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Il futuro della breakdance nel più importante torneo del mondo

La nuova generazione dell'urban dance al BOTY 2021 con la crew di Nike e Snipes

Il futuro della breakdance nel più importante torneo del mondo La nuova generazione dell'urban dance al BOTY 2021 con la crew di Nike e Snipes
Fotografo
Alessandro Bigi

C’era un’energia particolare all’edizione di quest’anno di BOTY, la Battle of the Year di Montpellier, torneo di breakdance che, nato nel 1990 con il nome di International Breakdance Cup è cresciuto negli anni fino a diventare l’equivalente della World Cup per il mondo della danza urban. Crew di tutto il mondo si riuniscono ogni anno a Montpellier per competere – e nella finale del torneo, tenutasi domenica scorsa, è venuta fuori sul palco tutta l’energia accumulata nel corso di un anno difficile come il 2020 in cui, come ci ha detto Flaminia Genoese, dancer italiana intervistata da nss magazine «chi è un performer se l’è vista brutta». Un’edizione, quella del BOTY 2021, che dunque non è stata solo uno sfogo per centinaia di breakdancer di tutto il mondo, ma anche un’occasione di riflessione di come la disciplina e la cultura della danza urban si sono evolute negli ultimi anni e attraverso generazioni diverse. Quando abbiamo chiesto a Flaminia, che fra l’altro è stata la prima dancer italiana a insegnare a Los Angeles, quale fosse lo scarto maggiore fra la sua e le nuove generazioni di dancer ha risposto senza dubbio: «La tecnologia. Si è sentita quest’anno l’entrata a gamba tesa di questi nuovi mezzi. I giovani vogliono le views, i video, diventare virali su TikTok». 

Ad accomunare generazioni vecchie e nuove «spinte all’avere fretta dall’epoca in cui sono nate» rimane comunque sempre l’amore per la danza - un amore che, tramite il mentoring dei dancer più esperti, getta un ponte attraverso chi vent’anni fa è dovuto andare negli USA a imparare e chi oggi impara attraverso i nuovi media digitali. Il mentoring è stato in effetti alla base dell’esibizione della squadra portata al BOTY 2021 da Nike e Snipes, nell’ambito della piattaforma creativa Own the Floor, nata proprio per dare una spinta in avanti a queste nuove generazioni, rappresentate sul palco dalla 13enne olandese Ida Marie Robin Zwartkruis, in arte FLEUR. Per la competizione, FLEUR ha dimostrato tutto il valore del mentoring, imparando da una crew internazionale che, oltre a Flaminia Genoese, ha incluso fra gli altri anche Majid Kessab, atleta Red Bull e owner di AREA - Urban Dance Company; Karl Ruben Noel, aka Rubix, enfant prodige della urban dance e star del video Papoutai di Stromae; Anissa Essadouqi-Diallo, founder della Ghetto Style Crew di Parigi. 

L’idea alla base di Own The Floor è stata quella di sottolineare tramite il mentoring e l’esibizione di FLEUR il rapporto fondamentale che unisce il mondo della danza urban alla cultura delle sneaker. Un rapporto che ha fatto la storia stessa di Nike e che risale al 1983, anno in cui l’Air Force 1 apparve sulla scena conquistando la nascente scena hip-hop che animava le strade di Harlem, Philadelphia e Chicago. Per il mondo della breakdance la sneaker non era solo un semplice status symbol legato a miti dell’NBA come Moses Malone o Jamal Wilkees ma uno strumento fondamentale per praticare la disciplina. Molte delle sneaker più popolari di Nike come l’Air Force 1, dette Uptown negli anni ’80, o la storica Blazer del ’73, il target di riferimento era il mondo del basket e dunque erano progettate per le performance degli atleti. Il mondo dell’hip-hop e della breakdance riuscì non solo a espandere immensamente quell’heritage ma finì per appropriarsene quasi del tutto, con rapper e dancer che, dopo le star dell’NBA, diventarono i principali volti della nuova scena culturale. In ultima analisi, le sneaker alimentarono il successo della urban dance grazie alla loro natura di prodotto atletico democratico e trasversale, un ruolo che negli anni successivi continuò a evolversi portandole poi a diventare il simbolo per eccellenza dello streetwear durante il suo ingresso nel mondo della moda e del lusso.

Questa continuità, che lega le sneaker anni ’80 a quelle di oggi, ma che lega anche le generazioni OG di breakdancer con le nuove, è stato forse l’elemento più brillante della performance di FLEUR di domenica scorsa – tecnica a parte, naturalmente. Un elemento che comunque ricollega l’importanza del mentoring alla natura universale condivisa dalle due culture parallele delle sneaker e della danza e alla loro capacità di riunire sotto uno stesso tetto, letterale e metaforico, persone di tutto il mondo e di tutte le età. Proprio la performance di FLEUR, che potete vedere nel video qui sotto, ha voluto essere una rappresentazione di questa unità, incorporando gli stili diversi di tutti i suoi maestri.