I negozi degli influencer sostituiranno gli e-commerce? Nel post-AI, i content creator tornano di moda
Ormai la creator economy è un labirinto complesso e popoloso. Per vendere non basta più farsi pagare dai brand per sponsorizzare i loro prodotti; sono nati così gli archivi di link affiliati, ossia veri e propri negozi online dove gli influencer possono caricare tutto ciò che hanno indossato e prendere una percentuale sulle vendite - i cosiddetti link affiliati. Il concetto è nato anni fa, ma negli ultimi mesi sono sbucate tantissime nuove piattaforme, nel caso di Vette firmate persino Condé Nast. Sephora ha aperto My Sephora Storefront, un metodo di vendita simile a quello utilizzato dai content creator su Amazon, mentre altri come Fflow e Vylit sono liberi dai marchi e offrono più libertà ai singoli utenti.
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«Vylit blends the best of social media, subscription platforms, and enhanced discovery into one seamless experience», si legge sulla home di Vylit, «an 18+ space that feels like your own; private when you want it to be, public when you don’t». Considerando il periodo tempestoso che stanno affrontando gli e-commerce di tutto il mondo, dalla bancarotta di SSENSE alla chiusura di MatchesFashion, sembra proprio che il futuro dello shopping online sia in mano agli influencer, i negozianti del nuovo millennio. Sempre che anche questo nuovo metodo di consumo non stufi i follower.
Era il 2023 quando cominciavano a farsi strada gli archivi delle influencer, liste infiinite di link affiliati che permettevano di guadagnare di più rispetto alle partnership con i brand. «Smetti di lavorare per loro e comincia a lavorare per te stesso», recitava la mission statement di Shop My Look, una delle prime piattaforme-archivio adottate in primis da Elsa Hosk e Devon Lee Carlson, oggi amata da centinaia di influencer. L’ascesa di site builder come quello di Shop My Look potrebbe indicare due aspetti critici relativi all’influencer marketing: il primo è che le creator online stanno decidendo di spostarsi dalle piattaforme Meta verso alternative indipendenti, il secondo è che i consumatori stanno effettivamente cercando metodi più autentici di fare shopping online.
Non basta più la pubblicità di un brand per convincere il cliente ad acquistare un capo, anche a causa dell’AI e della sovrasaturazione di pubblicità che si vede ogni giorno sugli schermi. Certo, l'intelligenza artificiale può consigliare su algoritmi scientifici - esistono già gli stylist AI - ma una cosa che si può insegnare ai computer, per ora, è il buon gusto. Ben diversi da qualunque e-commerce, gli archivi di link affiliati sono asettici, non hanno molti dettagli grafici o stilistici, ma la curatela da parte di content creator e influencer offre un grado di intimità tra fan e influencer imparagonabile a qualsiasi altro store esteticamente perfetto. Si tratta di una maniera diversa di fare shopping che potrebbe davvero riscrivere il mercato della creator economy.
@coldestjoel Have we had enough of influencer culture? #marketing #tiktokban #socialmediamarketing #influencermarketing #influencersinthewild original sound - Joel Marlinarson
Lo shopping, quando è diretto da un influencer, è più semplice, dato che interviene una forte partecipazione emotiva. Di fronte alla freddezza degli e-commerce e all’inaffettività dell’intelligenza artificiale, acquistare sotto consiglio di un content creator preserva il senso di attenzione e di cura che per secoli hanno portato i consumatori ad acquistare. I dati dimostrano che, dopo il fenomeno della «influencer fatigue» di inizio 2024, la relazione tra pubblico e content creator si sta risanando paradossalmente proprio grazie alla deriva di internet e degli algoritmi: secondo CreatorIQ, da agosto 2024 ad agosto 2025 il settore del marketing ha investito il 171% in più sui content creator rispetto ai dodici mesi precedenti.