
Le politiche di Trump sono costate a Bernard Arnault 5 miliardi di dollari
E gli è andata bene
12 Marzo 2025
La rielezione di Donald Trump è stata inizialmente una manna per alcuni degli uomini più ricchi del mondo, tra cui Bernard Arnault, il magnate francese a capo di LVMH, che era pure presente al suo insediamento a Washington, lo scorso 20 gennaio. Nelle settimane precedenti al secondo avvento di Trump, i mercati avevano registrato un’impennata grazie all’ottimismo degli investitori, facendo guadagnare miliardi ai miliardari riunitisi intorno al nuovo presidente, primo fra tutti Elon Musk. Come riporta Bloomberg, il titolo LVMH è aumentato del 7% nei giorni precedenti alla cerimonia, portando un valore di circa 12 miliardi di dollari per il patrimonio di Arnault, che ha così raggiunto un valore stimato di 183 miliardi di dollari. Ma nel mezzo di una strategia internazionale che ha visto l’esplodere di guerre commerciali grandi e piccole a causa delle tariffe, i mercati hanno reagito male. Dall'inizio del secondo mandato di Trump, l’S&P 500 ha perso il 6,4% - un calo che riflette l’ansia degli investitori di fronte all’imprevedibilità di Trump e alle sue politiche sui dazi e sui massicci licenziamenti nel settore pubblico. Le aziende legate agli imprenditori presenti all’inaugurazione hanno subito complessivamente una perdita di valore di 1,39 trilioni di dollari dal 17 gennaio, ultimo giorno di contrattazione prima del giuramento. E tra i più colpiti c’è Bernard Arnault, la cui ricchezza è diminuita di quasi 3%, con una perdita di ben 5 miliardi nel suo patrimonio.
Se rimane vero che Arnault è il miliardario amico di Trump che ha perso meno soldi insieme a Zuckerberg (Jeff Bezos ha visto polverizzarsi 29 miliardi e Musk ben 148 miliardi), LVMH è particolarmente vulnerabile alle fluttuazioni della politica commerciale internazionale e le nuove minacce di Trump di imporre dazi tra il 10% e il 20% sui beni di lusso europei iniziate proprio oggi e che hanno ridotto drasticamente la fiducia degli investitori. Ricordiamo che gli Stati Uniti da soli rappresentano il 27% delle revenue mondiali del gruppo. Le azioni di LVMH, che dopo le elezioni di novembre erano salite di oltre 20%, sono scese all’improvviso annullando gran parte dei guadagni registrati fino ad allora. Gli analisti di Morningstar hanno avvertito che l’introduzione di nuovi dazi potrebbe soffocare ulteriormente le vendite di LVMH, già in difficoltà, soprattutto negli Stati Uniti, dove i consumatori di fascia alta stanno mostrando segnali di cautela a causa dell'incertezza economica. Il settore del lusso aveva già affrontato delle difficoltà nel 2024 a causa di una domanda scarsa in diversi mercati chiave e il peso aggiuntivo dei dazi potrebbe ridurre ulteriormente i margini. Una situazione non proprio di lusso. E con il titolo LVMH in difficoltà, la crescita economica che esiste ma è stentata e l’incertezza crescente sulla domanda in Cina e l’impatto che avranno i dazi sul price point già alto dei prodotti, Arnault dovrà affrontare una situazione sempre più complessa per proteggere la redditività del suo impero.
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I legami tra Arnault e Trump risalgono agli anni ‘80 e i due hanno mantenuto un rapporto amichevole, nonostante le tensioni politiche tra Stati Uniti ed Europa. Il miliardario francese è stato tra i primi leader aziendali a confrontarsi con Trump dopo la sua vittoria elettorale e, secondo alcune indiscrezioni di Bloomberg, avrebbe parlato con lui il giorno successivo al tentato assassinio in Pennsylvania dello scorso luglio. Non è chiaro, però, se Arnault sarà in grado di sfruttare la sua influenza per mitigare l’impatto dei dazi statunitensi sulle operazioni di LVMH, che ha investito molto negli Stati Uniti sia sul piano del lobbying che su quello delle aziende, aprendo anni fa una fabbrica di Louis Vuitton in Texas e avendo comunque avviato già 14 fabbriche sul territorio nazionale. Parlando con gli investitori il mese scorso, Arnault ha anche accennato all’idea di espandere la produzione in America. C’è già stato un caso in cui Bernard Arnault ha saputo sfruttare il suo rapporto con Donald Trump per proteggere i suoi interessi commerciali. Durante la prima amministrazione Trump, nel 2019, gli Stati Uniti imposero dazi per 7,5 miliardi di dollari su diversi prodotti europei, tra cui aeromobili, formaggi e vini, ma la pelletteria di lusso restò sorprendentemente esente. Secondo il Wall Street Journal, appena un giorno prima dell’annuncio di questa decisione, Arnault era con Trump a inaugurare la fabbrica di Louis Vuitton in Texas. Quando gli venne chiesto perché champagne e accessori in pelle non fossero stati colpiti dalle nuove tariffe, il presidente rispose: «Perché Arnault è venuto in America». Ma visto il crollo dei mercati ora, a distanza di oltre cinque anni, bisogna capire quanto saprà restarci. Sicuramente l’impero di lusso più vasto del mondo non rinuncerà al 27% dei suoi fatturati.