
La crisi dei lidi è la fine del mito della classe media italiana I conti dell'estate 2025
Per decenni l’immagine dell’estate italiana è stata sempre la stessa: ombrelloni colorati allineati come scacchiere, lettini prenotati per quindici giorni consecutivi, famiglie che ogni mattina percorrono lo stesso rituale tra spiaggia, pranzo al sacco e partitella di racchettoni. Uno stereotipo che ha accompagnato la costruzione dell’immaginario della classe media del paese, il suo benessere diffuso e l’idea stessa di una vacanza accessibile a tutti. Quel modello, oggi, appare in crisi. Le spiagge semivuote fotografano molto più di un settore turistico in difficoltà: raccontano il logoramento del patto sociale su cui si era retta la vita della maggioranza degli italiani. Secondo i dati del Sindacato Italiano Balneari (SIB) e di altre associazioni di categoria, le presenze sulle spiagge a pagamento hanno registrato cali significativi. A luglio 2025, ad esempio, la riduzione complessiva è stata di circa il 15%, con punte del 25% in meno in regioni storicamente a forte vocazione balneare come la Calabria e l’Emilia-Romagna, a causa del maltempo e del caro-prezzi. Sebbene il turismo straniero stia parzialmente compensando il calo di quello interno, il fenomeno indica una profonda trasformazione nelle abitudini degli italiani.
@matteohallissey Fatturati stellari e canoni risibili, tornelli e recinzioni attorno alla spiaggia: la gestione dei lidi a Mondello rappresenta tutti i problemi dei balneari. @Ismaele La Vardera suono originale - Matteo Hallissey
A incidere in maniera decisiva sono i costi. Le associazioni dei consumatori, come Altroconsumo e Federconsumatori, registrano aumenti delle tariffe che superano di gran lunga l’inflazione. Un'indagine recente di Altroconsumo ha confermato che il costo medio di una postazione (ombrellone e due lettini) per una settimana è passato da circa 182 euro nel 2021 a 212 euro nel 2025, con un incremento complessivo del 17%. Un aumento che colpisce duramente le famiglie, soprattutto se sommato al rincaro di bollette e affitti. A questo si aggiunge la perdita di potere d'acquisto dei salari reali, che secondo l’OCSE e l'ISTAT, è scesa in maniera significativa negli ultimi anni, con perdite stimate tra il 7.5% e il 9% rispetto a un decennio fa. Il risultato è un cortocircuito: quello che un tempo era un lusso "popolare", un rito democratico, diventa oggi un privilegio selettivo. Lo stabilimento balneare, luogo per eccellenza del ceto medio, rischia di trasformarsi in un’icona della sua crisi. Non si tratta solo di numeri. C’è una dimensione culturale che spiega meglio di ogni tabella la trasformazione in atto. La "vacanza all’italiana", due settimane sempre nello stesso lido, la stessa cabina, la stessa comunità balneare, appartiene a un’epoca in cui la stabilità economica permetteva alle famiglie di pianificare ferie lunghe e regolari. Oggi, al contrario, prevale un turismo frammentato: viaggi brevi, mordi e fuggi, spostamenti verso borghi, montagne o capitali europee low cost. La ricerca di frescura, esperienze autentiche e maggiore flessibilità sostituisce il tempo sospeso delle estati infinite al mare.
Ma quanto è bella la semplicità,
— (@ReciLadiva) August 4, 2025
spiaggia libera un panino ed una bibita in riva al mare, basta con le spiagge privatizzate con sedie sdraio ed ombrelloni pagati a peso d'oro! pic.twitter.com/MB8WVN0zjL
Il cambiamento climatico accelera questo processo. Temperature estreme, erosione costiera e mareggiate sempre più frequenti rendono meno attrattivo il soggiorno fisso sulla sabbia. Cresce invece il fenomeno della “coolcation”: vacanze in zone verdi e fresche, spesso percepite come più economiche ed ecosostenibili, oltre che come un modo per sfuggire al caldo insopportabile delle città e delle coste. In parallelo, la questione delle concessioni balneari rimane irrisolta con oltre 12mila stabilimenti restano nelle mani delle stesse famiglie da generazioni, grazie a rinnovi automatici che hanno di fatto bloccato la concorrenza e mantenuto rendite di posizione enormi. La Corte dei Conti, nei suoi rapporti, ha più volte segnalato i canoni irrisori per attività che generano complessivamente un giro d'affari stimato in circa 15 miliardi di euro l’anno. Un sistema che fotografa la distanza crescente tra chi detiene rendite consolidate e chi, invece, non riesce più a permettersi nemmeno un lettino. Il paradosso è evidente; se il lido che negli anni del boom economico era diventato simbolo di un’Italia che si scopriva moderna, inclusiva e benestante, oggi è il luogo in cui si manifesta la sua frattura sociale. L’ombrellone non è più un diritto conquistato dalla classe media, ma un lusso che certifica la sua erosione. Guardare agli stabilimenti vuoti, dunque, non significa osservare solo un modello turistico fuori dal tempo, ma interrogarsi sul futuro stesso della società italiana. Se il mare non è più per tutti, cosa resta della promessa collettiva che per anni ha definito il nostro modo di vivere l’estate e, in fondo, la nostra idea di normalità?














































