
Milano è ancora la città migliore d'Italia Secondo il report annuale di ItaliaOggi e Ital Communications
«Milan l’è on gran Milan», nel tempo più che una semplice strofa, è diventata una sorta di profezia. Quasi novant’anni dopo la canzone di Giovanni D’Anzi, la metropoli lombarda resta il baricentro economico e culturale del Paese. Una città che non assomiglia a nessun’altra in Italia e che, secondo il report 2025 di ItaliaOggi e Ital Communications realizzato con la collaborazione dell’Università Sapienza di Roma, si conferma la migliore provincia italiana per qualità della vita.
Dove si vive meglio in Italia?
Lo studio, giunto ormai alla sua 27ª edizione, ribadisce ciò che idealmente Milano dovrebbe rappresentare: un mix di servizi, infrastrutture, opportunità lavorative e vivacità culturale difficile da replicare altrove. La top 3 delle città con la migliore qualità di vita in Italia prosegue con Bolzano, che si riconferma al secondo posto, e Bologna. Due città sostenute da una struttura economica solida, un ecosistema produttivo in movimento e una gestione dei servizi pubblici che, pur tra luci e ombre, resta tra le più efficienti del Paese.
Anche se l’apice della classifica rimane pressoché simile allo scorso anno, la sorpresa positiva arriva da Rimini e Ascoli Piceno, che avanzano di oltre venti posizioni e indicano una trasformazione nel centro Italia. Sul fronte opposto, la classifica mette in luce il rallentamento di realtà come Pordenone, Gorizia e Foggia, che arretrano sensibilmente. In coda restano Caltanissetta, Crotone e Reggio Calabria, territori che continuano a pagare fragilità strutturali difficili da recuperare nel breve periodo.
Cosa viene calcolato nel report
Per comprendere perché Milano non solo si colloca al primo posto, ma lo fa con un punteggio di 1000 su 1000, bisogna considerare tutte le variabili incluse nello studio. Si parla di nove ambiti chiave: affari e lavoro, ambiente, istruzione, popolazione, sicurezza, reddito e ricchezza, welfare, sanità, turismo e cultura. Un’analisi ampia, composta da 97 indicatori, che valuta non solo la capacità di generare reddito, ma anche quella di garantire benessere sociale, servizi adeguati e un tessuto urbano equilibrato.
Come riporta Il Messaggero, Alessandro Polli, docente della Sapienza e coordinatore scientifico del progetto, evidenzia tre macro-trend: il divario crescente fra centro-nord e sud Italia - aggravato dalla presenza nel Mezzogiorno di ampie aree di disagio sociale, un quadro finanziario nazionale sempre più complesso e il consolidamento del primato delle grandi province del nord, che anche in una fase economica instabile mostrano una capacità di resistenza superiore alla media.
Siamo sicuri di Milano?
non conosco una persona che sia felice e ancora entusiasta di vivere a milano una
— (@senzatregua__) September 5, 2025
La Milano del report non coincide con la città che raccontano i suoi cittadini. Il primato della qualità della vita trova conferme nei numeri, ma vacilla non appena entrano in gioco elementi molto più immediati: il costo degli affitti che ha raggiunto livelli insostenibili, i giovani che scelgono di andarsene perché uno stipendio medio non copre più neppure una stanza singola, la fiducia nel mercato del lavoro che si assottiglia e apre spiragli di precarietà tanto rapidi quanto profondi.
Negli ultimi anni la narrazione ufficiale di Milano si è allontanata sempre di più dalla vita di chi vive la città davvero. La corsa ai prezzi, la pressione competitiva e un modello di sviluppo che procede senza pause hanno trasformato la metropoli in un luogo che premia solo chi possiede già le risorse per restarci. E ora, con l’arrivo delle Olimpiadi 2026, la situazione ha assunto una direzione ancora più radicale. La riqualificazione dell’area di Milano Sud, idealmente un’opportunità, si è trasformata in una delle operazioni di gentrificazione più violente degli ultimi anni con interi quartieri storicamente a basso reddito come Corvetto in trasformazione.
Una città verticale nel ritmo, nelle ambizioni e nella crescita immobiliare, che però rischia di diventare verticale anche nelle disuguaglianze: chi sta in alto continua a salire, chi sta in basso trova sempre meno spazio per restare. A questo punto la domanda cambia forma. Non si tratta più di capire dove si viva meglio, ma se Milano riuscirà davvero a mantenere il peso del mito che ha costruito. Una città che continua a correre, ma che forse dovrebbe chiedersi chi riuscirà a starle dietro.
Takeaways:
– Milano continua a guidare le classifiche sulla qualità della vita, ma la percezione quotidiana dei cittadini racconta una città sempre più divisa tra chi può permettersela e chi è costretto a lasciarla.
– Il modello di crescita verticale della metropoli alimenta opportunità e innovazione, ma allo stesso tempo amplia il divario generazionale, soprattutto sul fronte di affitti, salari e accesso al lavoro.
– Il vero nodo non è più capire se Milano sia la città “migliore”, ma se riuscirà a sostenere la narrativa che si è costruita senza perdere la comunità che l’ha resa viva.












































