La verità è che del matrimonio di Jeff Bezos non ce ne frega niente La differenza tra viralità e rilevanza culturale
La scorsa settimana, a monte delle nozze tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez, in redazione si è acceso un dibattito parecchio acceso. Non tanto per i mega-festeggiamenti in sé, ma per la questione, molto più complessa, dell’ambigua zona grigia etica che si apre quando si “affitta” un’intera città, e non una qualunque, ma quella che da anni rappresenta il poster-child del turismo di massa. Nonostante diverse testate abbiano definito l’evento «l’avvenimento dell’anno», in redazione non si è quasi discusso della componente pop-culturale dell’unione. Non perché non abbia avuto un impatto mediatico, dato che sarebbe una bugia negarlo, ma perché la sua reale rilevanza culturale si avvicina pericolosamente allo zero. È vero che Vogue ha dedicato la propria cover story del mese alla nuova signora Bezos, ed è altrettanto vero che, secondo alcune stime di Launchmetrics, il matrimonio ha generato un Media Impact Value di 222 milioni di dollari. Ma, come è stato più volte ribadito, siamo davvero sicuri che la viralità apparente sui social sia un indicatore affidabile di ciò che segna la cultura contemporanea? O si tratta solo di rumore algoritmico, ben orchestrato da una macchina PR calcolatrice?
Everything I've learned about Jeff Bezos' wedding has been against my will.
— Sophie Vershbow (@svershbow) June 28, 2025
La narrazione tentata dal team comunicazione di Bezos sembra aver voluto ricalcare il modello delle nozze tra Kim Kardashian e Kanye West, un momento che ancora oggi viene romanticizzato sui social, soprattutto dalla Gen Z, come simbolo della “storia d’amore per eccellenza”. Ma il parallelismo regge fino a un certo punto: lì c’erano due icone pop all’apice della loro rilevanza, due protagonisti di un immaginario collettivo perfettamente sincronizzato con il proprio tempo. Qui, invece, troviamo un oligarca del tech tra le figure più polarizzanti (e detestate) della storia contemporanea e una giornalista americana conservatrice che, nel discorso pubblico, esiste principalmente come “moglie di Amazon 2.0”. Su X e TikTok, la conversazione non è tanto celebrativa quanto critica: il vero motore della conversazione non è la favola romantica, ma l’ipocrisia evidente tra l’opulenza dell’evento e le pratiche aziendali discutibili delle imprese di Bezos. La polemica, infatti, è stata alimentata anche da figure politiche come Bernie Sanders e Elizabeth Warren, che hanno denunciato la discrepanza tra le spese folli per il matrimonio e l’imposizione fiscale reale dell’imprenditore, che, secondo stime, ammonterebbe a solo l’1,1% della sua ricchezza totale.
Insomma, forse è davvero l’algoritmo a selezionare e amplificare i contenuti più superficiali, ma se guardiamo con attenzione, l’intera conversazione mainstream sul matrimonio di Bezos e Sánchez appare più come un pretesto per esprimere indignazione sociale che come un segnale di reale centralità culturale. Non si è parlato tanto degli sposi, quanto degli invitati: circa 200 celebrità, tra cui il clan Kardashian-Jenner, Leonardo DiCaprio, Oprah, Edward Enninful e Sydney Sweeney – molte delle quali, in passato, si sono espresse pubblicamente su temi come ambientalismo, giustizia sociale e disuguaglianza economica. C’è della dissonanza, evidente, tra il dire e il fare: tra chi denuncia i miliardari ma partecipa ai loro festeggiamenti esclusivi. Il cinismo dell’epoca post-pandemica e l’esasperazione della disuguaglianza economica rendono ogni gesto da parte dell’élite un campo minato, pronto a esplodere sotto il peso delle contraddizioni. E, alla fine, il vero lascito di questo matrimonio non sarà un’icona pop da ricordare, ma un’altra occasione mancata per capire cosa significhi, oggi, essere davvero al centro della cultura. Tra l’altro, sembra che le botte economiche tra matrimonio e gli investimenti di Blue Origin siano state parecchie, dato che proprio ieri mattina CNBC riporta che Bezos sembra aver venduto 3.3 milioni di azioni di Amazon dal valore di quasi 737 milioni di dollari. Un po’ strano, no?