Vedi tutti

La storia dietro l'abito spray di Coperni

Tra l'omaggio ad Alexander McQueen e una riuscitissima strategia di marketing

La storia dietro l'abito spray di Coperni Tra l'omaggio ad Alexander McQueen e una riuscitissima strategia di marketing

Venerdì la SS23 di Coperni ha coronato la fashion week parigina con il momento più iconico della stagione quando un’eterea e immobile Bella Hadid si è fatta spruzzare addosso una vernice biancastra che, sotto lo sguardo attonito del pubblico, si è trasformata come per magia in tessuto. Sui social si sono moltiplicate alla velocità della luce foto e video che ritraggono gli strati di silicone mentre emergono dalla canna delle pistole a spruzzo e ricoprono la Hadid di una sostanza che dà forma a un abito. Successivamente, un assistente taglia l’indumento in prossimità della coscia per facilitare il movimento e per dimostrare al pubblico che si tratta di un capo d'abbigliamento vero e proprio e non di semplice make up, sistemando anche le spalline in un elegante scollo alla Bardot. Ma il fermento e il clamore suscitati da un momento che indiscutibilmente rimarrà negli annales di storia della moda è sfumato presto, non appena i critici hanno sottolineato che l’idea proposta dal duo dietro Coperni (Sébastien Meyer e Arnaud Vaillant) era già stata presentato da Alexander McQueen per la primavera/estate 1999, che la tecnologia utilizzata per l’abito spray esiste da più di un decennio e che, sorvolando sul siparietto inscenato dalla Hadid, il resto della collezione non era poi così memorabile.

Su WWD Joelle Diderich spiega che «la tecnica spray è stata sviluppata da Fabrican, un'azienda fondata dallo stilista e scienziato spagnolo Manel Torres. Il liquido Fabrican contiene fibre di cotone o sintetiche, sospese in una soluzione polimerica che evapora a contatto con il corpo. Dopo essere stato indossato, può essere rimosso e trasformato nuovamente in una soluzione, pronta per essere riutilizzata e che, i co-fondatori di Coperni, hanno lavorato con Torres e il suo team presso il Bioscience Innovation Centre di Londra negli ultimi sei mesi per sviluppare l'abito spray.» Gli spettatori hanno subito sottolineato le somiglianze tra lo show di Coperni e la leggendaria sfilata di Alexander McQueen per la SS 1999, in cui, all’interno di un allestimento simile ad una scatola, la modella Shalom Harlow veniva assalita da due braccia robotiche che spruzzavano il suo vestito bianco dalla gonna a balze con una vernice spray grigia e verde.

Una dichiarazione sulla creatività tormentata di McQueen e sul modo in cui qualsiasi atto di creazione contenga in sé il seme della violenza. Ma, a differenza di McQueen e di altre operazioni simili, come gli abiti robotici di Hussein Chalayan nel 2007 e i vestiti realizzati in cubetti di ghiaccio nella SS06 di Martin Margiela, lo sforzo di Coperni è parso piuttosto scientifico, ponendo l’accento su una dimensione, quella tecnologica, profondamente legata all’identità del brand. Il nome stesso, Coperni, trae ispirazione dallo scienziato Niccolò Copernico, che dimostrando che è il Sole, e non la Terra, ad essere al centro dell'universo, ha rivoluzionato la concezione del mondo e dell’uomo all'interno di stesso. Per i fondatori, il direttore creativo Sébastien Meyer e il CEO Arnaud Vaillant, quel tipo di pensiero che cambia i paradigmi così come li conosciamo è al centro di tutto ciò che fanno: «L'idea alla base di Coperni è di mescolare questa nozione di chic, del nostro DNA francese, e fonderla con qualcosa di più futuristico. Siamo sempre stati appassionati di innovazione, esplorare lo spazio digitale e il futurismo» - ha spiegato Arnaud in esclusiva ad Harper's Bazaar Arabia dal suo quartier generale a Parigi.

Secondo Vogue Business l’abito che si materializza sulla passerella rientra in realtà in una strategia di marketing ben precisa, definita in senso dispregiativo da Rachel Tashjian su Harper Baazar ‘Gimmick’ (espediente), e che ha portato il brand, a meno di un decennio dalla sua fondazione nel 2013, ad un successo endemico tra i membri della Gen Z e su TikTok, oltre che a raddoppiare i profitti rispetto al 2021. Al fianco di collezioni indossabili e di capi minimal, alcuni pezzi strambi e instagrammabili hanno il compito di attirare l’attenzione del pubblico in un loop infinito di interazioni. Per la sfilata AW22, Meyer ha disegnato una borsa Swipe in vetro, che è stata presto indossata da Doja Cat, Tinashe e indossata da Jenner in una versione con corna da diavolo in collaborazione con il marchio emergente Hevn durante la promozione della nuova serie televisiva The Kardashians. Per la SS23, oltre all’abito spray che non sarà messo in commercio, il designer ha progettato una versione in oro massiccio della it bag al prezzo di 100.000 euro, che, dopo la sfilata, la borsa sarà fusa e rivenduta al suo fornitore italiano, per poi essere rifatta solo su ordinazione. Coperni ha catturato l'attenzione dei giovani consumatori di lusso in tutto il mondo, attratti dal senso di novità e da una fascia di prezzo relativamente accessibile (le borse sui 600 euro, il prêt-à-porter fino a circa 1.100 euro), il tutto senza compromettere la vendibilità e la funzionalità dei capi.