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Shia LaBeouf non è un ‘American Honey’ (e gli va bene così)

L’attore, regista e icona di stile è protagonista dell'omonimo film ora disponibile su Netflix

Shia LaBeouf non è un ‘American Honey’ (e gli va bene così) L’attore, regista e icona di stile è protagonista dell'omonimo film ora disponibile su Netflix

Dal 17 marzo su Netflix è disponibile American Honey, un film indipendente prodotto da A24 che ha debuttato nel 2016 al Festival di Cannes (dove vinse il Premio della Giuria) ed è firmato da Andrea Arnold, una regista famosa per aver diretto alcune puntate di I Love Dick, Transparent e Big Little Lies. È un film potente, soprattutto grazie all’interpretazione di Shia LaBeouf

Shia LaBeouf si potrebbe definire in tanti modi: è la star del videoclip Elastic Heart di Sia, artista nemico di Trump e delle forze dell’ordine americane, il fidanzato di FKA Twigs, ma è anche l’icona di stile di Kanye West e amico di Kid Cudi da molto prima che diventasse di moda (Timothée Chalamet, stiamo parlando di te). Una cosa è certa: non è mai stato un artista come gli altri.

La sua vita la racconta alla perfezione nel film Honey Boy (sarebbe dovuto uscire al cinema il 27 febbraio, ma è stata una delle vittime del Coronavirus), scritto di suo pugno per liberarsi dai fantasmi del passato. Nato nel retro di un furgoncino da due genitori hippie, ha deciso molto presto che sarebbe diventato un attore, dopo aver incontrato un bambino che indossava i vestiti che lui non si poteva permettere. Gli ho chiesto ‘Ma tu che fai nella vita?’ Mi ha risposto che era un attore. E lì è cominciato tutto.” A 10 anni è tornato a casa, ha preso il telefono e ha iniziato a chiamare tutte le agenzie di management sulle pagine gialle. Oggi sceglie solo film di piccola produzione, ma deve tutto al cinema mainstream. 

Il merito del successo va a Disney Channel, che quando era ancora un ragazzino dal viso angelico lo scelse come protagonista della serie Even Stevens. Dopo piccole parti in film commerciali, fu Steven Spielberg a intuirne il suo talento e sceglierlo per interpretare il figlio di Harrison Ford in Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Nel 2017 è arrivata la trilogia di Transformers, che sarà anche una delle saghe più tamarre della storia del cinema, ma gli ha fatto guadagnare un botto di soldi (anche se lui non ne va molto fiero: “È davvero molto difficile continuare a fare quello che si fa quando dentro di te senti che è esattamente l'opposto del tuo obiettivo nell'essere al mondo”, ha dichiarato a Esquire nel 2018). La critica è impazzita: nel 2017 Vanity Fair lo incoronò “il nuovo Tom Hanks”. In quel periodo lo hanno notato anche i grandi autori, tra cui Lars Von Trier che lo ingaggiò per Nymphomaniac

Non soddisfatto dal cinema, LaBeouf fa parte del trio di artisti LaBeouf, Rönkkö & Turner. Tra le loro performance estreme: #IAMSORRY (2014), per cui l’attore rimase 6 giorni seduto e in lacrime in una galleria di Los Angeles, con in testa un sacchetto di carta con la scritta “I AM NOT FAMOUS ANYMORE” (qualche mese prima, LaBeouf si presentò sul red carpet del Festival di Berlino indossando la stessa “maschera”); #ALLMYMOVIES (2015), una maratona di tre giorni dei suoi film in ordine cronologico inverso (mentre una videocamera riprendeva in live-streaming il suo volto); #INTRODUCTIONS (2015) in collaborazione con l’Accademia Central Saint Martens di Londra; ma soprattutto HEWILLNOTDIVIDE.US (2017) contro l’elezione di Donald Trump: dopo lo spoglio dei voti, i tre artisti installarono una videocamera sul muro del Museum of Moving Image di New York, sotto la scritta “HE WILL NOT DIVIDE US”, e invitarono i passanti (tra cui Jaden Smith) a ripetere lo slogan in video per tutte le volte che ritenevano necessario.

