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Trump sta limitando la libertà di espressione negli Stati Uniti Sta prendendo provvedimenti considerati molto controversi anche per i suoi standard

Di recente negli Stati Uniti è stato sospeso a tempo indefinito uno dei talk show più popolari del Paese. Si tratta del programma condotto da Jimmy Kimmel, a cui è stata comunicata la decisione poco prima di una puntata – il talk show andava in onda ogni sera da lunedì al giovedì ed era attivo dal 2003. Il breve preavviso ha subito fatto capire che la sospensione del talk show era legata ai commenti di Kimmel sull’uccisione di Charlie Kirk, l’attivista di estrema destra assassinato durante un incontro pubblico nello Utah. Nel monologo introduttivo di una recente puntata, Kimmel aveva affermato che il movimento MAGA stava strumentalizzando politicamente la morte di Kirk, accusando la persona sospettata dell’omicidio di avere idee opposte a quelle dei trumpiani, anche se la questione era evidentemente più complessa. Ma Kimmel non è l’unico ad aver perso il lavoro a causa di questa vicenda e delle sue opinioni in merito.

Negli Stati Uniti, decine di persone sono state recentemente licenziate o sospese dopo essere state segnalate da attivisti di destra per post sui social media considerati “irrispettosi” nei confronti di Kirk. Questi episodi rientrano in una campagna più ampia con cui l’amministrazione Trump cerca di strumentalizzare l’omicidio di Kirk per attaccare chi si ipotizza abbia posizioni progressiste. Ad esempio, un noto giornalista politico della rete televisiva MSNBC, Matthew Dowd, è stato licenziato dopo aver ipotizzato in diretta che la retorica violenta di Kirk potesse aver influito sul suo omicidio. C’è poi il caso della nota catena statunitense Office Depot, che ha reso noto di aver licenziato alcuni dipendenti che si erano rifiutati di stampare un manifesto commemorativo per Kirk. Il Wall Street Journal ha invece raccontato quanto accaduto a una preside di una scuola elementare nel Wisconsin, accusata di aver pubblicato un video che celebrava la morte di Kirk. Il post era falso, ma l’istituto ha comunque subito forti pressioni da parte di attivisti di destra per licenziare la dirigente scolastica ingiustamente coinvolta.

I pochi elementi disponibili sul movente della persona che ha sparato a Charlie Kirk non permettono di collocarlo chiaramente nell’area conservatrice o nella corrente progressista, sebbene la sua famiglia abbia dichiarato di sostenere da tempo Trump. Come hanno sottolineato diversi analisti, questo tipo di classificazione può risultare del tutto fuorviante, considerando il modo in cui molti giovani statunitensi formano le proprie posizioni politiche. Negli ultimi anni, infatti, sono aumentate le sparatorie di massa compiuti da giovanissimi con posizioni apparentemente incoerenti: spesso si tratta di persone che trascorrono molto tempo in specifiche comunità online, come Discord, Reddit, Telegram e X, e che non si muovono secondo lo spettro politico tradizionale “destra-sinistra”, ma in base a un contrasto tra disordine sociale e ordine costituito. Il monologo di Kimmel cercava esattamente di sottolineare questo aspetto, accusando i repubblicani di sfruttare il caso per alimentare una campagna d’odio contro l’ala progressista. Tuttavia, il punto di vista di Kimmel è stato fin da subito criticato da vari esponenti della destra statunitense. Brendan Carr, presidente della Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa che supervisiona le telecomunicazioni negli USA, aveva minacciato sanzioni contro ABC, il network che trasmetteva il programma di Kimmel, avvertendo che la rete avrebbe rischiato la revoca della licenza se il talk show non fosse stato cancellato. Ma questo non è un caso isolato: da tempo, l’amministrazione Trump cerca di influenzare i media e le istituzioni considerate ostili e di limitare la loro libertà di espressione, adottando modalità e provvedimenti giudicati molto controversi per gli standard delle democrazie occidentali.

La chiusura del programma di Jimmy Kimmel è avvenuta a pochi mesi di distanza dalla sospensione del late show di Stephen Colbert, un'altra storica trasmissione statunitense, in onda sulla rete televisiva CBS. Il network ha attribuito la decisione a problemi finanziari, ma molti osservatori hanno ipotizzato un legame con i continui monologhi politici del celebre presentatore contro Trump, anche perché il talk show aveva recentemente vinto un Emmy come “Miglior varietà”. Dopo l’annuncio della chiusura del talk show di Colbert, Trump aveva scritto sul suo social Truth che Jimmy Kimmel sarebbe stato il prossimo a essere licenziato (e così è stato), seguito poi da Jimmy Fallon. C’è anche un’altra modalità con cui l’amministrazione repubblicana tenta di influenzare i media: le cause legali. Di recente Trump ha citato in giudizio il New York Times per diffamazione, chiedendo un risarcimento di 15 miliardi di dollari, accusando il giornale di essere un portavoce del Partito Democratico. Qualche mese fa, invece, il presidente aveva fatto causa per lo stesso motivo al Wall Street Journal, pretendendo 10 miliardi di dollari di indennizzo. Ma a farci caso, la violenza politica promossa dalla destra statunitense appare in netto contrasto con il suo atteggiamento quando le vittime sono esponenti di sinistra. Ad esempio, poco dopo che Paul Pelosi, marito dell’ex speaker della Camera Nancy Pelosi (democratica), fu attaccato da un estremista di destra, Trump contribuì a diffondere teorie del complotto contro i due coniugi, senza mai realmente condannare l’aggressore. Allo stesso modo, George Floyd – l’uomo afroamericano la cui uccisione da parte della polizia nel 2020 scatenò le proteste antirazziste del movimento Black Lives Matter – venne definito "feccia" da Charlie Kirk poco dopo la sua morte.