
Il ritorno di "The Last of Us" ci ricorda che c’è spazio per i videogiochi anche sullo schermo Alla faccia di "Un film Minecraft"
È bastato un episodio della seconda stagione di The Last of Us per tornare in pace col mondo dei videogiochi nell’audiovisivo, messo a dura prova da Un film Minecraft. È vero, al botteghino sta raggiungendo risultati stellari, sta portando gente nelle sale ed è sempre un sintomo di salute quando un titolo va talmente bene da trascinarsi dietro un numero stratosferico di spettatori e incassi. Ma è altrettanto inconfutabile che il fenomeno del videogioco sandbox sviluppato da Mojang viaggi su un binario indipendente dal cinema o da qualsiasi altro contenitore che non sia direttamente ricollegabile all’open-world di riferimento. Il successo del film ha fatto suscitare svariate polemiche anche nei confronti dei fan del Minecraft videogame per il trattamento riservato alle sale cinematografiche, lasciate sporche e devastate e tutto a causa (ma non solamente) della frase «Chicken jockey» che sembra aver scatenato nel pubblico reazioni scomposte ed esagerate, con chi ha persino introdotto delle vere galline all’interno dei cinema.
Un atteggiamento che non contribuisce ad aiutare la nobilitazione di un universo videoludico che da anni prova a legittimarsi anche sul grande schermo. Non che ne abbia poi realmente bisogno visto che, nel panorama attuale, il mercato dei videogiochi sembra avere di fronte a sé una strada ben più rosea se si guarda ai profitti e alle possibilità intrattenitive per gli spettatori del domani. Resta comunque il fatto che i tentativi per fare il salto tra cinema e serialità continuano a non mancare e un’opera come The Last of Us, già di per sé straboccante di materiale narrativo ed emotivo nella sua versione originale e giocabile, ne è il risultato più compiuto e felice. Non serve altro che uno sguardo alla prima puntata del suo ritorno per capirlo. Intanto la trasposizione degli ideatori Craig Mazin e Neil Druckmann - quest’ultimo anche direttore creativo del videogioco della Naughty Dog insieme a Bruce Straley - accoglie il pubblico seguendo tutte le regole di quanto si ri-entra in un mondo.
L’opening è la chiusura della stagione precedente, il conflitto che si svilupperà nel corso della seconda viene seminato fin dall’inizio e la prima immagine che abbiamo della Ellie di Bella Ramsey è durante un combattimento che ci ricorda che la ragazza sa come si sopravvive. Sono passati cinque anni da quando con il Joel di Pedro Pascal si sono lasciati alle spalle i componenti della Luce e hanno cercato riparo in una comunità che, finalmente, sembra permettergli di vivere un’esistenza normale. E il rapporto tra il surrogato di questo padre e il surrogato di questa figlia adolescente si sciorina nella più classica delle relazioni familiari, con l’aggravante di pesi e segreti che porteranno a nefaste conseguenze, con un legame di cui la serie promette di svelare le più dolorose incrinature.
the dance scene being a 1:1 from the game oh EXACTLYYY they're so cute #TheLastOfUs pic.twitter.com/rS6XKb8dzk
— chris (@chrisdadeviant) April 14, 2025
Ciò che più conquista subito della seconda stagione di The Last of Us, dunque, è il suo saper dialogare con e per la serialità. Lo show prima imposta l’architettura narrativa della stagione e poi pensa a come stupire lo spettatore, tirando i primi fili delle connessioni che stabiliranno i vari personaggi e ci ricorda da dove sono partiti e come sono arrivati a quel momento. La tensione è crescente dal principio, perciò promette di deflagrare col suo proseguire. E in una parentesi temporale in cui Un film Minecraft sembra volerci dire che è solo il caos a dominare per accontentare il pubblico, The Last of Us ci dice di poter desiderare di più come spettatori, di poter pretendere la qualità sia se si è fan del videogioco o solo della sua versione seriale. Anche di non aver paura di accogliere storie che puntano a fare male, perché l’intrattenimento non deve essere solo anestetizzante. A volte, può essere una ferita che non si rigenera, un morso che si infila nella carne e che affonda fin giù, nel profondo.












































