
In che senso il movimento MAGA ora ce l’ha con le Big Tech? La corrente è sempre più critica rispetto al supporto di Trump verso le grandi aziende tecnologiche
Nell’edizione 2025 della National Conference 5, uno degli appuntamenti più importanti per la destra statunitense, che quest’anno si è tenuto a Washington a inizio settembre, molti relatori hanno attaccato le grandi aziende tecnologiche e il crescente sviluppo dell’intelligenza artificiale, definendoli una minaccia ai valori occidentali e accusandoli di voler favorire la disoccupazione. Anche figure di spicco del movimento MAGA, come Steve Bannon (ex consigliere di Trump ancora molto influente nella destra statunitense e rappresenta della corrente più populista), hanno attaccato duramente la Silicon Valley, accusandola di promuovere idee progressiste. Alcuni relatori hanno persino avanzato l’ipotesi di allearsi con i sindacati – storicamente distanti dall’immaginario di destra – pur di opporsi alle Big Tech. Gli osservatori temono che questa tendenza ad avere una posizione più scettica nei confronti delle grande aziende tecnologiche da parte del movimento MAGA – creato da Trump e chiamato così in riferimento al suo celebre slogan “Make America Great Again” – si rifletterà in parte sulle scelte dell’elettorato di destra negli Stati Uniti. Non è chiaro quanto Trump sarà influenzato dalla visione della parte più populista del suo movimento, o quanto invece rimarrà fedele alla linea repubblicana. Le sue decisioni finora sono state contraddittorie: è vero che ha preso le distanze da Elon Musk e quel che rappresenta, e che di recente si è mostrato molto spazientito per le sue dichiarazioni; al tempo stesso il suo governo finora ha ampiamente retto il gioco delle Big Tech.
Lo scorso maggio, ad esempio, Trump ha visitato il Medio Oriente, e ad accompagnarlo c’erano molti imprenditori del settore tecnologico, tra cui Sam Altman e Jensen Huang, rispettivamente a capo di OpenAI e Nvidia, a dimostrazione di quanto il settore sia vicino al presidente. Più di recente, Apple – con un incontro alla Casa Bianca in cui era presente lo stesso Tim Cook – ha annunciato che investirà 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti, dopo che lo scorso febbraio aveva già promesso di investirne 500 nei prossimi quattro anni. La strategia di Apple, così come quella di molte Big Tech, è strettamente legata alle politiche sui dazi di Trump, che hanno già danneggiato il settore, ed è volta a “contenere i danni” e l'imprevedibilità del presidente. In quest’ottica, di recente, Nvidia e la compagna informatica Advanced Micro Devices (AMD) hanno accettato di versare al governo statunitense il 15 per cento dei ricavi ottenuti dall’esportazione in Cina dei loro chip per l’intelligenza artificiale. È una pratica molto inusuale, questa, anche perché – a farci caso – si tratta di una percentuale molto elevata del loro fatturato. Ancora una volta, però, si tratta di un accordo volto a ingraziarsi Trump, che per l’appunto sta cercando di aumentare l’influenza del suo governo nelle operazioni delle Big Tech all’estero, con politiche commerciali molto aggressive, soprattutto in settori considerati strategici come quello dell’intelligenza artificiale.
Tuttavia, come emerso dai panel di NatCon 5, la corrente più populista del movimento MAGA è sempre più critica rispetto al supporto incondizionato di Trump alle grandi aziende tecnologiche – una cosa impensabile fino a non molto tempo fa. Con ogni probabilità, su questo cambio di posizione hanno influenzato i diversi casi di interazioni con delle AI finiti molto male: sono stati ampiamente ripresi dai media, soprattutto negli Stati Uniti, e per certi versi mettono in luce i rischi che – a determinate condizioni – ancora si corrono affidandosi quasi totalmente ai chatbot. Il New York Times, ad esempio, ha pubblicato di recente un lungo articolo – che ha fatto molto discutere – in cui una madre ha raccontato il suicidio di sua figlia, che si era confidata per molti mesi con “Harry”, un prompt che migliaia di utenti in tutto il mondo utilizzano per chiedere a ChatGPT di porsi come una sorta di psicoterapeuta. Non a caso, come riporta The Verge, uno degli incontri della NatCon 5 si intitolava "Tecnologia e futuro della famiglia", e affrontava la dipendenza dai social media e il rapporto dei più giovani con chatbot basati sui sistemi di intelligenza artificiale. Effettivamente, secondo molti terapeuti e psicologi, uno dei principali limiti dei tool come ChatGPT, soprattutto quando vengono utilizzati come sostituti dello psicologo, è l’assenza di meccanismi efficaci per allertare tempestivamente le autorità, soprattutto di fronte a utenti che manifestano pensieri suicidi.












































