
"Honey, don't!" è la riprova che Ethan Coen ha bisogno del fratello È uscito al cinema il secondo film della trilogia aperta con Drive-Away Dolls del 2024
Ethan Coen si è separato dal fratello Joel che, a sua volta, ha lavorato su progetti personali, a cui va aggiungendosi il prossimo Jack of Spades con protagonisti Frances McDormand e Josh O’Connor. Per il più piccolo del duo di Non è un paese per vecchi è arrivato il momento di presentare il secondo capitolo della trilogia queer aperta nel 2024 con Drive-Away Dolls. L’Honey, dont’! in anteprima alla scorsa edizione del festival di Cannes, a cui è stata riservata una proiezione speciale di mezzanotte.
Fil rouge per Ethan è l’orientamento sessuale delle sue protagoniste, su cui ancora una volta svetta Margaret Qualley, ormai incastrata in questo trittico di titoli volutamente di serie B che non sta portando chissà dove il cineasta statunitense (e nemmeno la sua attrice), per un progetto forse più ambizioso di quanto dimostri il risultato dei singoli film. Sebbene Drive-Away Dolls sia stato bistratto più del necessario, un film piccolo con le stranezze dei primi Coen e un coraggio di osare che può divertire proprio per il suo animo bislacco, il vero fardello (anche di box-office) arriva con questo secondo capitolo che cerca di imitare le intuizioni del primo, impoverito però dal punto di vista della stravaganza.
Decostruendo il genere poliziesco, l’opera comincia con un omicidio per poi disinteressarsene abbastanza velocemente e cercare di incuriosire il pubblico su ciò che accade intorno alla protagonista e ai personaggi che le vorticano attorno. Non c’è la volontà da parte della pellicola di percorrere con logica le indagini, che sono più una scusa per dare il via al racconto. Ma se in Drive-Away Dolls il medesimo senso di smarrimento era compensato da un brio scanzonato, in Honey, don’t! viene soppresso dal sottotono costante in cui il film si impantana.
La sola peculiarità dei singoli personaggi, dalla tosta MG Falcone di Audrey Plaza al reverendo sessuomane di Chris Evans, non compensa lo smarrimento che sembra condizionare non solo le investigazioni della protagonista, ma dell’opera stessa, finendo per vagare in una storia che rimane aleatoria. Inconsistente ai fini della narrazione del film, peggio ancora per l’intrattenimento dello spettatore, e purtroppo insoddisfacente in vista del completamento della trilogia che dovrà portare a compimento Ethan Coen.
Honey Don't (2025) - dir. Ethan Coen pic.twitter.com/7uje77ZoTK
— yuri
Un risultato che continua a far invocare a gran voce il ritorno dei fratelli come coppia cinematografica, anche se c’è da ammettere che Joel Coen con il suo The Tragedy fo Macbeth è riuscito a conquistare dei meriti, tradotti anche nelle nomination agli Oscar nel 2022 tra cui la performance del suo protagonista Denzel Washington. Strade totalmente diverse intraprese dal duo scoppiato. Una sorta di ritorno al passato per Ethan, che con i suoi ultimi film sembra ricercare una giovinezza che però gli sfugge, che stringe brevemente tra le mani, ma scivola velocemente via come le autostrade polverose su cui sfrecciano le sue protagoniste.
Mentre è l’ambizione che muove Joel, che lo ha portato a confrontarsi con William Shakespeare nella sua versione del Macbeth, edificando un universo mistico e intangibile immerso nella nebbia del bianco e nero, ben più drammatico e fatale delle storie di suo fratello. E resta da vedere cosa riserverà con Jack of Spades, di cui al momento non si sa altro, se non le recenti riprese estive per i territori della Scozia. Di certo prima di una possibile riconciliazione artistica toccherà chiudere la trilogia queer. Anche se il primo istinto sarebbe urlare, come hanno già fatto in molti: «Ethan, don’t!»












































