione che meglio descrive un video, poi cancellato, della tiktoker americana Tara Lynn. Lynn, creator con quasi 5 milioni di follower, e un profilo popolato principalmente da balletti, brevi video divertenti, tutorial di make-up - è importante sottolinearlo - ironizzava sul fatto che l'arrivo di BeReal abbia evidenziato quante persone, troppe a detta sua, passino le giornate a letto, a far nulla, a poltrire. «Does anybody have a job? Does anyone work?» ha detto Lynn, citando neanche troppo velatamente un altro video criticatissimo che aveva come protagonista Kim Kardashian. 

@robbiesmoonmusic #stitch with @tara lynn of all the things lacking in this country, people working tirelessly is NOT one of them. #capitalism #taraswrld #bereal #influencer #9to5 #opinion It's Corn - Tariq & The Gregory Brothers & Recess Therapy

Inutile dire la shit storm che ne è conseguita, anche perché il video si va ad inserire in una discussione già piuttosto accesa su TikTok, scaturita dalle lamentele di diverse creator, che hanno definito il lavoro di influencer duro e stressante. Mentre il racconto da parte di ragazze che non erano riuscite a fare della content creation una professione aveva incontrato una certa compassione, qui la comprensione è stata ben minore. E sono state proprio altre influencer a sciogliere ogni dubbio sulla facilità del proprio lavoro: da Yasmin, che ha rivelato che bastano 10 minuti per scattare delle foto e guadagnare migliaia di dollari, a Miki Rai, 2.4 milioni di follower su TT, che prima di essere creator è infermiera, che ha voluto mettere in chiaro come anche il giorno peggiore da influencer non sarà mai paragonabile ad una normale giornata in reparto. 

@mikiraiofficial #stitch with @danicalleiro I make more money from one brand deal than I would if I worked 40 hours a week for a whole month as a #nurse. #influencer #creatoe original sound - Miki Rai

La polemica è il riflesso di un momento di grande cambiamento nel rapporto tra creator e pubblico. Si è arrivati ad un livello inedito di intolleranza, insofferenza, intransigenza - se non odio puro - verso alcune personalità online, con le loro ossessioni, le loro fisse e le loro lamentele, testimoniato da trend come Eat The Rich, o da film che ritraggono, senza pietà, il declino di aspiranti influencer, come il satirico Not Okay, o l'horror Bodies, Bodies, Bodies

Ecco allora che l'aggettivo tone-deaf torna a fare la sua comparsa, perché lamentarsi del proprio lavoro, per quanto sacrosanto e legittimo, appare quantomeno indelicato arrivando da una posizione di privilegio, evidente e sbandierata, e in un clima così pesante, tra disoccupazione giovanile, guerre mondiali e precaria salute mentale. Non si tratta di demonizzare chi ha fatto della content creation il proprio lavoro, ma, come direbbero sempre gli americani, di fare un reality checkLo scontro, quanto meno virtuale, tra personaggi social e pubblico, secondo un articolo di i-D, si potrebbe ricondurre ad una questione di classe sociale, senz'altro esistente. Vedere quello che fa (e può permettersi di fare) l'1% della popolazione non potrà far altro che infuriare il restante 99%, come ha dimostrato il caso Chiara Ferragni e l'aperitivo in elicottero di qualche giorno fa. 

In particolare nel mondo della moda, poi, ciò che fa arrabbiare molti è l'oggettiva mancanza di meritocrazia. Perché una persona senza particolare gusto nel vestirsi, senza evidenti skill creative, senza un impegno o una passione così profondi (o che avrebbe i mezzi economici per comprare oggetti di lusso), viene invitata a show, eventi, e viene inondata di gift e regali dalle più grandi maison del settore? E se forse la dicotomia giusto o sbagliato non è il principio corretto da cui affrontare la questione, è senz'altro questo il parametro immediato, naturale e "primitivo", con cui si giudica l'ennesimo video di unboxing di Hermès, guardato, come sempre, dal letto della propria cameretta. 

È chiaro che il "problema" non solo i creator di per sé, ma il modo in cui vengono lanciati, fatti crescere, impiegati e pagati da un'industria, dalla moda all'entertainment, continuamente alla ricerca della next big thing, del prossimo fenomeno, del prossimo token da utilizzare per fare numero. È inoltre evidente che esistono degli aspetti negativi nel lavoro di influencer, solo il pensiero di dover avere a che fare con centinaia di migliaia di persone ogni giorno, esponendosi a critiche, giudizi, polemiche, è senz'altro molto stressante. Ma proprio perché si parla ad un pubblico così vasto forse servirebbe calibrare con più attenzione quello che si dice. In fin dei conti è un lavoro di pubbliche relazioni, e quelle bisogna saperle gestire.