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Che ne sarà del digital fashion ora che la pandemia è finita?

Le founder del brand Auroboros e dell’Institute of Digital Fashion dicono la loro

Che ne sarà del digital fashion ora che la pandemia è finita? Le founder del brand Auroboros e dell’Institute of Digital Fashion dicono la loro

Lo scorso 12 giugno alla London Fashion Week il brand di digital fashion Auroboros è diventato il primo in assoluto a presentare una collezione di ready-to-wear digitale nel calendario ufficiale della moda. Con lo styling di Sita Aballen e in partership con l’Institute of Digital Fashion ha presentato un'esperienza di shopping gamified e interattiva, introducendo il mondo a un ready-to-wear digitale completamente sostenibile dall’estetica fantascientifica. Ma se la moda digitale aveva avuto il suo momento di gloria durante il lockdown con un rinnovato interesse verso la tecnologia e i meta-versi digitali, cosa le succederà ora che il lockdown è finito? Secondo Paula Sello e Alissa Aulbekova, fondatrici di Auroboros, intervistate da nss magazine il futuro non potrebbe essere più roseo: 

«Crediamo che nel mondo post-pandemia, l'attenzione sulla moda digitale andrà crescendo, le nostre vite rimangono intrecciate con gli aspetti positivi della della tecnologia scoperti durante il lockdown. […] Man mano che le restrizioni si allentano, l'abbigliamento digitale trascenderà oltre i nostri schermi. Con la tecnologia AR all'avanguardia, sarà presto comune per la moda digitale fondersi con il nostro ambiente fisico».

Un esempio di ciò è stato fornito in queste settimane dallo stesso Auroboros che insieme all’Institute of Digital Fashion ha creato l’AR Venustrap Dress – un indumento digitale che poteva essere sbloccato via Snapchat tramite un QR Code presente su cartelloni sparsi in tutta Londra ottenendo, in tre giorni, un milione e mezzo di utenti e dimostrando l’interesse che il pubblico nutre per questa versione 2.0 del fashion design. Ma al di là delle attivazioni social, il digital fashion ha uno scopo molto più grande nel panorama più esteso dell’industria. Le nuove strategie digitali promosse dall’Institute, infatti, come le sue fondatrici Catherine Taylor e Leanne Elliott Young ci hanno spiegato, mirano in primo luogo ad aumentare l’accessibilità della moda «non solo per questioni di partecipazione o elitismo, ma anche per dare modo ai designer di mostrare il proprio lavoro». Secondo l’istituto, infatti, il rituale della fashion week è sulla via dell’estinzione, in disperato bisogno di una radicale innovazione. La risposta dell’istituto è quella di una fusione: «entrambi i mondi dovrebbero lavorare insieme, in simbiosi». La moda digitale, però, resta comunque «un’estensione naturale degli atelier di couture fisici», capace di portare il modellismo e il pattern-making non solo vicino alla vita vera ma oltre,  «verso direzioni più nuove, inclusive e innovative».

I limiti della moda e le riserve del pubblico

Due sono i limiti contro cui si batte la scena nascente della moda digitale: quelli della moda stessa e quelli del pubblico. Quelli del pubblico sono abbastanza semplici: «Le persone vogliono capire come saranno veramente in grado di utilizzare la moda digitale», dicono le founder dell'Institute. Eppure le limitazioni insite nel mondo della moda sono ben altre: dalla limitatezza dell'offerta dei brand stessi e delle taglie sugli scaffali dei retailer fino ai problemi di sostenibilità e accessibilità dell’industria del lusso, come anche quelli relativi alla trasparenza e alla tutela dei talenti della moda. «Vogliamo creare un vero cambiamento, non sederci a discutere del futuro ma crearne uno». Una moda più accessibile può essere una moda più inclusiva e data-driven che aiuta «a mappare e informare sulla trazione e sul reach».

Eppure questa integrazione o simbiosi fra creatori fisici e creatori digitali incontra a volte la diffidenza di alcuni dei principali brand: «Le case più tradizionali della moda potrebbero vedere il digitale come una minaccia, tuttavia è una grande opportunità. I marchi devono ora adattarsi ai cambiamenti della società, agli sviluppi demografici e alla domanda di soluzioni più sostenibili. La moda digitale fornisce soluzioni positive». Va comunque detto che finora l’industria della moda tradizionale, pur mantenendo il controllo sulle proprie prerogative, non è mai stata apertamente ostile al digital fashion, anzi. Gli item di Gucci hanno goduto di grandi successi sulla piattaforma Roblox, dove si è anche svolta la parte digitale della Gucci Garden Archetypes, sempre Gucci ha poi creato outfit per videogiochi come The Sims o League of Legends, mentre Balenciaga ha presentato la sua collezione FW21 tramite un videogioco, mentre lo scorso maggio si è tenuto il primo fashion show digitale su Animal Crossing. La strada, insomma, sembrerebbe aperta.

