Vedi tutti

Il sarto di John Wick è italiano

Ma tutta Hollywood sta cedendo al fascino della sartoria italiana

Il sarto di John Wick è italiano Ma tutta Hollywood sta cedendo al fascino della sartoria italiana

La sartoria maschile sta avendo il suo momento. Tra il ritorno dello stealth wealth sulle passerelle e la rinnovata energia che il cinema post-pandemia sembra aver ritrovato mentre il genere dei supereroi vacilla, sempre più attori sfoggiano completi sia sullo schermo che nella vita reale – con i migliori nei rispettivi campi che sono Keanu Reeves, con il suo John Wick che sconfigge gangster a destra e a manca in giacca e cravatta, e Chris Pine, le cui apparizioni pubbliche per promuovere il nuovo Dungeons & Dragons sono state quasi sempre accompagnate da completi eleganti ma mai noiosi. Tutti questi esempi (il più recente sarebbe Chris Pine, che martedì 28 marzo è andato da Jimmy Kimmel con un completo bianco abbinato a una camicia di seta verde oliva) non hanno in comune solo il tentativo di fornire al classico completo maschile nuove dimensioni narrative ed estetiche, ma anche il paese di provienenza e cioè l’Italia. Italiano è il costumista che ha firmato i completi originali di John Wick, Luca Mosca (i costumi dell’ultimo sono di Paco Delgado ed Eike Neumann); italiani sono i brand che hanno vestito Keanu Reeves sul red carpet, Boglioli e Brunello Cucinelli; e sempre italiano, nato tra l’Abruzzo, Napoli e Roma, è il brand che fornisce a Chris Pine praticamente tutti i suoi completi dall’ultimo Festival di Venezia a oggi e ha pure vestito Paul Mescal per la cena dei candidati all’Oscar di inizio mese, Giuliva Heritage. E questo senza nemmeno menzionare il più famoso dei menswear brand italiani, Zegna, che solo durante l’ultima award season ha vestito Pedro Pascal, Kieran Culkin, Daniel Brühl, Oscar Isaac e Hugh Jackman. Il che colpisce dato che, di recente, pagine come @checkthetag si sono riempite di brand provenienti dalla New York Fashion Week lasciando intendere che lo star system stia provando ad appoggiare e legittimare la moda americana.

Ciò che distingue i red carpet look maschili e sartoriali che abbiamo elencato sopra dagli ensemble più “moda” visti nella recente award season è la finalità ultima: il punto di un abito da red carpet classico, di solito, è l’esaltazione dell’abito stesso, coi suoi volumi, i suoi colori e i suoi materiali; il punto dei completi di Chris Pine e Keanu Reeves (sia fuori che dentro lo schermo) è quello di esaltare chi indossa l’abito. È interessante comunque notare che nessuna delle due star abbia aderito all’idea di completo sartoriale tradizionale, grigio o blu navy, quello fatto per sparire tra la folla come nell’Ottocento, ma lo abbia piuttosto reinterpretato con variazioni diverse: Chris Pine qui è il più lungimirante, con completi dal vasto bavero, ricchi di sfumature di verde, di alternanza di materiali porosi e lucidi e di dettagli (un fazzoletto in tasca o annodato al collo, cambiare la classica camicia per un dolcevita o per una serafina in maglia ecc…) che creano una distanza abissale tra i suoi completi e quelli, poniamo, di un agente immobiliare o consulente assicurativo nel proprio disciplinato completo grigio corporate. A ideare questi e molti altri look sartoriali indossati dai principali attori di Hollywood nell’ultimo anno sono state le due stylist Wendi Ferreira e Nicole DeJulio che probabilmente insieme a Jeanne Yang, stylist di Keanu Reeves e di altri importantissimi attori americani, sono tra le principali artefici di quell’oscillazione verso il classicismo nel menswear seguita ai look avant-garde e iper-espressivi visti nell’immediato post-pandemia.

@davidmadison74 John Wick suits #fyp #johnwick #keanureeves #repost #imdb #boxoffice #hollywood #franchise #suits original sound - davidmadison74

Intervistato da WWD a inizio anno, lo stylist e designer Jason Rembert aveva fatto un’interessante distinzione tra il ritorno del menswear classico oggi e i completi che dominavano i red carpet nell’era pre-streetwear: questi ultimi erano «solo formalità», indossati cioè come un dovere o lo svolgimento di un compito (e si vedeva, potremmo aggiungere noi); mentre quelli visti nella recente stagione, inclusi quelli meno innovativi, hanno beneficiato non solo di una rinnovata rilevanza culturale ma anche di tagli leggermente più rilassati e una maggiore apertura verso l’adozione di colori poco convenzionali e uno sperimentalismo nel campo di lavorazioni e materiali. In breve, il vecchio completo di vostro nonno non è più quello che dovrebbe venirvi in mente quando sentite la parola “sartoriale” – un dato che, tra l’altro, avevamo rilevato anche per la sartoria vista durante le sfilate femminili di Parigi con The Row, Undercover e Dries Van Noten o quella apparsa in Tàr. Nel campo del menswear, questo ritorno rappresenta sia una ricerca di ordine che una rottura di quell’incasellamento sociale che il completo maschile rappresentava in passato e per molti versi rappresenta ancora oggi. Ed è notevole che i migliori interpreti di questo cambiamento siano proprio i sarti italiani – una rivoluzione che potremmo far partire con il guardaroba di Tony Servillo ne La Grande Bellezza, firmato dieci anni or sono dal leggendario Cesare Attolini scomparso l’anno scorso, ma anche da quell’ecosistema di brand sia storici come Boglioli che giovanissimi come Giuiliva Heritage che in Italia (ma anche in Francia, basti pensare a Cifonelli, Charvet o Berteil) hanno sempre operato venendo però offuscati per anni dal culto dello streetwear che li aveva relegati in un angolo buio e polveroso del menswear. Per fortuna nel 2023 quell’angolo non è più né buio né polveroso – e Hollywood ha iniziato ad accorgersene.