
Boicottare i supermercati sarà la risposta giusta all'inflazione?
Dai balcani, il movimento che sta cambiando l’economia dal basso
27 Febbraio 2025
In Croazia il movimento #boicotsupermerket si sta rapidamente espandendo in tutti i Balcani e presto potrebbe fare breccia anche in Italia. Nato il 24 gennaio 2025 a Zagabria come risposta all’impennata dei prezzi di beni essenziali come pane, uova e latticini (che hanno visto aumenti dal 40% al 60% rispetto all’anno precedente), #boicotsupermerket prova a riscrivere l'economia dei paesi partendo dal basso. Di fronte a uno scenario deludente, gruppi di cittadini hanno deciso di boicottare le grandi catene di supermercati scegliendo giorni precisi in cui, invece di fare la spesa nelle grandi catene di supermercati, si scelgono negozi di quartiere, mercati locali e produttori territoriali, nella speranza di contenere l’effetto dell’inflazione sul proprio potere d’acquisto. L’iniziativa ha preso vita su un gruppo Facebook dal nome Halo, Inspektore (in italiano Pronto, Ispettore) che vede alla guida Josip Kelemen, presidente dell’European Center for Consumer Excellence. Inizialmente focalizzata sul boicottaggio della carne, simbolo del sovraprezzo praticato dalle multinazionali, l’azione si è rapidamente trasformata in un movimento macroscopico che ha coinvolto ben 13 Paesi dell’area balcanica. In particolare, in Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord, Albania, Romania, Kosovo e Bulgaria i cittadini hanno aderito attivamente, mentre in Grecia, Slovacchia e Ungheria hanno annunciato la loro futura partecipazione.
10 februarie 2025
— Adriana GIURGIU (@adrianagiurgiu) February 2, 2025
BOICOT NAȚIONAL
Nu cumpărăm nimic din SUPERMARKET#Romania #boicot #supermarket #CG pic.twitter.com/9O4llujRDc
L’intera penisola si è unita per contrastare una deriva economica che investe molteplici settori. In questa regione infatti i salari minimi risultano tra i più bassi d’Europa: in Slovenia e Croazia si attestano tra i 900 e i 1200 euro, mentre il record negativo è in Macedonia del Nord, dove il minimo si ferma a soli 400 euro. Inoltre, paesi come Croazia, Ungheria e Romania hanno registrato tassi di inflazione particolarmente elevati, con la Croazia che ha raggiunto il 4,5% – il più alto tra i Paesi della regione che adottano l’euro. Il successo del boicottaggio si fa già sentire a livello concreto. «Un ufficio del ministero delle Finanze ha detto che il 24 gennaio il numero di scontrini emesso è stato inferiore del 43% rispetto a quello della settimana precedente e che l’importo totale speso dai consumatori è sceso del 53%» riporta il Post. I dati relative alle scarse vendite delle ultime settimane hanno spinto le istituzioni a intervenire, garantendo «un allungamento della lista di prodotti da calmierare, cioè con un limite di prezzo fissato per legge». In Serbia, un’associazione a difesa dei consumatori ha invitato a non fare acquisti presso i cinque principali supermercati del paese – Delhaize, Mercator, Univerexport, DIS e Lidl – come forma di protesta contro i prezzi eccessivi. Anche il Montenegro ha seguito l’esempio: a fine gennaio i supermercati hanno registrato una diminuzione degli incassi pari al 56%, secondo quanto riportato dal Sarajevo Times.
girls at the farmers market pic.twitter.com/HD8tO4CxJP
— C (@churchofysl) April 4, 2023
Mentre nei Balcani il boicottaggio ha portato sotto i riflettori il problema, in Italia l’inflazione sembra aver subito una leggera frenata. I dati ISTAT sui prezzi al consumo di gennaio 2025 indicano che «l’indice nazionale [...] per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,6% rispetto a dicembre 2024 e dell’1,5% rispetto a gennaio 2024 (da +1,3% del mese precedente)», con il comparto alimentare che rimane stabile «su valori leggermente superiori al tasso di inflazione, mentre il “carrello della spesa” si attesta a +1,7%». La situazione è in linea con la media europea ma non per questo da sottovalutare. L’espansione del movimento #boicotsupermerket evidenzia come, in tempi di crisi economica, i consumatori possano diventare personaggi attivi nel cambiamento delle politiche economiche e sociali. La scelta di ritornare a fonti di approvvigionamento locali – negozi di quartiere, mercati e produttori del territorio – non è solo una protesta contro i prezzi elevati, ma può essere presa anche come un invito a riscoprire valori di sostenibilità, solidarietà e autonomia economica. Il fenomeno si inserisce in un trend culturale più ampio, in cui pratiche come il foraging, orientate verso uno stile di vita più consapevole e a contatto con il territorio, rappresentano un possibile strumento di cambiamento.