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Chi sono i personaggi “literally me”?

Dall’identificazione al culto della tossicità

Chi sono i personaggi “literally me”? Dall’identificazione al culto della tossicità

Per molti ragazzi Millennial nei primi anni 2000 guardare American Psycho di Mary Harron è stato l’aprirsi di un mondo. Invece del classico protagonista maschile, Patrick Bateman rappresentava una rivoluzione: un guardaroba straboccante di completi Armani, Valentino e Brooks Brothers; un appartamento minimalista a Manhattan; un corpo tonico e allenato come quello di un modello a furia di metodici allenamenti mattutini. Ai tempi su Patrick Bateman si riflettevano le suggestioni culturali del metrosexual: l’attenzione minuziosa ai prodotti di bellezza (fu Bateman ha insegnare a una generazione intera che l’alcol invecchia la pelle), lo shopping nelle boutique, le limousine, i ristoranti esclusivi suggerivano non solo uno standard di vita a cui aspirare ma anche un mindset per ottenerlo, una lista di elementi a cui portare attenzione per prendersi la migliore cura di sé e, dunque, esprimere il proprio pieno potenziale. Ovviamente il messaggio del film non è questo, anzi. Il materialismo e l’ossessione per le apparenze di Bateman rappresentano l’alienazione e il completo vuoto morale ed emotivo che circondano la cultura yuppie anni ‘80. Patrick Bateman è sull’orlo della follia eppure questo non gli ha impedito di diventare il simbolo di una generazione di uomini cis-etero tragicamente priva di icone che ne hanno fatto su TikTok l’immagine di un everyman di successo, di una figura in cui identificarsi. Nell’immagine di perfezione esteriore e apparente sicurezza di sé che il film offriva molti si sono riconosciuti, puntando il dito allo schermo e pensando: «He’s literally me». 

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Il cinema e le serie tv sono piene di personaggi di questo tipo: Travis Bickle di Taxi Driver, il Ryan Gosling di Drive e Come un tuono, Walter White di Breaking Bad e Thomas Shelby di Peaky Blinders, il Joker di Heath Ledger e di Joaquin Phoenix, Tyler Durden di Fight Club, Al Pacino in Scarface - questo solo per citarne alcuni. La radice del loro fascino sta nel carisma che questi personaggi esercitano, nella loro capacità di far girare intorno a sé la trama della storia solo grazie alle proprie capacità mentali, al proprio machiavellismo e alle proprie visioni filosofiche ciniche e disincantante, spesso “scorrette” e in rottura con il mainstream che promettono rivelazioni e verità più profonde di quelle comunemente accettate dal resto della società. Lo status di “lupi solitari”, di outsider e di ribelli ha fatto di questi personaggi le icone delle comunità online di incel e sopratutto dei cosiddetti Sigma Males, ultima evoluzione di quella parte di audience maschile convinta dell’esistenza di una gerarchia socio-sessuale della società che gli uomini Alfa dominano grazie alla propria forza, alla loro volontà ferrea capace di superare la barriera di ogni convenzione sociale - una forza e una volontà che si manifestano in un grosso conto in banca, in un corpo allenato e in un gran numero di conquiste sessuali. I Sigma Males rappresentano una variazione sul tema dell’uomo Alfa: se l’Alfa appare essere dipendente dall’approvazione e dal successo sociale, il Sigma è indipendente e ancor più autodeterminato, concentrato su se stesso e disinteressato a inseguire, ad esempio, le donne come elemento di validazione sociale. 

E se è vero che gli uomini sono sempre stati affascinati da un qualche personaggio che ricade nella categoria “literally me”, lo spazio che i social media oggi hanno dato alle community di uomini che vogliono dare una svolta alla propria vita smettendo di sentirsi subalterni al resto del mondo ha favorito la nascita di un’identità e di un pensiero di gruppo sempre più precisi e definiti. Il loro guru ideale potrebbe essere identificato nell’ex-campione di kick-box Andrew Tate che ha raccolto intorno a sé milioni su milioni di follower grazie alla sua retorica misogina e basata sulla mitologia dell’uomo tutto ad un pezzo, costeggiando a volte anche la politica, con le immagini di Trump o Putin che ogni tanto si associano a quelle degli altri personaggi immaginari. Anche se Tate è stato espulso da ogni social media il suo seguito prospera, ma soprattutto un numero crescente di uomini cis-etero si votano alla mentalità dei Sigma Males basata sulla dottrina dell’autodisciplina, del controllo delle emozioni e della freddezza nei confronti del mondo alieno delle donne, in cerca di una forma di superiorità e dominio sulle cose. Su TikTok, l’hashtag #sigmamale è visualizzato 2,4 miliardi di volte; #alphamale invece 1,2 miliardi di volte; #andrewtate possiede invece 20,6 miliardi di visualizzazioni (anche se molti di questi video sono parodie o sberleffi a Tate) mentre #sigmagrindset, parola che identifica l’atteggiamento mentale votato alla performance e al profitto del Sigma Male, ne conta 3,1 miliardi. Fortunatamente non tutti sono radicalizzati come Tate nella propria visione della società, non di meno l’apparizione dei personaggi “literally me” è associata alla mentalità dei Sigma Males o dei loro consociati e segue una retorica basata su un lessico bellico fatto di “vittorie e fallimenti”, di “guerrieri” o sull’idea di un antagonismo tra “loro” e “te”, su chi cade e si rialza, sul dolore che fortifica e via dicendo. Per citare uno di questi video, questo tipo di content si rivolge agli uomini che si sentono “impauriti”, “depressi”, “ansiosi”, “deboli” e “infelici”, che hanno “paura di uscire” mentre tra le parole più ricorrenti in questi video ci sono “boss”, “obiettivi”, “motivazione”, “miglioramento”, “successo” oltre che di aforismi motivazionali vari ed eventuali. 

C’è un singolo problema: quasi nessuno dei personaggi “Literally Me” rappresenta davvero un esempio positivo. Tutti questi personaggi sono senza dubbio affascinanti, ben interpretati e ben scritti ma sono stati progettati per rappresentare dei modelli disfunzionali e fallimentari. Lo stesso Fight Club, forse una delle Bibbie dei personaggi “Literally Me”, dimostra che alcuni uomini preferiscano darsi all’anarco-terrorismo che andare in terapia e il suo personaggio centrale, Tyler Durden, dice letteralmente di essere una proiezione perfetta di tutti gli ideali e le fantasie di potere maschili. Nel discorso che abbiamo fatto il tema dell’identità ricorre molto: i personaggi cinematografici sono specchi in cui il pubblico si identifica, mentre la ricerca di etichette come “alfa” o “sigma” a cui appartenere richiama invece il bisogno di un gruppo o di una identità condivisa entro cui definire e costruire se stessi e, in termini più generali, in cui definire il concetto di “mascolinità” e di “uomo”. La questione però è che nella ricerca frenetica di identificazione vanno perduti quegli elementi della storia in cui si nasconde il valore edificante della storia stessa: si guarda agli alberi e si perde di vista la foresta. Se si finisce di vedere American Psycho o Narcos provando un sentimento di ammirazione per Patrick Bateman o Pablo Escobar è andato perduto il senso della loro storia o l’utilità che da essa si può trarre. In altre parole: siamo sicuri di voler davvero essere i personaggi che aspiriamo ad imitare?