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Il caso Ferragnez insegna che non abbiamo imparato niente sulla salute mentale

«Fatemi andare dallo psicologo in pace»

Il caso Ferragnez insegna che non abbiamo imparato niente sulla salute mentale «Fatemi andare dallo psicologo in pace»

Dallo scandalo Balocco alla notizia che la loro relazione fosse giunta realmente al capolinea,  i Ferragnez in Italia generano più interesse delle elezioni, delle guerre, dell’inquinamento o di qualsiasi altra calamità socialmente rilevante. Dopo 5 anni, il matrimonio tra Chiara Ferragni e Federico Lucia sembra essere ufficialmente finito, “sembra” perché per le conferme ufficiali - dopo la diffusione della notizia da parte di Dagospia prima e il Corriere della Sera poi - si attende l’ospitata da Fabio Fazio, domenica 3 marzo. In questi giorni una tensione mediatica che potremmo a ragion veduta definire “accanimento” ha assediato il tetto non più coniugale: Fedez piccato dichiara ai microfoni che la priorità al momento sono i suoi figli e rifiuta di rilasciare dichiarazioni sulla sua vita privata, Chiara commossa e vagamente isterica sbotta contro l’inviato di Pomeriggio 5 - «voglio solo andare dalla psicologa». Ora, escludendo l’ennesimo scivolone con Tommaso Trussardi che la Ferragni dice di non conoscere mentre lui la definisce “bloggherina”, offeso per il disconoscimento, sorge spontaneo chiedersi: non stiamo forse tutti esagerando?

Fabrizio Corona l’aveva profetizzato il 27 febbraio, ospite presso il podcast Gurulandia dichiarava, ergendosi come sempre ad oracolo del gossip: «Non c’è possibilità che tornino insieme. Che farà Fedez? Andrà a Belve dalla Fagnani. Lei andrà da Fazio, che ovviamente non le chiederà nulla, facendo il padre spirituale di un giornalismo che ormai è morto. Lei si presenterà piangente, come la brava ragazza della porta accanto, pronta a difendersi per le beghe matrimoniali». Qualche giorno dopo, nel pieno del fervore di un’invettiva contro Fedez, Marco Travaglio da Muschio Selvaggio paragona la moglie ad una Wanna Marchi dell’era Instagram, sancendo probabilmente un punto di non ritorno e alimentando, a torto o ragione, la narrativa del “quando lui era in ospedale lei c’era, perché non fa lo stesso?”. In questo rincorrersi di notizie, di scandali, commenti, supposizioni e complotti, è effettivamente facile perdere il focus. Per la televisione la situazione è troppo ghiotta per simulare contegno, i vari salotti si alimentano di commentatori della domenica in un loop infinito di niente che tuttavia fa share. Allo stesso tempo i sistemi di regolamentazione anti-hating di Meta ci dimostrano che l’algoritmo ha ancora tanta strada da fare per garantire, nella piazza pubblica, i requisiti minimi di civiltà. In un’epoca in cui basta una frase per generare una spirale di odio social tanto intensa da spingere gli individui a gesti estremi se non addirittura al suicidio, possiamo ancora concederci il voyeristico piacere di vedere i titani della pop culture cadere con tanto fragore? Sono pur sempre due persone che vogliono “solo andare dallo psicologo” e con due figli a carico che, a differenza dei genitori, non hanno scelto di vivere la propria vita con il telefono puntato.

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A gennaio, Fedez mostrava da Muschio Selvaggio il volto di un presunto hater colpevole di aver ironizzato sul suo tumore, per poi scoprire che non corrispondeva affatto a quello dell’autore del commento. Lo stesso mese, l’ennesima gogna mediatica aveva portato Giovanna Pedretti a togliersi la vita, una ristoratrice che aveva pubblicato una recensione sulla sua pizzeria di Sant'Angelo Lodigiano. Selvaggia Lucarelli e Lorenzo Biagiarelli avevano messo in dubbio la veridicità di quel post, secondo i due condiviso ad arte dalla ristoratrice solo per farsi pubblicità, dando inizio ad una spirale di odio social che ha avuto il peggiore dei risvolti possibili - e in tribunale ora si valutano le imputazioni per istigazione al suicidio. Se nel 1997 Diana Spencer perdeva la vita in un incidente stradale corroborato dall’inseguimento dei paparazzi, ad oggi la persecuzione per Lady Di sarebbe stata diversa nelle modalità ma non nelle intenzioni, con buona pace della woke culture. Sui social network, le minacce di morte fioccano ancora con la stessa facilità di un like: è una realtà tanto distopica quanto assodata. Ciò che davvero stupisce è la nostra arrendevolezza collettiva davanti all’odio e il voyeurismo morboso con cui osserviamo gli altri perpetrarlo. Che il divorzio dei Ferragnez sia verità o strategia, il loro impero mediatico è ormai in fiamme, perciò potremmo anche evitare di commentarne i resti mentre lo osserviamo bruciare.