Sono un buffone. Anche le mie crisi pubbliche sono solo dei fallimenti. La verità è che, nella mia disperazione, ho perso la trama del mio stesso film.

Come ogni star di Disney Channel che si rispetti (Harmony Korine ne sa qualcosa), Shia LaBeouf era un golden boy di Hollywood che ha perso la strada. Almeno, questo è quello che raccontano i giornali. Lo so che voi dovete continuare a dipingermi così, come se io fossi un pezzo di merda”, risponde ai giornalisti. LaBeouf non ha mai fatto segreto dei suoi problemi di alcolismo: non che gliene faccia una colpa, ma la dipendenza l’ha conosciuta presto da un padre che, dopo il ritorno dal Vietnam, cercò il conforto nell’alcool e nell’eroina. 

Nel 2015 è stato ripreso per le strade di Berlino durante una lite furiosa con la fidanzata (poi moglie, ora ex moglie) Mia Goth, mentre nel 2017 sono diventati virali dei video in cui insulta dei poliziotti con espressioni razziste (un episodio che ha definito “il punto più basso della sua vita”). In un essay scritto per il libro Prison Ramen (2015) sostiene di essere stato arrestato cinque volte: la prima a 9 anni, per aver tentato di rubare un paio di sneakers; la seconda a 11, per un Game Boy. Le altre sono episodi di cronaca hollywoodiana, ma dal 2015 a oggi se ne possono contare almeno altre due.

 

I wish I dressed as fresh as Shia LaBeouf.

No More Parties in L.A., Kanye West

Negli ultimi tre/quattro anni, LaBeouf è diventato anche un’icona di stile, tanto da guadagnarsi un profilo Instagram che colleziona i suoi outfit (@shiasoutfits). Il suo viso è ancora angelico, ma fa impressione quanto può cambiare in base a come è pettinato o a quanto è lunga la barba. E di look ne ha sperimentati parecchi: capelli lunghi, dread, rasato, barba folta, completamente sbarbato, sempre più tatuaggi sul corpo (su entrambe le cosce ha i tatuaggi di Missy Elliott, Biggie Smalls, Tupac, Dr. Dre e Prince). Il suo primo fan è stato Kanye West, tanto che un giorno si è presentato a casa sua e gli ha chiesto in prestito alcuni vestiti. Il risultato: qualche anno dopo, Yeezy è stato paparazzato con il suo cappellino. Il signorino ha un sacco di roba mia. Yeezy mi ha persino rubato il cappello di Indiana Jones.” 

La sua personalità si riflette in uno stile altrettanto unico. È il re dello scumbro, quella branca dello streetwear che veste normcore ma con ironia e abbina l’ultimo modello di sneaker a un pantalone della Decathlon. Per intenderci: è lo stile di Jonah Hill, di cui LaBeouf rappresenta la perfezione. Pane per i denti di Alessandro Michele, che lo ha vestito in diverse occasioni. Ma il glamour non gli interessa. L’unico fashion show a cui ha detto sì è stato il Be Beautiful Be Yourself organizzato dalla Global Down Syndrome Foundation, insieme a Dakota Johnson e Zak Gottsagen, sue co-star in The Peanut Butter Falcon


Per molto tempo, sono stato convinto che la vita venisse solo dopo l'arte. Finché ho realizzato che non posso avere arte senza questa roba che si chiama 'vita'. 

Lui è convinto di avere tutte le strade chiuse (a quanto pare è stato fatto fuori dalla produzione di un film di Spike Lee), ma in questo momento sarebbe dovuto essere al cinema con due film: The Peanut Butter Falcon, una dolcissima commedia indipendente sulla disabilità, e Honey Boy, in cui elabora il rapporto difficile con suo padre. Entrambe le uscite sono state rimandate a data da destinarsi. Qualcuno potrebbe scrivere che il 2020 sarà il suo anno, ma sarebbe soltanto un titolo. La verità è che ogni anno è l’anno di Shia LaBeouf. Di artisti come lui ne esistono pochi: per lui non c’è differenza fra esprimersi e respirare. E forse Hollywood dovrebbe essergli un po’ più grata.