
5 cose da non perdere alla Biennale Architettura 2025
Dai padiglioni nazionali alle iniziative in giro per la città, le mostre di Venezia che dovete assolutamente vedere
13 Maggio 2025
Durante i giorni di pre-opening, tra sorrisi complici e badge ben visibili, la Biennale si conferma rito di passaggio per chi gravita la scena creativa globale, un luogo dove arte e architettura offrono indizi su chi tenere d’occhio, cosa cambia e dove stiamo andando. Siamo stati per voi in anteprima alla Biennale di Architettura 2025, aperta al pubblico dal 10 maggio fino al 23 novembre, che quest’anno mette in scena 66 nazioni e una miriade di eventi collaterali, anche al di fuori delle sedi canoniche dei Giardini e dell'Arsenale. Il curatore dell’edizione 2025 è Carlo Ratti: architetto, ingegnere, fondatore dello studio Carlo Ratti Associati e direttore del SENSEable City Lab del MIT. L’idea che accompagna tutta la rassegna ruota attorno al concetto di intelligenza — naturale, artificiale, collettiva — come strumento chiave per affrontare l’emergenza climatica, che non è più una minaccia ma una realtà da affrontare ogni giorno. Lo ricorda lo stesso Ratti in conferenza stampa, affermando che la «transizione» non basta più: siamo in uno stato di emergenza, e servono strumenti e sensibilità tecnologiche ed emotive per affrontarlo. Venezia, città emblematica, diventa blueprint e laboratorio: non più luogo da salvare, ma da cui imparare per salvarsi. Un’architettura che fa ricerca, usa i dati e coltiva sensibilità.
Ecco, dunque, 5 esibizioni da non perdere durante la Biennale Architettura 2025.
Emerging Assemblages - Padiglione Kosovo
Nella sede dell’Arsenale, per la prima volta all’interno degli spazi ufficiali della Biennale, il Padiglione Kosovo — curato da Erzë Dinarama — lavora sull’olfatto. Emerging Assemblages è un esercizio sensoriale che raccoglie storie, anticipa scenari e amplifica il nostro rapporto ecologico, soprattutto nelle aree rurali. Tutto parte dai contadini, database viventi che non possono più affidarsi al calendario tradizionale: i cambiamenti climatici sono troppo rapidi, le stagioni troppo incerte. Serve qualcosa di più istintivo. Così tornano a fidarsi della memoria olfattiva per capire quando piantare, abbandonando abitudini di un passato recentissimo che ormai non funziona più. Non esiste un algoritmo preciso che preveda quanta acqua cadrà né come si deposita nel terreno, o un archivio di informazioni passate nel paese. Da qui l’idea della curatrice e del suo team di agronomi: costruire un database alternativo, che parte dall’esperienza sensibile degli agricoltori e dal loro naso, capace di registrare segnali che la tecnologia non intercetta. Si entra in una stanza dove il terreno è protagonista (occhio a non sporcarvi le scarpe!), e l’installazione prende vita in modo immersivo e circolare, grazie a un sistema di tubi che rilasciano odori elaborati dalla smell artist Sissel Tolaas.
Il Padiglione - Padiglione Finlandia
Alvar Aalto progetta questo spazio nel 1956: la sua unica opera in Italia. Oggi, però, Il Padiglione non è più solo un esercizio architettonico – è una dichiarazione. Curato da Ella Kaira e Matti Jänkälä, diventa un omaggio a chi ogni anno lo mantiene in vita. Un’installazione audiovisiva racconta, tra interviste e immagini d’archivio, il lavoro invisibile che tiene in piedi l’edificio: chi sostituisce legni marci, chi stucca, chi analizza materiali con competenze tra chimica e storia dell’arte. Ogni superficie ha una storia, spesso silenziosa e mai raccontata. In una città come Venezia, dove la conservazione è parte del paesaggio urbano e culturale, Il Padiglione tocca il nervo scoperto della Biennale: l’autorialità va ripensata e tutti i lavori sono collettivi. Questa mostra centra l’obiettivo: niente sovrainformazione, solo un gesto limpido che sintetizza il senso stesso dell’architettura – non come opera finita, ma come processo continuo, condiviso, necessario.
SIDELINED - Padiglione Olanda
Un bar sport trasformato in uno spazio queered e radicale. Il padiglione olandese è un ambiente esagonale ispirato ai campi sperimentali di Asger Jorn. Niente competizione: qui lo sport diventa un ponte tra comunità, un esercizio di fluidità e riscrittura delle regole. Sugli schermi scorrono le partite di Gabriel Fontana: Multiform, Fluid Field e Anonymous Allyship, alcune girate allo stadio Penzo. Intorno, maglie, sciarpe, trofei e un calcetto non convenzionale invitano a giocare senza ruoli fissi. Un giornale sportivo raccoglie voci di bar sport, palestre queer e architetture relazionali. Si approfondiscono i legami tra corpo, gioco e spazio pubblico. SIDELINED, a cura di Amanda Pinatih, risponde al tema Intelligens con una visione collettiva e inclusiva dell’architettura: un luogo che non divide, ma connette. Dove stare insieme non è una regola da rispettare, ma un gesto da reinventare.
Diagrams - Fondazione Prada
Firmata da Rem Koolhaas, fondatore di OMA/AMO insieme a Giulio Margheri, Diagrams è la mostra che non ti aspetti: niente ambienti immersivi o effetti wow. Come ci dice il curatore: tocca a voi fare avanti e indietro tra i tavoli per seguire il percorso. Una vera ode al pensiero visuale — quel tipo di grafica che non solo racconta, ma costruisce, orienta, a volte manipola. Ancora una volta, nella direzione curatoriale della Fondazione, troviamo un mix di divulgazione, spirito da laboratorio aperto e funzione pedagogica. Allestita a Ca’ Corner della Regina, la mostra raccoglie oltre 300 oggetti — mappe, grafici, documenti e video — dal XII secolo a oggi. Il cuore dell’expo è nel portego del piano nobile, dove ogni tavolo affronta un nodo del presente: dall’ambiente costruito alla salute, dalle disuguaglianze alla migrazione, passando per l’ambiente naturale, le risorse, la guerra, la verità e il concetto stesso di valore. I diagrammi non si limitano a illustrare: decostruiscono, prevedono, mettono in discussione. Koolhaas lo dice chiaramente: «Il diagramma è una forma di comunicazione che esiste da sempre, indipendente dal linguaggio». Un’ode all’ossessione di tenere insieme.
Pervert or Detective? - Cà Buccari
Pervert or Detective? nasce da una conversazione tra Reba Maybury e Lucy McKenzie sull’erotismo come spazio aperto al piacere, non come stereotipo. Il non prevedibile è il piacere, raccontano, e scrivere insieme il libro, fulcro della mostra, è stato «molto divertente». Le due artiste intrecciano scrittura, pittura e disegni. L’interiorità intesa sia come spazio fisico che come condizione privata è al centro di una mostra che si inserisce nel contesto della Biennale di Architettura, ma lo fa spostando il fuoco: l’architettura qui è intima, mentale, domestica. Il luogo scelto è Cà Buccari, un ex spazio commerciale nel quartiere ultra-artificiale di Sant’Elena a Venezia, costruito dopo la maggior parte dell’isola. Venezia stessa diventa un bricolage urbano dove perdersi è parte dell’esperienza. Tra fotografie trompe-l’œil di interni, testi e disegni, McKenzie e Maybury annullano potere e rappresentazione, leggendo la figura del sex worker come viaggiatore radicale. Il libro che accompagna la mostra è curato da Fredi Fischli e Niels Olsen.