
The Bear e la mascolinità emotiva di Carmy
Nella quarta stagione della serie, meno loghi e più autenticità
02 Luglio 2025
Una delle prime cose che Carmy fa nella quarta stagione di The Bear è sorridere. Non è un’increspatura delle labbra, è un vero e proprio sorriso. Non viene sottolineato con insistenza dal regista Christopher Storer, anche ideatore della serie cult culinaria, alla co-regia del primo episodio insieme a Duccio Fabbri, ma c’è ed è evidente. Succede su un treno che taglia a metà la città di Chicago: il cielo è coperto e la luce, dietro alle nuvole, gli scalda il viso mentre scioglie un po’ il caos che lo tormenta. Su questa immagine si basa l’intera evoluzione del protagonista dello show, che ci ha ben messo quattro stagioni per cambiare veramente. Lo sviluppo e il mutamento di Carmen Berzatto è senza ombra di dubbio il leitmotiv del ritorno della serie, che tira un filo dritto dalla puntata iniziale fino al suo liberatorio e doloroso epilogo, incredibilmente coerente nel percorso che il personaggio stesso ha deciso di intraprendere: affrontare la paura e scavalcare i muri che lui in primis si è imposto. Abbatterli, addirittura. Fare in modo che non siano più uno scudo tra sé e le persone che ha accanto, incasinate come lui ma in grado di fingere di stare bene, come più di una volta gli ripetono.
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È dal costante senso di pericolo ciò da cui Carmy vuole svincolarsi. Il suo obiettivo principale non è più creare il piatto perfetto, ma smettere di scappare dalle difficoltà da cui ha cercato di divincolarsi per tutta la vita attraverso la cucina. È un percorso interiore, stranamente non rumoroso, quello che aspetta il protagonista in questa nuova stagione - anche se qualche urlo non manca - ed è paradigmatica, dunque, la messa in onda di Ricomincio da capo nella prima puntata, un tema che imposta l’andamento dell’intera stagione. Il desiderio del protagonista di rompere la routine fatta di ansia, grida, risentimento e incapacità di comunicare con le persone che ha accanto prende il sopravvento sui fornelli. Lo chef impersonato da Jeremy Allen White vuole mostrare il suo impegno agli altri, per questo, oltre al sorriso, c’è un’altra cosa che in questa stagione Carmy fa più che mai: parlare. Parla un sacco, di sicuro più di quanto siamo mai stati abituati.
the bear season 4 finale: pic.twitter.com/hdOAQRXBmD
— dhanush (@spunchbawbII) June 26, 2025
Nel corso di tutta la quarta stagione, il cuoco Berzatto è accompagnato da una grande coerenza di caratterizzazione e di scrittura. Il nuovo capitolo della serie è fatto di sfide, di tentativi di apertura e di rottura degli schemi, ma è soprattutto incentrato su una di ricerca di ciò che forse fa più di tutto paura al protagonista: la pace. È così che vediamo Carmen, da sempre ripiegato su se stesso - una postura inclinata che Allen White assume per riverberare lo stare al mondo del personaggio - intento a raddrizzarsi, a resistere, a restare. A dismettere anche la sua uniforme da battaglia, la maglietta bianca diventata un marchio di fabbrica della serie; nella settima puntata, sul matrimonio di Tiff, indossa un semplice completo dallo stile più fresco e meno costruito rispetto alla stagione precedente. Ed è paradossale eppure così chiaro che, per poter restare, a volte è necessario fare un passo indietro. Carmy lo fa con Sydney, a cui lascia spazio per diventare la migliore chef che lui sa può essere. Lo fa con Claire, a cui riesce finalmente a chiedere scusa, augurandosi che un giorno riesca a farlo. Lo fa con la madre DD, con la sorella Sugar e, soprattutto, con il cugino Richie che, insieme a Carmen, è il personaggio che più di tutti ha decostruito il proprio io per riuscire a tirarne fuori la propria versione migliore.
this is what every scene in The Bear is like pic.twitter.com/IWKZdHkvPy
— Harry (@hdwmovies) June 26, 2025
È infatti uno smantellamento del maschile ciò a cui The Bear ha portato silenziosamente (ma neppure così tanto) nel corso dei suoi episodi, fin dalla sua uscita. La testardaggine di non voler affrontare i propri disagi ma, alla fine, sapere calmarsi e accettare le proprie emozioni. Le perdite, l’aver raggiunto la perfezione e l'averla incasinata, l'insoddisfazione e la sindrome dell'impostore sono espressioni di un’inquietudine da cui il personaggio ha capito che non può più fuggire, perché lo rincorreranno sempre. E, soprattutto, da una sensibilità che finalmente riesce ad accettare. Che forse gli fa sentire troppo, dalla perdita del fratello insuperata al rapporto incrinato con la figura materna. È il personaggio laterale di Bob Odenkirk, uncle Lee, a esplicitare ciò che pensano tutti: come sua madre, Carmy sente tanto, troppo. «Siete entrambi molto sensibili. Siete entrambi molto profondi». Un’intensità che a volte sembra impossibile da gestire. E così si alza la voce, si negano i propri sentimenti e ci si chiude nelle celle frigorifere. Ma non più, non nella quarta stagione di The Bear.
richie clocked him so bad here pic.twitter.com/fOyIXKGIJx
— el (@gir1dinner) June 27, 2025
Assistere al cambiamento di Carmy sullo schermo è commovente. Il protagonista esce dal prorpio guscio e si apre al mondo non solo attraverso il sorriso inquadrato nelle prime scene, ma lungo tutto l'arco della stagione: si adopera per esprimersi, per parlare con gli altri, è sincero verso chi e ciò che ama. Jeremy Allen White scarica tutta la tensione, lo stress, la resistenza sulle mani. Tremano, si irrigidiscono, incanalano il nervosismo di Carmy. Ma almeno lui resta lì. Le mani potrebbero partire, perdersi, volare, ma il personaggio, i suoi piedi, sono piantati a terra, decisi a restare. Almeno fino a quando è necessario. A mostrarsi, finalmente. A parlare. Via il timore dell’emotività, il non sfogarla più nel modo sbagliato, ma veicolarla nella maniera più sana. Come un piatto salutare, gustoso e che fa anche bene. Che magari richiede più tempo di preparazione, ma per cui vale la pena impegnarsi.