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Sapreste riconoscere una campagna AI?

È il momento di mettere in dubbio i contenuti di moda online

Sapreste riconoscere una campagna AI?  È il momento di mettere in dubbio i contenuti di moda online

I social sono invasi dai video degli incendi di Los Angeles. Le fiamme hanno colpito gran parte della città, radendo al suolo ville appartenenti a celebrity del calibro di Paris Hilton e Anthony Hopkins. Tra i contenuti più popolari su Instagram e TikTok ci sono le immagini delle case dei famosi ridotte in cenere, le fotografie della città dipinta di rosa a causa delle polveri che i vigili del fuoco hanno utilizzato per impedire il propagare delle fiamme ma soprattutto i video dell’insegna “Hollywood” in preda alle fiamme. Mentre nel caso dei primi due esempi si tratta di immagini reali, la collina che ospita uno dei simboli più fotografati di Los Angeles è in verità ancora al riparo dagli incendi. I contenuti sono di fatto finti, realizzati con l’intelligenza artificiale per il solo scopo di raggiungere alti livelli di engagement (il che ha funzionato, a giudicare dalle milioni di visualizzazioni che hanno accumulato su TikTok). Il fenomeno ha sollevato un polverone sui social, spingendo molti a domandarsi di quali immagini ci si può fidare al giorno d’oggi. Anche se il livello di gravità è ben differente, il problema si sta presentando anche ai brand di moda che, nelle ultime settimane, hanno dovuto far fronte a campagne AI inesistenti che sono riuscite a fare il giro di internet data la loro spettacolarità. A pochi giorni dall’inizio delle Fashion Week più importanti al mondo, l’impatto dell’intelligenza artificiale nella comunicazione e nel marketing comincia a farsi sentire. 

In AI Playground viene inquadrata dall’alto una stanza gremita di persone, vestite in abiti di raso color caffè. Al centro dell’immagine si staglia il logo Prada, mentre a pie pagina si legge (meno) chiaramente la dicitura «Imaginary campaign». Lo scatto è uno dei tanti contenuti fittizi realizzati da Sybille de Saint Louvent, pagina Instagram da oltre 24mila follower che produce e condivide pubblicità realizzate con l’intelligenza artificiale. Assieme a Prada, la content creator si è divertita a creare campagne per brand come Loro Piana, Jil Sander, Bic, Converse e Loewe, con risultati più o meno validi. Mentre lo “scatto” realizzato per Prada appare talmente realistico e in linea con l’immaginario del brand tanto da risultare credibile, in alcuni casi riconoscere la firma dell’AI è piuttosto facile: nelle immagini realizzate "per Loro Piana", per esempio, il copricapo esagerato composto da metri e metri di tulle è alquanto lontano dalla direzione artistica intrapresa dalla maison del quiet luxury. Nel caso del servizio AI "per Burberry", invece, a sollevare qualche dubbio sulla veridicità delle immagini è il fatto che i modelli siano girati di spalle, una particolarità abbastanza inusuale per un marchio che nell’ultimo anno ha puntato così tanto sulla partecipazione di ambassador e star internazionali nelle proprie campagne. A ogni modo, il lavoro della pagina è da considerarsi fenomenale considerata la difficoltà che impiega un’AI per rappresentare in maniera realistica il corpo umano. 

«Per creare queste campagne utilizzo strumenti come MidJourney, oltre ai tradizionali software di progettazione ed editing», ci racconta Sybille de Saint Louvent. Ciò che l'ha motivata a esplorare i limiti creativi dell'intelligenza artificiale, racconta la creator, è stata la ricerca di storytelling che vanno oltre la realtà. «Credo anche che viviamo in un'epoca traboccante di immagini, dove la bellezza è a portata di clic. Ecco perché voglio concentrarmi sulla creazione di una forte struttura narrativa». Le sue campagne AI della pagina hanno già suscitato l'interesse di alcuni brand, svela la creator, che l'hanno contattata per iniziare un dialogo «su ciò che è possibile fare con strumenti creativi come l'AI». 

Prima dell’arrivo di ChatGPT e di strumenti come MidJourney, si pensava che il ruolo delle nuove tecnologie nell’industria creativa sarebbe stato traversale. Anni fa si era cominciato a parlare della moda e dell’arte nel Metaverso, di vendita di NFT e di shopping digitale. Nel 2022 era andata in onda persino la prima Fashion Week virtuale, evento che aveva visto la partecipazione di brand affermati come Dolce&Gabbana, Etro e Tommy Hilfiger, oltre ad alcuni emergenti, e che però è stato un flop vista lo scarso interesse generato. E mentre alcune maison si spingevano più in là nell’esplorazione del Metaverso, con progetti come il videogioco Gucci Vault con la partecipazione dell’avatar di Alessandro Michele, l’intelligenza artificiale e tutti i suoi alleati cominciavano a mettere radici nella moda - quella reale. Alla fine, le previsioni della fashion industry nei confronti delle nuove tecnologie si sono rivelate sbagliate: l’AI non ha dato vita a un nuovo mondo come il Metaverso (che, tra l’altro, sembra essere finito nel dimenticatoio), ma ha imparato a interagire con la realtà. Così, gli utenti devono imparare a riconoscere i reportage falso e i contenuti generati da computer; i brand, nel frattempo, devono confrontarsi con i creator di campagne “false”, come nel caso di Sybille de Saint Louvent, per proteggere la loro identità

Che si critichi o meno, l’AI ha ormai occupato un ruolo centrale nella nostra vita. Oltre a chiedere consiglio a ChatGPT, presto potremo acquistare libri firmati dall'intelligenza artificiale e personal shopper computerizzati, perdere la testa e innamorarci di un robot ma anche guardare film con attori finti. A giudicare dal successo delle campagne di Sybille de Saint Louvent, tra non molto ci passeremo intere Fashion Week a cercare di indovinare se ciò che vediamo sui social è realmente ciò che è stato presentato in passerella, o se si tratta di un’altra Hollywood in fiamme. Quello che è certo è che le incertezze generate dall’AI stanno aumentando il valore delle esperienze reali. Col senno di poi, forse bisognava dare ragione alle Gemelle Olsen e al loro ban sui telefoni in front row.