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L’architettura ostile sta distruggendo le community Dalle panchine scomode alle piazze vuote, non c'è più spazio per stare insieme

Quindici anni fa è stato pubblicato su YouTube Il riposo del fachiro, un simpatico video di un francese che illustra come riposare sugli spazi di sosta ostili che si trovavano in giro per Parigi. A così tanti anni di distanza, il video continua a fare breccia in un problema che coinvolge non solo la relazione tra amministrazione urbana e persone senza fissa dimora, ma anche la salute culturale delle città e tutti i loro abitanti. Nata con l’obiettivo dichiarato di contrastare la criminalità e disincentivare alcuni comportamenti ad alcuni gruppi di persone (in particolare i senzatetto), l’architettura ostile, o design sgradevole (la cui estetica a volte si intreccia con quella del Brutalismo), si è sviluppato negli ultimi vent’anni in tutte le principali città del mondo. A Londra, nel 2012, è arrivata la Camden Bench, una panchina ricoperta da superfici angolari che impedisce di sdraiarsi, di farvi skateboard o di imbrattarla; a Barcellona ci sono le famose panchine singole; a New York sono stati aggiunti, a partire dagli anni 2010, sistemi di irrigazione a intervalli irregolari nei pressi di negozi e condomini. Anche nei principali centri italiani si possono incontrare esempi di architettura ostile, come le panchine con i braccioli in acciaio, gli appoggi senza seduta alle fermate degli autobus (per non parlare delle fermate senza alcuna struttura), le superfici urbane “decorate” da spuntoni in ferro o ancora, specialmente a Milano, la rimozione di alberi e fontane per diminuire la presenza di zone per il rinfresco. Se da un lato l’aggiunta di infrastrutture dal design sgradevole sembrerebbero fare felici la maggior parte dei residenti, dall’altra rappresentano una minaccia per la vivibilità della città - per tutti, non solo per i senzatetto, che peraltro a causa di queste misure spesso si ritrovano emarginati dal centro cittadino senza valide alternative. 

Sedute singole, piazze troppo soleggiate e rastrelliere per biciclette che prendono il posto delle panchine stanno contribuendo alla distruzione dei terzi luoghi, ovvero quegli spazi che, a differenza delle case e degli uffici, sono progettati per l’incontro la condivisione spontanea e il relax, e che sono generalmente informali e non pretenziosi. Le prove di quanto l’architettura ostile si stia propagando nelle città con ripercussioni negative sul benessere di tutti i cittadini sono ovunque, basti pensare che, a Mansfield, nel Regno Unito, nel 2018 sono stati installate luci stradali rosa per accentuare i difetti fisici tipici degli adolescenti (come l’acne), per disincentivare l’incontro. Oltre a rinforzare l’emarginazione delle persone senza fissa dimora, il design ostile sta complicando la vita di tutte le persone che vorrebbero occupare gli spazi pubblici: chi vive in situazioni familiari difficili, chi vive da solo e ha bisogno di socialità, chi appartiene a una minoranza e ha bisogno di incontrare la propria comunità per offrire e ricevere supporto, o chi semplicemente vuole incontrare i propri amici fuori casa senza dovere obbligatoriamente sedersi in un bar per farlo. Si potrebbe aggiungere che rendere gli spazi pubblici di una città più intimidatori e inospitali influisce anche sull’estetica della città, che si ritrova non solo senza persone, ma anche senza parchi e fontane. 

@jesssvaladez so intentionally ugly and evil #hostilearchitecture original sound - David D

Negli ultimi vent’anni, con l’avanzare dell’architettura ostile nei principali centri urbani di tutto il mondo, storici, giornalisti e professori di architettura come Iain Borden, Anna Minton e Jeremy Till hanno criticato profondamente questo tipo di design. Secondo Minton, che nel 2009 ha pubblicato Ground Control: Fear and Happiness in the Twenty-First-Century City, il planning urbano sta cambiando non solo le città, ma anche la natura degli spazi pubblici, della cittadinanza e del senso di fiducia reciproco tra cittadini. L’architettura ostile, così come l’eliminazione dei terzi luoghi e di spazi aperti per l’incontro, stanno promuovendo la privatizzazione, scoraggiando la socialità e, per ultimo, contribuendo a isolare i cittadini. In questo grande progetto di commercializzazione che rende il profitto l’unico scopo del centro urbano, le città stanno dimenticando che guadagnare dovrebbe essere importante tanto quanto la salute e la sicurezza dei suoi cittadini, che senza aree verdi, zone ombreggiate e di condivisione vengono inevitabilmente meno. Tra l’altro, se le città diventano luoghi adibiti unicamente al lavoro e al profitto, come fanno a sopravvivere senza i giusti spazi per accogliere i clienti?