
"Le città di pianura" è il nuovo gioiello del cinema italiano I protagonisti sono Filippo Scotti, Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla
Negli ultimi anni la Tomba Brion è stata al centro di due grandi produzioni. Nel 2024 la vediamo come sfondo in Dune - Parte 2 di Denis Villeneuve, prima volta in cui il memoriale diventa un autentico set cinematografico. La seconda è nel 2025, in un film che rispetto all’opera sci-fi tratta dai romanzi di Frank Herbert non ha la medesima imponenza, soprattutto produttiva, eppure non le manca una fulgida, intrigante e altrettanto fervida fantasia. Le città di pianura è il road movie scritto e diretto da Francesco Sossai, presentato in anteprima mondiale allo scorso festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il quale mette al centro la storia di tre personaggi improbabili in giro per i territori del Veneto alla ricerca dell’ultima.
Ma l’ultima di cosa? L’ultima risata, l’ultima avventura, soprattutto l’ultima bevuta. Quella che è talmente ultima che finisce per tramutarsi nella prima del giorno dopo, quando bisogna ricominciare daccapo. Dei tre protagonisti due sono amici da sempre: Carlobianchi (tutto attaccato) e Doriano, rispettivamente Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla, Ciceroni di uno sprovveduto Dante “meridionale” interpretato da Filippo Scotti. Studente di architettura incastrato nelle proprie prigioni, il suo giovane Giulio (o Julio, come piace ai suoi nuovi amici chiamarlo) si concederà una notte lunga giorni in compagnia degli insoliti figuri.
Una maniera per il ragazzo, rigido e inflessibile, di farsi attraversare dalla poesia decadente della periferia che non vede mai nessuno, attraversandola lui stesso a propria volta tra architetture cittadine e ville abitate da conti che raccontano di un’Italia e di personalità non invisibili, ma che bisogna sapere bene dove andarle a scovare.È un triangolo la forma geometrica composta da Giulio, Carlobianchi e Doriano, col personaggio di Scotti che, per diventarne la punta, dovrà imparare a saper apprezzare le cose dal basso, godendosi la vita non fatta solamente di studio. I suoi compagni, buffi e scanzonati, sono il risultato di un cinema masticato e assorbito da Sossai, nati dalla sua penna ma come influenzati dalla surrealtà di Aki Kaurismäki, per un’opera che, comunicante con la filmografia dell’autore finlandese, sa essere lirica e piena di malinconia.
In fondo è su leggende metropolitane che si basano le conoscenze de Le città di pianura, su ciò che sanno o meno i suoi abitanti, su autostrade fantasma che ne aumentano il folclore e risposte incredibili e definitive sul senso della vita. Stesse risposte che, alla fine, proprio come l’ultimo bicchiere, non arrivano mai. E di fantasmi è piena la pellicola. Si muovono indisturbati, corrono sulla strada al pari dei protagonisti, si aggirano per le case diroccate e i ristoranti rimasti vuoti, aumentando le assenze e le mancanze che la storia di Sossai cerca di raccontare.
l’unico film che vedrò prossimamente e al quale metterò cinque stelle è le città di pianura #forzatriveneto
— giada (@ayellowlamp) September 17, 2025
Una terra dimenticata che vive di presenze straordinarie, mentre si cerca di scendere a patti con gli spiriti, come quello di un amico fuggito in Argentina e la cui esistenza viene resa epica dalla memoria, più di quanto la vita vera potrebbe mai fare. Non è perciò un caso che il desiderio di Giulio sia di visitare una tomba a cielo aperto, un memoriale che coniuga l’architettura da lui studiata e il paesaggio in cui è davvero immerso per la prima volta. La giunzione tra anima e natura è la cifra poetica e smaliziatamente ironica di Sossai.
È la meta a cui il trio è destinato, solo per poi tornare poi di nuovo a non averne nessuna. Romano, Capovilla e Scotti sono folletti su di una regione che viene (ri)vista e portata al cinema con la delicatezza di un autore da lodare. Un’angolazione differente da cui poter osservare le cose come stanno. L’inclinazione ricercata che la medesima Tomba Brion permette di provare e che, se ci si mette nella posizione esatta, fa scoprire come ammirare la pianura da un altro punto di vista.











































