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Trump vuole imporre tariffe del 100% sui film prodotti all'estero Il tentativo del Presidente americano di salvare Hollywood passa, non sorprendentemente, per i dazi

«L'industria cinematografica americana sta morendo di una morte molto rapida», ha scritto questa notte Trump in un post su Truth. Secondo il Presidente americano, il motivo per cui il settore sta soffrendo sono gli incentivi offerti dagli altri Paesi alle produzioni statunitensi, per questo, afferma nello stesso post, ha autorizzato il Department of Commerce e the United States Trade Representative a istituire tariffe al 100% su tutti i film prodotti in «Terre Straniere». Trump afferma che gli sforzi da parte degli altri Paesi sono organizzati, da considerare un progetto di propaganda contro gli Stati Uniti: salvare Hollywood, scrive il Presidente americano, significa proteggere la sicurezza nazionale. «VOGLIAMO CHE I FILM SIANO FATTI IN AMERICA, DI NUOVO!», conclude nel post. In risposta a questo messaggio, il segretario del commercio Howard Lutnick ha affermato su X di stare lavorando alle nuove tariffe sul cinema, ma non è ancora stato reso chiaro se le imposte saranno rivolte alle società di produzione americane. 

Pochi mesi fa avevamo parlato del de-californiamento delle produzioni cinematografiche, un fenomeno messo in luce da un report di FilmLA nel quale si evidenzia che nel 2024 le produzioni di Hollywood sono diminuite del 5% e negli ultimi dieci anni del 40%. Il motivo dietro a questo calo sono le agevolazioni fiscali che paesi dell’Est Europa, del Mediterraneo e dell’Australia offrono ai produttori a stelle e strisce. Per contrastare le migrazioni, la sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha raccolto incentivi pari a $750 milioni, che però faticano a competere con le agevolazioni al 30 e 40% di Paesi come l’Ungheria (che ha una media di 250 produzioni l’anno), l’Australia e la Nuova Zelanda. In risposta alle affermazioni di Trump sui social, esponenti politici di questi ultimi due Paesi hanno chiarito che difenderanno le rispettive industrie cinematografiche. Tony Burke, il ministro degli interni australiani, ha affermato in un comunicato che «Nessuno deve avere dubbi sul fatto che ci batteremo in modo inequivocabile per i diritti dell'industria cinematografica australiana», aggiungendo che ne ha già discusso con il capo dell'ente governativo Screen Australia. Il primo ministro neozelandese, Christopher Luxon, ha invece discusso del problema in una conferenza stampa in cui ha detto che prima di scegliere come muoversi bisognerà capire in che modo Trump ha intenzione di impostare le tariffe. «Dovremo vedere i dettagli di ciò che emergerà alla fine. Ma saremo ovviamente grandi sostenitori di quel settore e di quell’industria». 

A influire sul ciclone delle tariffe cinematografiche è ancora una volta la Cina, la quale, in risposta ai dazi lanciati da Trump sul Paese dall’inizio dell’anno, sta tagliando tutti i ponti con gli Stati Uniti. A inizio aprile, l’Amministrazione Cinematografica Cinese ha deciso di rallentare l’import di film americani nella nazione, una mossa a cui Trump ha risposto in tono di sfida con «penso di aver visto cose peggiori». L’egemonia culturale passa anche per i film, per questo la guerra tra Cina e America sta venendo combattuta anche al cinema. Secondo quanto riportato da The Guardian, per l’ex rappresentante del Dipartimento del Commercio americano, William Reinsch, le tariffe al 100% che Trump vuole imporre sui film prodotti all’estero potrebbero distruggere l’intera industria. «Abbiamo molto più da perdere che da guadagnare», ha affermato, aggiungendo che non si tratta veramente di un caso di sicurezza nazionale come dice il Presidente americano su Truth.