
Per la Gen Z adesso la casa è più importante dei vestiti E la industry se ne è accorta, parola di Jonathan Anderson e Ikea
Nel 2024 il credito al consumo legato all’arredo ha raggiunto i 2,6 miliardi di euro, con una crescita del +5,8% rispetto al 2023. Un dato che racconta meglio di qualsiasi tendenza come la casa sia oggi al centro delle spese e delle attenzioni. Pubblico e privato, un tempo sfere separate, si sono intrecciati con Instagram, Zoom call e lavori creativi che vivono a cavallo tra le due dimensioni. Così la casa, da intimo rifugio, è diventata un dispositivo per raccontarsi attraverso oggetti ricercati, tessuti di qualità e mobili capaci di trasformare la loro storia in occasione di dialogo.
Dalla pandemia in poi lo spazio domestico è stato riprogrammato per accogliere non più una parte marginale della nostra vita, ma una porzione molto più ampia del tempo quotidiano. È così che l’abitare è diventato un intermezzo identitario, capace di rappresentare personalità e culture — forse oggi in maniera ancora più profonda rispetto ai vestiti che indossiamo. La "fashionizzaizone" della casa, seppur argomento del momento come conferma anche BoF, non è però sicuramente nuova al mondo creativo. Nell'articolo, Martina Mondadori sottolinea come oggi la casa sia diventata un segno di status tanto quanto i vestiti che indossiamo: un divano può avere la stessa forza simbolica di una borsa iconica, e le scelte sugli interni parlano di identità, gusto e appartenenza culturale.
Quando la moda si è accorta del potere commerciale degli interni
Il rapporto tra moda e casa ha radici profonde e codici che si interscambiano da tempo: nel 1911 Paul Poiret inventò Atelier Martine, che prendeva il nome dalla figlia, una linea di tessuti, mobili ed oggetti per le case dei facoltosi di tutto il mondo. Lo stilista unì e commercializzò l’arts & crafts sotto un brand immediatamente associabile ad una casa di moda. Qualche anno dopo, nel 1929, Christine Frederick dimostrò in Selling Mrs. Consumer come la modernità passasse anche dal consumo privato, con gli interni delle famiglie più agiate al centro delle nuove abitudini grazie agli elettrodomestici e alle tecnologie che spingevano a trascorrere più tempo in casa. Dagli anni ’50 in poi anche il retail cominciò a cambiare faccia. I negozi smisero di essere “supermercati del lusso” e iniziarono a imitare il salotto, per portare la stessa atmosfera intima e privata dentro gli spazi pubblici e fare sentire i clienti a proprio agio durante lo shopping. L'atto dell’acquisto diventò un’esperienza conviviale e domestica, una trasformazione tangibile tutt'ora – basti pensare ai concept store contemporanei o ai vecchi negozi di scarpe di provincia, dove la configurazione da salotto rimane la stessa.
Il luxury home décor è un mercato in crescita
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Oggi la Gen Z sembra aver sviluppato una passione per mischiare pezzi iconici dell’era della plastica, da Kartell a Vitra, con mobili di antiquariato e oggetti contemporanei che possono raccontare di contaminazioni. Non più mera estetica, ma esperienza e attivatore di conversazioni, un linguaggio che, attraverso gli interni e il futuro, diventa strumento per immaginare una vita consapevole e progettata. Ma il fenomeno è trasversale, riguarda non solo le nuove generazione ma anche adulti e giovani adulti: il mercato globale del luxury home décor vale oggi circa 144,35 miliardi di dollari, con una crescita media annua prevista del 5,17% fino al 2034 . In questo senso, investire in beni di lunga durata come divani e tavoli non è solo una scelta funzionale, ma un modo di accumulare valore simbolico e materiale: oggetti che attraversano la nostra vita e che, probabilmente, potranno accompagnarne altre anche dopo di noi.
Da JW Anderson a Ann Demeulemeester, la passione della moda per il lifestyle
Ci sono tantissimi esempi che fanno riflettere sull’argomento, come la scelta di Jonathan Anderson di trasformare il proprio brand, JW Anderson, in una piattaforma di lifestyle con sedie, bicchieri, asciugamani made in Ireland, miele bio e tantissimi altri oggetti, per raccontare i processi e le maestranze che si celano dietro. Ma ci sono alcuni pilastri che non vanno dimenticati in questa riflessione: se Rei Kawakubo di Comme des Garçons collabora nel 1980 con Pallucco, azienda italiana specializzata in mobili e lampade, Ann Demeulemeester invece copre l’intera gamma collaborando dal 2019 con Serax per tazze in porcellana e lampade, mentre Michelle Lamy e Rick Owens producono costosissimi pezzi per la loro linea home, con il letto in Alabastro che costa più di 200.000 mila euro. Ricordiamo anche i tessuti per la casa con Tekla, azienda con base a Copenaghen, che ogni anno regala collaborazioni per conquistare nuove fette di mercato, dall’ultima con Stussy per la realizzazione di corredi letto fino a quella con Jacquemus.
Ikea segue il trend rendendo l'interior firmato accessibile
Arredare la casa con mobili e articoli firmati non è solo un lusso per pochi, basti pensare alla clamorosa ed oramai già iconica collaborazione tra Virgil Abloh ed Ikea del 2019, vero e proprio momento che entra di diritto nella storia del design contemporaneo, non tanto per gli oggetti in sé, ma per la dichiarazione di intenti comunicata dall'azienda svedese del design popolare: fare disegnare le stanze e le case della Gen Z da colui che ne ha configurato i codici stilistici. Oggi, Ikea è peraltro tornata al centro dell’immaginario collettivo con una collaborazione firmata Gustaf Westman, designer e fenomeno Instagram che ha firmato una capsule colorata, subito virale online. Insomma, la moda si è accorta del potere degli interior da tempo, ma adesso sembra davvero pronta a venderlo anche alle nuove generazioni.














































