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Drusilla Foer si è presa la terza puntata di Sanremo

Fatele condurre tutto

 Drusilla Foer si è presa la terza puntata di Sanremo Fatele condurre tutto

Dopo una seconda puntata accidentata e dall’atmosfera bizzarra, il sereno è tornato sul palco dell’Ariston sotto forma di Drusilla Foer che, fra le altre cose, ha pronunciato uno dei rari monologhi sensati e apprezzabili della benpensantissima storia dell’Ariston, si è presentata in pigiama chiedendo ad Amadeus di spicciarsi a chiudere lo show, ha perculato «tutti quelli che avevano paura di un uomo en travesti» vestendosi da Zorro e ha blastato Iva Zanicchi con eleganza in un siparietto tra le due che il web ha subito memizzato, distorcendolo un poco - e anche se le due sono amiche e la Zanicchi non ha fatto alcuna polemica, vedendo la scena in diretta mi è sembrato di sentire in sottofondo la voce di Mortal Kombat urlare in sottofondo:«Finish her!». Seconda forza trainante di ieri sera, nell’ordine, è stato Cesare Cremonini che ha portato sul palco un’energia che la Rai non registrava da anni – facendo pure un gradevole siparietto sulle note di 50 Special con una signora del pubblico su cui la telecamera si è soffermata per un secondo di troppo - Mediaset docet, a quanto pare. In generale, in questa puntata-fiume di Sanremo c'era un'energia diversa, meno impacciata dalle osservazioni moralistiche, più allegra e spensierata. 

Sia la Foer che Cremonini hanno avuto così tanto brio ed estro che al confronto Amadeus, con la sua giacca sbrilluccicante, si confondeva con le luci e i colori palco, riducendosi a signorina Rottermaier della situazione, definendo una canzone «scatenata e irriverente» e sottolineando come in realtà la canzone di Tananai, Sesso Occasionale, fosse un «inno all’amore monogamo» - sorprendentemente moralistico per qualcuno che si fa chiamare abitualmente “Ama”. Ho quasi la sensazione che il pubblico sia trattato come un bambino di dieci anni, che capisce in fondo le situazioni, ma a cui Mamma Rai non vuole spiegare come nascono i bambini. Perché fare tanti giri di parole se una canzone parla di sesso? Basta guardare qualunque serie Netflix o ogni pubblicità alle fermate del bus per vedere allusioni al sesso - penso che potremmo sopravvivere a qualche canzone di Sanremo. Ma in ogni caso le presentazioni scritte da una maestra di religione delle elementari, gli obbligatori ossequi agli sponsor, la visita ormai fissa di un qualche ospite in divisa chiaramente a disagio non hanno potuto offuscare l’energia che c’era ieri. Per il prossimo anno, date il Festival a Drusilla Foer – lo merita tutto.

Quanto ai cantanti in gara, come si sa, repetita iuvant e questo nuovo giro di esibizioni ha permesso di capire meglio la qualità dei vari brani. Su Elisa e Mahmood & Blanco c’è poco da discutere, sono i due favoriti di quest’anno: lei ha la canzone più tecnicamente sanremese del gruppo e, come voce e presenza scenica, può seppellire l’intera concorrenza; il duo invece ha dalla sua l’energia e la freschezza della novità, degli outfit pazzeschi (Ann Demeulemeester sul palco dell’Ariston? Yessir) e soprattutto Blanco, che è così radicalmente diverso da qualunque altro giovane che sia andato a Sanremo, che fa sembrare tutti gli altri dei semplici mestieranti – senza di lui Brividi non sarebbe la metà della canzone che è. Recuperone de La Rappresentante di Lista che, dopo i cattivi di Batman, canalizza i vibe di Carrie di Stephen King con un completo da prom semi-carbonizzato, fa una reference ai Matia Bazar ed è piacevolmente indiavolata. Di fronte a questi giovani, la vecchia generazione ha un po’ perso la faccia: energica ma banale la canzone di Gianni Morandi («Stai andando forte»? Davvero? Siamo arrivati alle canzoni motivazionali?) e un frantumamento quelle di Massimo Ranieri e Iva Zanicchi che, sì, sono classiche e senza tempo ma suonano eccezionalmente lamentose. E poi: Noemi, Yuman, Le Vibrazioni, Giusy Ferreri, Fabrizio Moro e Giovanni Truppi – bravi tutti ma che lagne. 

Altra cosa da notare nel corso di questa puntata-fiume è la presenza di cantanti giovani che sembrano essere sul palco solo per divertirsi: dal «young-girlie-latino-sassy-sensual disaster bop» di Ana Mena (cito un tweet visto ieri sera); fino a Tananai di cui apprezzo gli outfit ma la cui canzone ha il potere di confondermi profondamente; passando per Rkomi, che ha grande potenziale non sfruttato ma a cui serve una canzone più on point, e per i vari altri Aka 7even, Michele Bravi, Highsnob & Hu. La sostanza invece si avverte in Irama e Sangiovanni, in Ditonellapiaga e in Matteo Romano – tutti belli carichi e piacevoli da ascoltaree, anche se già dotati del proprio seguito quindi già con una certa esperienza alle spalle. Se tenessimo solo loro, mettessimo Drusilla al posto di Amadeus ed eliminassimo il moralismo un po’ scandalizzato che si respira sul palco il Festival avrebbe sicuramente quella locura che ora gli manca. Ultimissima nota, sempre a proposito di locura, per il Fantasanremo – che quest’anno è diventato, insieme ai commenti su Twitter, la meta-cornice che dà senso alla visione stessa del festival e ha aggiunto una dimensione di gradevole eccentricità che, insieme a Drusilla e a pochi altri cantanti, scarseggia sul palco dell’Ariston.