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Perché Zoolander è ancora un film moderno nonostante gli anni

Non c'entra solo la Blue Steel

Perché Zoolander è ancora un film moderno nonostante gli anni  Non c'entra solo la Blue Steel

Zoolander è tornato, e non ha intenzione di andarsene tanto presto. Il film, scritto, diretto e interpretato da Ben Stiller, è una finestra sul mondo dell’alta moda e dei modelli uomini nello specifico, ed è stato ripescato dai social network in grande stile, tra meme e audio virali su TikTok. É il momento perfetto per riscoprire un capolavoro di leggerezza che può ancora insegnare qualcosa, direttamente dal 2001. Impossibile parlare di Zoolander senza tenerne in considerazione il cast e i camei. La pellicola ha dimostrato un intuito formidabile nell’individuazione di personaggi che, se non erano già icone ai tempi, lo sarebbero diventati in futuro (nel bene e nel male, pensiamo a Donald e Melania Trump). Solo qualche nome: David Bowie, Paris Hilton, Natalie Portman, Lenny Kravitz. Inoltre, avete riconosciuto Andy Dick, Justin Theroux e Alexander Skarsgård? Occhi aperti e Blue Steel in canna.

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Zoolander e la moda: tra revival e presente

Zoolander si inserisce perfettamente nel grande revival di quel periodo di tempo breve ma esteticamente connotato e ricco di spunti che è il passaggio dagli anni 90 ai primi anni 2000. Alcuni lo chiamano Y2K, forse dovremmo iniziare a chiamarlo ZoolanderCore. Proprio a questo ZoolanderCore si collega un altro aspetto estetico importantissimo, che può essere ulteriormente allargato e che va oltre il gusto della moda per il revival e per la ripresa costante, rimasticata, digerita e commercializzata. Zoolander è una pellicola esagerata, massimalista ai limiti dell’assurdo. Basti riportare alla memoria i look di Jacobim Mugatu (e al suo cagnetto), e naturalmente a Derek Zoolander e ad Hansel, che rappresentano due modi di vivere, di vestire e di intendere la vita e la carriera opposti e per questo in costante lotta. Per questo, Zoolander si trova in perfetto accordo con una corrente tutta tiktokiana che non ha ancora un nome, ma che è caratterizzata dal gusto per il miscuglio, per la stratificazione esagerata, per il pasticcio, in netto contrasto sia con l’idea di sexyness degli anni '10 sia con le nuove correnti delle clean e vanilla girl. Questa nuova corrente è ispirata al thrifting, al vintage, al riutilizzo, al DYI, all’arte, alla letteratura, persino ai cartoni animati per bambini. É caratterizzata da abbinamenti improbabili, make up colorato e dissonante, pluralità di pattern, volumi e consistenze che rifiutano qualsiasi regola di abbinamento e anzi cercano l’unhinged. Come non pensare alle giacche coloratissime e con il collo peloso di Hansel? All’ensemble tutto sui toni del rosso di Derek nella scena del walk off? Al maglione che Hansel indossa per andare al funerale, che adesso potremmo trovare in un anfratto di Instagram riprodotto da un piccolissimo brand a un prezzo vertiginoso? 

@kirbee15 a few more min

Una profondità di analisi inaspettata

A proposito di Derek e Hansel: questi due, pur essendo profondamente tonti, sono personaggi positivi. Wholesome, quasi. Spinti dalla giornalista Matilda Jeffries problematizzano, comunicano i loro sentimenti e riescono addirittura a fare pace, diventando amici. Se sbagliano, si scusano. Era il 2001, eppure questo modello di mascolinità alternativa offerto da Zoolander è ancora adesso un esempio luminoso di quello che si può fare quando si mettono da parte gli stereotipi e che, tra l’altro, piace molto al pubblico dei più giovani. Derek e Hansel, definiti nei termini di oggi, sono bimbos, babygirls, malewives, written by a woman e pieni e fieri rappresentanti del female gaze. E pensare che li hanno scritti Ben Stiller e Drake Sather! La cosa sorprendente è che Zoolander non si ferma qui e fa un ulteriore passo in avanti. Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso dei (numerosi) problemi del sistema moda. Partendo dall’immagine che offre di sé tramite la scelta dei suoi modelli estetici (e a quello che fanno nella mente dei suoi fruitori, spesso giovanissimi) e finendo alle considerazioni sullo sfruttamento del lavoro, sui cicli folli che creativi e addetti ai lavori devono subire per restare al passo, sulla spinta sfrenata a un consumo che, abbiamo scoperto nel frattempo, è insostenibile. Grazie a Zoolander, si realizza che di queste cose se ne parlava già nel 2001, e in maniera chiara e articolata, per di più. Impossibile non chiedersi cosa serva per fare attecchire questa consapevolezza una volta per tutte. Intanto, siamo sulla strada giusta, e forse è anche merito di Zoolander e del suo modo adorabilmente ingenuo e kitsch di porre la questione nei suoi termini più elementari, senza mai perdere il punto. 

@volcogot #zoolander оригинальный звук - volcogot

Zoolander e TikTok: una questione di memabilità

Per concludere, a tutto questo aggiungiamo la variabile impazzita, TikTok. La ciliegina sulla torta. Nel 2023, i trend si decidono su questa piattaforma. Che siano venuti a galla naturalmente per mano di utenti fantasiosi che hanno avuto un guizzo di genio o che siano spinti da forze esterne, ogni secondo nuovi elementi entrano in questo grande tornado che è il meccanismo della viralità e ne escono completamente svuotati. Nel processo, qualcuno si arricchisce. Come è facile intuire, chiunque abbia il compito di vendere qualcosa (che sia un accessorio, un personaggio o una canzone fa davvero poca differenza) deve tenerlo bene a mente. Ecco perché tutto sembra essere prodotto per diventare virale. Zoolander riesce ad essere memabile prima che la memabilità fosse un concetto conosciuto dal mainstream. É divertente, infinitamente citabile e costruito in modo tale da essere facile da ricordare e da riproporre in diverse salse. È un film del 2001 che sembra essere stato fatto nel 2023, ma senza fintaggini o forzature, senza essere schiavo di TikTok, senza essere derivativo. Si inserisce perfettamente in un circuito che gli è sconosciuto, con naturalezza. Sorry, bro, ma è proprio l’ora di fare un rewatch!