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Perché sempre più club stanno chiudendo

Dagli anni '90, i club italiani sono diminuiti del 52%

Perché sempre più club stanno chiudendo Dagli anni '90, i club italiani sono diminuiti del 52%

Sono 2100 le discoteche che sono state chiuse in Italia negli ultimi 14 anni. Sono diventate banche, parcheggi, grattacieli e chiese, racconta la nuova inchiesta di Repubblica, mentre il Night Time Economy Report 2024 del Regno Unito svela che solo quest’anno hanno chiuso i battenti ben 67 locali. Un fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio in Europa trasformando tutti i centri turistici e culturali che un tempo pullulavano di concerti e di eventi, la club culture deve il suo declino al calo demografico ma anche ai cambiamenti comportamentali dei giovani: se tra gli anni ’80 e ’90 stare fuori fino a tarda notte era la normalità, adesso le nuove generazioni hanno priorità differenti. Sono più attenti alla salute e apprezzano passare del tempo in mezzo alla natura, sono la generazione più astemia di sempre e la meno socievole, eppure dipendente dalle app di dating. Se nel Regno Unito la Night Time Industries Association prevede che entro il 2030 tutti i club saranno estinti, alle Discoteche Abbandonate italiane Max Pezzali ha dedicato un intero album, un progetto che documenta le macerie che su cui una volta centinaia di persone si scatenavano in piena libertà. 

Secondo i dati di Repubblica, fino agli anni ’90 l’Italia comprendeva circa 7mila discoteche, un numero che è sceso del 52% in confronto a solo 630 nuove aperture tra il 2010 al 2023. Il report prende in considerazione il calo demografico della popolazione di diciottenni in Italia, che tra il 1983 e il 2006 è scesa del 46% da oltre un milione di ragazzi a poco più di 550 mila, ma sottolinea che la diminuzione dei giovani non è l’unico fattore ad aver influenzato il numero di discoteche. Tra i locali demoliti ci sono l’Echoes di Misano Adriatico, il Kiwi di Piumazzo in provincia di Modena e l’Oasis di Sassuolo. Il Naxos di Torino è stato sostituito da un supermercato Basco, il Vanilla di Genova dalla Coop, mentre lo Studio Zeta di Caravaggio adesso è un centro commerciale. A Milano si rimpiange ancora la scomparsa di veri del clubbing come il Macao e il Dude. Outlet, pizzerie, discariche e Mc Donald’s: quelli che un tempo erano luoghi di autoespressione, di svago e di celebrazione adesso sono poli di consumo inconsapevole, luoghi-non-luoghi in cui tantissime persone si riuniscono senza però condividere nulla.  

@cleared_to_play Conoscevate queste #discoteche abbandonate?? #luoghiabbandonati #imparacontiktok Glue Bicep - Bea

Gli anni ’80 e ’90 sono stati segnati da un boom senza precedenti della vita notturna, dalla nascita del DJ all’affermazione di club ormai iconici come il Marabù di Reggio Emilia e il Cesar Palace di Cuneo. Oggi la maniera in cui i giovani fruiscono della musica, nonché i modi in cui si relazionano tra loro, sono ben diversi, con l’aggiunta di Spotify e altre piattaforme di streaming che ha reso tutto molto più accessibile e l’ascesa delle feste private e dei rave all’aperto, i ritrovi preferiti dei nuovi clubber. Rispetto a quarant’anni fa, sono meno le persone che aspettano con ansia il sabato sera per scatenarsi di fronte a una console, ma è normale che dopo un numero sorprendente di nuove aperture tra gli ’80 e i ’90, il trend subisca un fenomeno inverso. Allo stesso tempo, rimane necessario intervenire prima che di tutta questa storia resti solo cemento: narrazioni come Discoteche Abbandonate di Max Pezzali o ancora mostre fotografiche come DISCO MUTE, del 2022, lasciano che i ricordi legati a quegli spazi continuino a riaffiorare nella mente di chi li ha vissuti, mantenendo in vita uno spicchio di Italia che ha tutto il diritto di essere celebrata.