Ma come funziona un atelier digitale?

La presentazione della collezione all-digital di Auroboros alla London Fashion Week è stato un momento-cardine che ha segnalato prima di tutto un avvenuto riconoscimento della moda digitale nel mainstream della cultura e poi un «technological shift» nell’industria e nella nostra stessa società. Come le founder del brand Paula Sello e Alissa Aulbekova hanno dichiarato: «Sia attraverso gli NFT che attraverso i capi digitali, il mondo della moda tradizionale sta iniziando a notarci - il che è un altro passo verso l'abbigliamento virtuale che entra nel mainstream». Per fare chiarezza sullo stato attuale del digital fashion abbiamo chiesto ai portavoce di Auroboros di dirci la loro opinione sui principali temi che riguardano questo ambito: la percezione del pubblico, la maniera in cui si crea un capo digitale, il rapporto fra gaming e digital fashion e, infine, quali sono i vantaggi concreti che il settore può apportare all’attuale industria della moda.

Ecco le loro risposte.

In che modo il pubblico si relaziona alla moda digitale? Immaginate un futuro in cui tutti acquistano e utilizzano quotidianamente capi digitali?

Il grande pubblico interagisce già con la moda digitale la maggior parte dei giorni senza nemmeno accorgersene. La moda digitale è in realtà in circolazione da decenni: nel CGI dei film, negli abiti usati nei videogiochi e negli avatar personalizzabili dagli utenti. Più recentemente, abbiamo filtri AR in grado di fornirci copricapi digitali, usati regolarmente dal pubblico, specialmente da nativi digitali e Gen Z. Da Auroboros, il pubblico si è relazionato bene alla nostra collezione digitale Biomimicry dopo che abbiamo reso il nostro Metamorph Headpiece disponibile come filtro per sui social. […] L' interesse del pubblico è in aumento da quando i consumatori si sono interessati alla creatività e alla sostenibilità dell'abbigliamento virtuale. Noi di Auroboros immaginiamo un futuro in cui tutti si impegnino con la moda digitale, sia tramite avatar nel meta-verso o attraverso la realtà aumentata.

Raccontateci di come si crea un capo digitale. Cosa rende difficile il processo creativo e cosa invece lo facilita?

Auroboros crea sia couture fisica che ready-to-wear digitale. Il design di un capo digitale Auroboros inizia allo stesso modo dell'abbigliamento fisico, con uno schizzo. In seguito, la creazione di un capo digitale diventa diversa da quella dell’ abbigliamento fisico. Portiamo la progettazione del capo nel digitale utilizzando software, come CLO 3D, ZBrush, Blender e Marvelous Designer. Poi sperimentiamo fino a quando il design si avvicina alla nostra visione. Il capo digitale subisce diverse finiture per finalizzare il pezzo completo. Non c’è alcun aspetto del processo di progettazione che sia necessariamente più facile della couture tradizionale. Sia la moda fisica che l'abbigliamento digitale sono lavori in se stessi che richiedono diversi set di abilità, quindi è difficile metterli a paragone.

Gaming e moda. Perché la loro relazione si sta approfondendo tanto ultimamente?

Sono due mondi connessi già da molto tempo: i videogiochi sono stati forse uno dei primi esempi di moda digitale in termini di abiti per i personaggi di gioco. Specialmente nel caso degli avatar customizzabili, i giocatori possono esprimere la propria identità attraverso i loro avatar con la libertà di scegliere ciò che indossano senza i giudizi e i vincoli della realtà. Auroboros ha recentemente collaborato con l'app interattiva di stile di lusso "Drest", attingendo al settore della moda e dei giochi di lusso. I clienti Auroboros potrebbero far indossare la collezione Biomimicry ai propri avatar acquistandoli dal brand. Al pubblico piace giocare con i vari look. L'evasione del gioco abbinata all'espressione di sé della moda rende le due industrie molto complementari tra loro.

Dateci qualche esempio di come la moda digitale potrebbe cambiare l’industria della moda.

La moda digitale apre infinite possibilità per il futuro del settore. In particolare, per quanto riguarda la sostenibilità, un valore importante per il pianeta e per il consumatore. Il carbon footprint di un articolo di moda digitale è del 97% in meno rispetto a quello degli indumenti fisici. Inoltre, 1 persona su 10 acquista abbigliamento solo per mostrarlo sui social media. Questi capi sono essenzialmente già virtuali, visibili solo tramite uno schermo, e quindi avrebbe senso che la moda digitale potesse prendere il loro posto. C'è anche l'opportunità per l'industria di essere più innovativa sul piano del prodotto, dato che con il digitale le possibilità sono infinite, con la possibilità di indossare fuoco, acqua, elementi in movimento, elementi luminosi. Tutto ciò che può essere immaginato, può essere indossato come moda digitale: la creatività è infinita.