FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Come se la passa il fediverso C'è sempre più attenzione verso gli ambienti che aderiscono a questo sistema, ma anche le grandi aziende si stanno facendo avanti

Negli ultimi anni, a partire da comunità online piuttosto piccole ma sempre più influenti, ha cominciato a emergere un’alternativa ai tradizionali social network. Questa prospettiva trova la sua espressione più concreta nel cosiddetto “fediverso”, cioè un ecosistema di digitale basato su preciso protocollo, chiamato ActivityPub. L’adozione di questo standard comune tra le altre cose permette agli utenti di creare, condividere e commentare contenuti di vario tipo (come testi, foto e video), o gestire le proprie reti di contatti senza essere vincolati a una singola piattaforma. ActivityPub, lanciato nel 2018 e sviluppato dal World Wide Web Consortium (W3C) – una ONG internazionale che promuove la crescita sostenibile del web – è il protocollo alla base di piattaforme come Mastodon, che negli ultimi anni ha attirato molte attenzioni – soprattutto dopo che una parte consistente di iscritti a X ha iniziato a lasciare la piattaforma a causa della gestione controversa di Elon Musk. Al contrario, il fediverso garantisce agli utenti una libertà e un controllo maggiori rispetto a piattaforme chiuse (come la stessa X, ma anche Instagram o TikTok), dove sono le aziende proprietarie a stabilire e imporre le regole di utilizzo – con tutte le conseguenze del caso. Chi si iscrive a uno spazio digitale basato su ActivityPub, inoltre, può interagire anche con gli utenti di un’altra piattaforma, a patto che questa adotti lo stesso protocollo: grazie ad ActivityPub, ad esempio, un utente di Mastodon può interagire con una persona iscritta a Friendica (un social network pensato come alternativa a Instagram) senza mai uscire dal proprio ambiente.

@thunder_keck #usefulclearnetsites Interstellar - Thayner Kesley

Il fatto che i social network basati su ActivityPub non siano controllati da una singola organizzazione, ma possano essere gestiti da chiunque, rappresenta un elemento di forte discontinuità rispetto alle piattaforme tradizionali. È in questo contesto che si è diffuso il concetto stesso di “federazione”, cioè un sistema composto da molte entità autonome ma in grado di comunicare tra loro quando necessario. Secondo questo approccio, inoltre, l’obiettivo di una piattaforma non è generare profitti, ma contribuire a rendere Internet meno “disumano”, grazie a social network privi di pubblicità invasiva e pratiche scorrette, tra le altre cose. Come osserva Rivista Studio, ormai «crediamo che Internet siano i social network». Da tempo «la rete viene percepita quasi unicamente come una sequenza di feed». «Se i social sono Internet – continua Rivista Studioallora è Internet il colpevole delle sensazioni negative che avvertiamo a causa di quei feed: pressione sociale, fallimento, ansia, fretta, impotenza», e così via. In questo contesto, ha preso forma il cosiddetto “Indie Web” (o “Small Web”), un movimento che punta a decentralizzare gli spazi digitali, sottraendone il controllo alle grandi corporation per restituirlo alle persone, e che trova nel fediverso una delle sue espressioni più concrete. L’idea di fondo, però, è più semplice: tornare a progettare e visitare siti web autonomi, invece di affidare la navigazione online a piattaforme pensate per “ingabbiare” gli utenti. L’obiettivo, si legge su Rivista Studio è sottrarsi al «capitalismo dell’attenzione», in favore di ambienti digitali «più autentici», in grado di stimolare la curiosità, «anziché addormentarla».

@motherboardvice Twitter and Facebook are seemingly collapsing before our eyes. But what we consider “social media” is already dead, and has been for a while. What would it look like to build something new? #twitter #elon #elonmusk #facebook #metaverse #zuckerberg #mastodon #socialmedia #socialnetwork #news #tech #vice original sound - Motherboard

«Prima del 2007, anno in cui Facebook è arrivato in Italia – fa notare Rivista StudioInternet era uno spazio infinito, creativo, anarchico e caotico. “Navigare” lo descriveva perfettamente: sapevi da dove cominciava il viaggio, ma non dove saresti approdato. Di quell’Internet si parla perlopiù come di un bel ricordo, ma esiste qualcuno che vuole farlo rinascere. E forse, ci sta riuscendo». Eppure, all’interno di una più ampia riflessione sul futuro dei social network, anche alcune aziende tecnologiche mainstream hanno iniziato a guardare con interesse a protocolli aperti come ActivityPub. Tra queste c’è Meta, che ha scelto di basare Threads proprio su questo sistema. Ma la società di Mark Zuckerberg è da anni al centro di polemiche e controversie: non sorprende, quindi, che la decisione di integrare Threads nel fediverso abbia sollevato non poche resistenze nel settore. La principale preoccupazione è che Meta possa applicare la strategia nota come “Embrace, Extend, Extinguish” (“Abbraccia, Estendi, Estingui”), adottando cioè un protocollo aperto (come per l’appunto ActivityPub) solo per favorirne la diffusione, attraendo sempre più utenti, e una volta consolidata la propria posizione ridurre o interrompere gli investimenti, con il rischio di snaturare e indebolire l’intero ecosistema.