A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

Vedi tutti

Com’è "Partir un Jour", film d’apertura del festival di Cannes?

La regista e sceneggiatrice Amélie Bonnin debutta al lungometraggio e dirige gli attori Juliette Armanet e Bastien Bouillon

Com’è Partir un Jour, film d’apertura del festival di Cannes? La regista e sceneggiatrice Amélie Bonnin debutta al lungometraggio e dirige gli attori Juliette Armanet e Bastien Bouillon

Nella vita della protagonista Cécile (Juliette Armanet), ciò che le accade in Partir un Jour è una parentesi. Un inciso che non influirà minimamente sul resto della sua vita. È vero, la donna è incinta e deve scegliere cosa fare o meno col bambino - anche se lo sa perfettamente - ma la scelta di portare a termine o meno la gravidanza non influenzerà ciò che vivrà nel circoscritto lasso di tempo della pellicola, che sembra durare giusto il tempo di una canzone. Sì, perché il primo lungometraggio di Amélie Bonnin, scritto assieme a Dimitri Lucas, è un film musicale. Non un musical. Un film musicale. Dalla tradizione francese de Les Parapluies de Cherbourg, senza però andare a scomodare i maestri come Jacques Demy, l’opera integra le canzoni del proprio repertorio nel tessuto della sceneggiatura stessa. Non ci sono grandi coreografie o scene di ballo, anche i brani eseguiti dai personaggi non richiedono performance brillanti. Sono hit che contribuiscono a esprimere i sentimenti di ogni persona sullo schermo e vengono riprodotte così come le vediamo: in un momento di intimità di coppia, nello scambio segreto e civettuolo tra madre e figlia, in una cena tra amici. Con un unico reale momento di apertura all’incantesimo cinematografico: un’intera sequenza che trasporta Cécile e il personaggio di Raphaël (Bastien Bouillon) indietro nel tempo, nella ricostruzione dei loro anni di gioventù.

È infatti il vecchio amore della protagonista a tornare per un inaspettato inserto della sua vita. Diventata una chef rinomata e pronta ad aprire il suo primo ristorante, Cécile è costretta a interrompere momentaneamente le fila della propria esistenza per ripiombare nella cittadina natale a occuparsi del padre, deciso a non lasciare la propria attività pur avendo subito un infarto. Su di un camion su cui è salita facendo autostop, come una macchina del tempo che l’ha riportata alla vita pre-Parigi, la protagonista dormirà nella sua vecchia camera e lavorerà nella cucina dei genitori come se nulla fosse mai cambiato. Come se ogni cosa dovesse riprendere da dove era stato lasciato, compreso il rapporto con Raphaël. Traendo dal cortometraggio omonimo che Amélie Bonnin ha poi reso film, in cui porta dentro anche gli attori Armanet e Bouillon che avevano già dato corpo ai personaggi di Cécile e Raphaël nel 2021, la regista confeziona una commedia romantica che ci racconta di tutti i non detti che non sappiamo esprimere e che la musica può aiutarci a tirare fuori.

Della crescita di una donna che non deve sentirsi in colpa perché non è più la stessa ragazzina, che ha scelto di allontanarsi dalla periferia inseguendo le sue ambizioni, le medesime che il padre Gérard - un vivace François Rollin - sembra rimproverarle, ma che sono state alimentate proprio nella sua cucina. Partir un Jour racconta come a volte girarsi indietro non significhi per forza riprendere una via di cui avevamo dimenticato i passi, bensì solo riassaporarla un attimo per poi guardare avanti, senza lasciarsi abbagliare dai sentimentalismi o cadere nella retorica delle emozioni. Perché ricordare e amare è giusto, sempre non perdendo di vista chi si è, chi si è diventati e, soprattutto, chi si vuole diventare. Per un capitolo dell’esistenza di Cécile pieno di tenerezza e che, esattamente come una canzone o un film, sa e sappiamo che prima o poi dovrà finire.