Da “Jurassic Park” a “Jurassic World – La rinascita” Come Spielberg ha definito il concetto e il cambiamento stesso dei blockbuster
La saga di Jurassic Park ha sempre un po’ dettato un’andatura, un’evoluzione e un’analisi dello stato del blockbuster nell’industria dello spettacolo. Dopo l’uscita de Lo squalo nel 1975, Steven Spielberg ha attuato una vera e propria rivoluzione con il primo Jurassic Park del 1993. Il suo classico del cinema mondiale ha visto per la prima volta interagire insieme umani e dinosauri, persone fisiche e computer grafica, portando in sala un pubblico che voleva osservare come fosse possibile che attori come Sam Neill, Laura Dern e Jeff Goldblum potessero trovarsi nello stesso spazio, finzionale eppure così reale, di quelle creature fantastiche, facendo diventare l’opera non solo un successo, ma un cult intramontabile. Col ritorno della saga, dopo la chiusura della sua prima trilogia composta anche da Il mondo perduto - Jurassic Park del 1997 e Jurassic Park III del 2001, si doveva pensare ancora più in grande. È stata infatti questa la politica su cui si è fondato il ritorno del 2015 con Jurassic World - passare dalla parola "mondo" a "parco" è già rilevante - per un trend che seguiva le logiche del mercato oramai cambiato rispetto ai primi anni Novanta, compresa la visione stessa dell’operazione blockbuster.
Il concetto insito nel film diretto da Colin Trevorrow, con protagonisti Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, si basava sui cambiamenti subiti da un intero settore e il desiderio di accontentare il nuovo pubblico. Se ormai, infatti, gli spettatori erano stati svezzati con Jurassic Park e tutti i blockbuster venuti dopo, ciò che richiedevano le sale cinematografiche era un’esperienza ancora più esagerata ed immersiva, con la saga allora pronta a offrire esattamente ciò che le veniva richiesto. Così il manifesto di Jurassic World viene proclamato praticamente subito nel film di Trevorrow, con la scena in cui un Mosasaurus divora uno squalo appeso per dare l’idea al pubblico un’idea delle dimensioni del dinosauro. Un pasto che non viene scelto a caso: far cadere nelle fauci del Mosasaurus uno squalo, simbolo a propria volta del blockbuster in sé che sempre Spielberg ha portato avanti fin dall’uscita nel '75 - nonché prima operazione da poter essere etichettata in quanto tale - è a propria volta la dichiarazione degli intenti del nuovo Jurassic World. Quest’ultimo deve essere ancora più espanso, gigante e rumoroso, adattandosi alle novità degli schermi sempre più grandi, degli impianti sonori sempre più elaborati e delle sale che, purtroppo, potrebbero rischiare di diventare sempre più vuote. Jurassic World vinse la sua sfida ed ebbe una risonanza tale da passare in testa nella lista dei maggiori incassi della saga, superando persino il capostipite del 1993. Da quel punto in poi la saga ha avuto un tracollo dovuto alla mancanza di originalità dei due successivi capitoli, ricevendo una valutazione sfavorevole che non caldeggiò il consacramento della trilogia moderna, ma che non le ha impedito di fermarsi.
A dieci anni dall’uscita di Jurassic Park, infatti, arriva Jurassic World - La rinascita che, esattamente come fu per il titolo del 2015, deve cercare di abbinarsi ai tempi che corrono e, soprattutto, di riportare in auge un interessamento per il franchise che le due pellicole precedenti (Il regno distrutto e Il dominio) hanno estinto. Anche stavolta viene dichiarato tutto nelle prime scene del film: quando il personaggio interpretato da Rupert Friend va a reclutare il paleontologo di Jonathan Bailey insieme alla mercenaria Scarlett Johansson ciò che viene messo in luce è il mancato entusiasmo che il pubblico ha ormai per queste mastodontiche, antiche e impressionanti creature. Parafrasando il dottor Henry Loomis: se fino a qualche anno fa il pubblico doveva fare la fila per entrare al museo a loro dedicato, sempre se riusciva quel giorno ad entrare, ormai gli unici biglietti che riuscivano a strappare erano una dozzina. Sebbene non vogliamo vedere lo stato delle sale cinematografiche in maniera così catastrofica, è chiaro il sotto testo che la saga sui dinosauri sta continuando a portare avanti nel corso dei suoi trenta e passa anni. Come lo è altrettanto aver dovuto inventare un’ulteriore idea per l’ennesimo film sulle mitologiche creature.
Forget the dinosaurs, just give me two hours of Dr. Henry Loomis doing his thing. pic.twitter.com/DO9ZkxVAgr
— ً (@delioncurt) June 11, 2025
In Jurassic World - La rinascita viene dunque introdotta la mutazione, dinosauri geneticamente modificati frutto di esperimenti più o meno riusciti che in qualche modo avvicinano ancora di più il titolo ai monster movie recenti, che hanno trovato in Godzilla e King Kong (a volte persino combinati) i loro nuovi e più appetibili protagonisti. Non è un caso che a venir chiamato a dirigere è qualcuno che di questi bestioni se ne intende: Gareth Edwards il quale ha debuttato nel 2010 con un’opera intitolata proprio Monsters, per arrivare poi nel 2014 a prendere le redini dell’evocativo, quasi poetico e sicuramente impressionante Godzilla. La formula del più grande, più forte e più rumoroso si ripercuote perciò anche su Jurassic World - La rinascita, che deve però presentarsi in una variante potenziata. Il film cerca di essere un mix tra i cavalli di battaglia del papà Spielberg (i dinosauri, ovviamente, ma anche le barche, i bambini protagonisti e il senso di famiglia) e un impianto spettacolare che viene maneggiato con professionalità da Edwards, seppur non particolarmente ispirato. Se dunque il dottor Loomis sperava che la spedizione riuscisse ad essere un modo per risvegliare la passione delle persone per i dinosauri, è bene che la sua fiducia trovi altri lidi. Ma non deve demordere in attesa di altre opportunità, visto che non è detto che con saghe così consolidate e amate - a prescindere dai possibili risultati al botteghino - non si arrivi a fare comunque un sequel, poi un altro sequel e un altro ancora. È pur vero che Jurassic World - La rinascita e i suoi dinosauri mutanti forse non sono la soluzione migliore. Basta vedere la brutta fine che hanno fatto nel film.