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Ascesa e declino di flickr, il proto-Instagram dei millennial

La prima piattaforma mainstream per condividere foto

Ascesa e declino di flickr, il proto-Instagram dei millennial  La prima piattaforma mainstream per condividere foto

C’è stato un periodo, un limbo tra il picco di Myspace e l’inizio di Facebook, in cui la gente non sapeva proprio cosa farsene delle proprie foto scattate con le digicam. Che il soggetto ritratto fosse un quadretto familiare o uno shooting di moda amatoriale, nell’era di Internet 2.0 era già chiaro che strampare immagini e stiparle in album plastificati non fosse la destinazione d’uso ideale per archiviare i propri ricordi. In quel periodo, in quella zona d’ombra in cui Mark Zuckemberg andava ancora a zonzo per i dormitori di Harvard, nacque Flickr. Era il 2002 quando due consulenti di web design canadesi, Stewart Butterfield e Caterina Fake, iniziarono a lavorare a un gioco online. Avrebbe dovuto chiamarsi Game Neverending, ma dopo solo sei mesi di lavoro, d’un colpo cambiarono idea e decisero di modificare il progetto, trasformandolo in un social network per condividere foto, il primo in ottica mainstream. Flickr, che in inglese significa "tremolare" o "sfavillare", nasce nel febbraio del 2004, YouTube sarebbe comparso l’anno seguente, Twitter due anni dopo, Instagram addirittura sei anni dopo. Per la prima volta chiunque poteva condividere le proprie foto gratuitamente su una piattaforma aperta a tutti, tanto ai professionisti quanto ai dilettanti.

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Grazie a Flickr prendono vita le prime community digitali di fotografi indipendenti e artisti visivi e presto il sito web si evolve offrendo una moltitudine di strumenti organizzativi per collegare le immagini e aiutare gli utenti a sfruttare al meglio le proprie gallerie. Le etichette sono alla base di tutte le ricerche, e i visitatori possono cercare non solo per tema, ma anche per il tipo di licenza di distribuzione delle immagini. Oltre alle etichette, gli user possono organizzare le loro immagini in set, che a loro volta possono essere geotaggati e mappati per creare mappe interattive per siti web o blog, mentre nel 2008 è la volta della condivisione video. Le varie community, divise per geolocalizzazione o per tag, cercano di sfidare le norme sociali e culturali, in una piattaforma ancora troppo giovane per cedere il passo alla censura. Sulla piattaforma si trova, sin da subito, di tutto: dal birdwatching ai rave, ma l’estetica dominante è DIY tra ritratti sgranati e scatti amatoriali di ragazze dai capelli pastello e dalle calze smagliate tra party in casa e concerti. Si tratta di quell' estetica underground che abbraccia l'ultima ondata della Generazione X e i Millennials per intero, che definirà Tumblr al ritmo dei Crystal Castels e dei The strokes e che noi postumi avremmo poi chiamato Indie Sleaze.  

In un solo anno il traffico del sito cresce del 448%, tanto da convincere sia Yahoo! sia Google a bussare alla porta di Flickr per parlare di acquisizioni. Yahoo ha la meglio e a marzo del 2005 impacchetta il team di 11 persone e lo trasferisce da Vancouver a Sunnyvale, in Silicon Valley. L’acquisizione dà visibilità alla piattaforma, che nel primo anno dopo il passaggio di proprietà passa da 250mila utenti registrati a più di 2 milioni. Nel 2009, il sito di hosting di immagini ha collaborato con la ben consolidata Getty Images, due anni dopo, nel 2011, la polizia britannica utilizzava Flickr per individuare i sospetti durante le rivolte nel Regno Unito. La Metropolitan Police ha creato una pagina sulla piattaforma per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle rivolte di Londra e coinvolgere la comunità nella successiva indagine. La pagina era chiamata Operation Withern, composta da una galleria di immagini delle telecamere di sorveglianza dei saccheggiatori e dei presunti rivoltosi. Ai membri del pubblico veniva chiesto di contattare la polizia e segnalare le persone che avrebbero potuto riconoscere nella galleria. 

Come ha fatto dunque un'app così popolare, tanto popolare da riservarsi un posto d'onore nell'immaginario collettivo di un'intera generazione, tanto popolare da essere adottata dalla polizia di stato inglese per le sue investigazioni, a cadere nel dimenticatoio? La colpa ricade su più fattori: la troppa competizione, il fagocitante potenza di Instagram, la transizione (fallimentare) dalla versione desktop all'app. l'incapacità di creare una narrativa più coinvolgente del solo posting. Quando nel 2012 Marissa Mayer prese in mano Yahoo!, partì addirittura una campagna online: gli utenti la supplicano di rendere Flickr di nuovo eccezionale. Un tentativo in effetti c'è stato, nel 2015, quando con un rebranding estetico e uno snellimento funzionale, l'azienda ha cercato di recuperare il tempo perso e riconquistare la fiducia di 100 milioni di iscritti sopiti. Ma Yahoo! è agli sgoccioli tanto quanto Flickr, che nel 2018 viene ceduta a SmugMug, un servizio analogo che esiste dal 2002. Diciamocelo, per Flickr non c'è più speranza, ma resta il fatto che la piattaforma ha permesso ai Millennials di esprimersi attraverso la fotografia, consentendo loro, per la prima volta, di narrare storie personali su scala universale. Flickr e Tumblr sono state le due facce della stessa medaglia, un meltingpot di influenze e subculture senza guardiani al varco in cui il nudo veniva celebrato piuttosto che censurato e l'approccio alla moda, all'arte, alla musica era ben amatoriale ma autentico. Un'autenticità che sui social si è persa per sempre e che i Gen Z fruiscono in chiave surrogata tra Pinterest e TikTok. Ma una cosa è certa: la Gen Z avrebbe amato Flickr.