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È tornato Tron Con Jared Leto, Greta Lee e Evan Peters nel cast

Nel 1982 Tron non poteva che essere un momento di rottura tra tutto ciò che c’era stato prima sul cinema e l’informatica e tutto ciò che sarebbe venuto dopo. Il film di Steven Lisberger, scritto insieme a Bonnie MacBird, era il primo esperimento della Disney a fare grande uso della computer grafica, portando gli spettatori e i personaggi all’interno del Grid, la rete dentro cui (e persino fuori) si sarebbero sviluppate tutte le storie legate al franchise. Nel 2010 arrivò un sequel, Tron: Legacy, ma l’impatto maggiore che ebbe fu più per la colonna sonora dei Daft Punk, non apportando nulla di inedito soprattutto per ciò che riguardava, a livello narrativo, l’avanzamento tecnologico sia del cinema che dell’era digitale - nonostante l’idea di creazioni della rete in grado di sentirsi umane più degli umani stessi.

Ciò si ripropone anche con il terzo capitolo che arriva a ben quindici anni di distanza. Dopo un susseguirsi di progetti approvati e poi finiti nel dimenticatoio, come “l’eredità” di Sam (Garrett Hedlund), figlio del creatore Flynn (l’iconico Jeff Bridges) che non compare nel proseguimento della saga, giunge al cinema Tron: Ares con protagonista Jared Leto, anche produttore del film. Insieme a lui la Greta Lee di Past Lives e l’Evan Peters degli ormai passati X-Men, i quali si contendono una formula in grado di trasportare i codici e i programmi del mondo digitale nella realtà. Il rendere materia organica ciò che solitamente è solo un insieme di stringhe e numeri; una rivoluzione che cambierebbe per sempre la maniera di guardare ai nostri giorni, stravolgendoli sotto ogni punto di vista. 

Essendo Tron: Ares il grado zero dell’approfondimento, preferendo restare come quei giochi creati dal fondatore Flynn, l’opera diretta da Joachim Rønning rende incredibilmente semplice decifrare la storia, i personaggi e l’andamento che avranno nel corso della visione. Da una parte c’è un antagonista, il Dillinger nipote del villain originario interpretato da Peters, che vuole utilizzare la scoperta per venderla ad investitori con fini commerciali pericolosi e dedicati alla produzione di soldati e armi da guerra. Dall’altra c’è la parte buona, la Eve Kim di Lee che vorrebbe fare il giusto uso di un’invenzione tanto sbalorditiva, in onore anche della memoria della sorella scomparsa.

Tra i due contendenti delle sorti dell’azienda ENCOM (i colori che li differenziano? Il rosso per i cattivi, il blu per i buoni) si immette il programma generato per eseguire ogni ordine del giovane Dillinger, l’Ares di Jared Leto. Il vero protagonista, come ci insegnano le traiettorie del viaggio dell’eroe. Colui che, uscendo dalla sua dimensione natia (il Grid) si ritroverà a sovvertire ai comandi che gli vengono dati perché improvvisamente affascinato dal mondo umano e dalla capacità delle persone di provare empatia.  

@tesla_ninja Optimus tries to start a fight at Tron: Ares movie premiere #optimus #tesla #tron #teslatok original sound - tesla_ninja

Nozione appresa nel momento in cui Ares ci entra direttamente in contatto, andando a costituire un altro degli elementi che lo rendono il centro della narrazione, con un autentico trasferimento da un cosmo conosciuto all’interno di uno sconosciuto. Anche i riferimenti sono i più funzionali (per non dire scontati) quando ci si riferisce al personaggio: da Pinocchio a Frankenstein, Ares non è altro che una “creatura” che sogna di diventare un bambino vero. E così Tron: Ares si appiattisce su una storia talmente codificata che mette il pilota automatico e avanza senza creatività e persino con un certo disordine nell’apparato grafico e visivo nei momenti di maggiore concitazione.

Ma, allo stesso tempo, esegue il suo compito, ci catapulta nuovamente nella rete tanto familiare seppur trasformata dalle prodezze tecnologiche e viene arricchita dalla colonna sonora stavolta dei Nine Inch Nails. Un blockbuster che prosegue nell’allargare un universo (di per sé già enorme) e che accetta la propria ovvietà. Agile e veloce come richiede il cinema d’intrattenimento, con l’immancabile omaggio al passato e un po’ di amore per i Depeche Mode.