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La Gen Z ha iniziato a usare l'AI come motore di ricerca

Il mondo del web subisce sempre di più la concorrenza dell'intelligenza artificiale

La Gen Z ha iniziato a usare l'AI come motore di ricerca Il mondo del web subisce sempre di più la concorrenza dell'intelligenza artificiale

Considerati per lungo tempo la principale e più eterogenea fonte di informazioni su Internet, oltre che il primo punto di accesso per milioni di persone, i siti web hanno progressivamente perso centralità e rilevanza, a fronte del successo delle piattaforme. Parte di questa evoluzione è a volte descritta come uno degli effetti del passaggio al Web 2.0, cioè un determinato modello di Internet basato su funzionalità che hanno reso più semplice l’interazione tra gli utenti e la condivisione dei contenuti. La cosa, però, ha portato a una crescente dipendenza delle persone dai servizi delle grandi piattaforme, unita a una maggiore omologazione dei contenuti presenti online. L’esperienza di Internet sempre più mediata da poche realtà, da una parte, ha ampliato la disponibilità di dati personali degli utenti – incentivando i ricavi pubblicitari – e, dall’altra, ha comportato un impoverimento delle informazioni distribuite attraverso i motori di ricerca tradizionali

Con la diffusione dei social network e delle rispettive app è cambiata una parte consistente delle modalità di produzione e di fruizione dei contenuti, oltre che il loro formato. A ben vedere, anche l’espressione «navigare su Internet» è diventata ormai abbastanza desueta. Oggi buona parte delle informazioni online vive e si sviluppa all’interno dei feed delle singole piattaforme, e non più su siti rintracciabili attraverso i classici motori di ricerca. Secondo gli esperti, questo cambiamento è probabilmente una delle ragioni per cui molti utenti – soprattutto quelli più adulti – hanno oggi la percezione che la loro esperienza online si sia impoverita, nonostante le possibilità di fruizione siano aumentate nel tempo. «Googlare è diventata un’attività per anziani», ha scritto di recente il Wall Street Journal, e «questo è un problema» per l’azienda. Secondo quanto riporta l’esperto di informatica Jason Velazquez, affidando la scoperta di nuovi contenuti agli algoritmi delle singole piattaforme, la maggior parte degli utenti – soprattutto i più giovani – ha praticamente sostituito le proprie ricerche online con i feed dei social network. Questi portali, inoltre, sono sviluppati per individuare gli interessi degli iscritti, in modo da proporre loro sempre più contenuti di quel tipo – senza interruzioni, in un ciclo potenzialmente infinito di post che prende il nome di “doomscrolling”.

Cosa non convince più delle ricerche sul web

@joshuamaraney ChatGPT has launched its own search engine! #ChatGPT #OpemAI #ai original sound - Josh Maraney | SEO Google Ads

Nel vasto dibattito sull’evoluzione di Internet, in molti sostengono che il motore di ricerca più utilizzato al mondo abbia perso nel tempo la sua capacità di proporre agli utenti contenuti pertinenti, a causa della crescente quota di annunci pubblicitari e di risultati sostanzialmente uguali tra loro. Una parte della questione – già oggetto di numerose riflessioni iniziate diversi anni fa – riguarda, in particolare, quanti dei contenuti riportati nella prima pagina di un motore di ricerca forniscono informazioni effettivamente utili, e quanti invece siano il risultato della competizione tra gli autori per dominare una determinata ricerca semantica – ottenendo più visibilità, e quindi maggiori ricavi. Sempre più spesso, infatti, i contenuti proposti tendono a essere simili tra loro perché chi li produce cerca di assecondare il più possibile le raccomandazioni tecniche suggerite dalla SEO.

In molti ambiti – come la salute, le recensioni di prodotti o la ricerca di ricette – i primi risultati proposti (escludendo le pagine sponsorizzate) sono siti palesemente ottimizzati per i motori di ricerca, che a loro volta sono pieni di annunci pubblicitari. Ma gli algoritmi dell’azienda rimangono in larga parte un segreto commerciale, volto a impedire che soggetti malintenzionati possano aggirarli per trarne vantaggio. Il risultato è che arrivare a sapere quale sia il tipo di informazioni premiate dai motori di ricerca è un lavoro fatto per lo più di congetture e di tentativi. «C’è un mucchio di gente il cui unico obiettivo è raggiungere la vetta delle ricerche, quindi non dovrebbe sorprendere il peggioramento dei risultati di ricerca in termini di qualità», ha scritto l’esperto di informatica Dmitri Brereton. La crescente consapevolezza degli attuali limiti dei tradizionali motori di ricerca da parte degli utenti sta condizionando anche le stesse ricerche. Queste ultime non sono più “alla cieca”: nel tempo sono infatti diventate tendenzialmente più specifiche, anche in maniera più o meno inconscia da parte degli utenti, che in questo modo riescono a ottenere risultati più pertinenti. Tuttavia, sono in aumento anche gli utenti – soprattutto quelli più giovani – che preferiscono effettuare ricerche online utilizzando direttamente gli strumenti presenti all’interno delle piattaforme che frequentano abitualmente. Ad esempio, per conoscere le date del tour di un artista può essere molto più pratico e veloce consultare il rispettivo account Instagram, anziché cercare online e filtrare i risultati di ricerca.