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Le slim sneaker sono qui per restare? La loro popolarità indica uno shift nella cultura

Da chunky a slim

@keh.png Balenciaga made a shoe out of 3 different types of pairs .. #fashion #fashiontiktok #highfashion #balenciaga boondocks - L.Dre

Era il 2017 quando Balenciaga lanciò sul mercato le ormai famigerate Triple S. La sneaker, un come il mostro di Frankenstein di Jacob Elordi, era imponente, composita e del tutto affascinante. Dopo l’iniziale senso di impressione, diventarono una hit. Pochi mesi e ogni brand stava producendo sneaker grandi e grosse (le Flashtrek di Gucci e le Replicant Ozweego di adidas x Raf Simons sono gli esempi migliori) e un intero brand, ovvero Naked Wolfe, ci venne costruito sopra. Oggi le cose stanno andando diversamente.

Dopo esserci stufati prima delle sneaker chunky, poi di quelle «da papà» e poi dei mules siamo tornati alle sneaker classiche, che però ora sono sottilissime e vagamente retrò. Nel 2020 Wales Bonner lanciò la prima collaborazione con adidas che includeva due modelli di Samba e Balenciaga presentò la Zen. Poi nel febbraio 2022 venne la volta di Miu Miu con la sua collaborazione con New Balance. 

E la storia si è ripetuta: suole sottili ovunque, silhouette pensate sia per la massa che per i fashion insider (rispettivamente la Samba e le Suede di Dries Van Noten) e una febbre che pare aver contagiato il mercato. Ma questa volta le cose sono diverse: le slim sneaker sembrano qui per restare. Ma perché?

Un mercato di nicchie culturali

Prima di Demna, del successo planetario di Virgil Abloh, di Yeezy e in generale prima del 2017, sulle sneaker non si rifletteva eccessivamente. Le si comprava e le si indossava senza considerare troppo il loro portato culturale. Oggi le cose sono diverse e ciascuna sneaker ha finito per rivestire un ruolo in una qualche nicchia culturale. Le Naked Wolfe, ad esempio, vanno fortissimo tra gli amanti della techno; le Nike Tn sono le scarpe dei maranza, le Nike Dunk quelle dei normies; le adizero EVO di adidas e le On distinguono i runner tra fuckboy ed effettivi amanti della corsa, le Salomon gli amanti di outdoor, arrampicata e vini naturali e via dicendo.

Il che si è verificato perché il mercato si è evoluto oltre il gusto della sneaker generica e della release sensazionalistica (il che ha portato qualche difficoltà a Nike) e ha però lasciato una sorta di vuoto al centro del diagramma cartesiano su cui potremmo posizionare ogni sneaker popolare oggi. In altre parole è venuto a mancare il punto zero, ovvero quella sneaker di riferimento universale rispetto alla quale tutte le altre si collocassero culturalmente, stabilendo una propria identità. Ora è come se ciascuna subcultura con la sua sneaker esistesse in un vuoto, i centri di gravità permanente sono troppi e si annullano tra loro.

È un vuoto che non si capisce come colmare. In effetti in passato non lo occupava un singolo modello ma, sostanzialmente, un singolo brand, e cioè Nike, con tutta la sua galassia di modelli. Oggi però il mondo è più frammentato e il multiverso delle sneaker non riesce più ad avere un centro vero e proprio. E come argomenta sul NY Times Vanessa Friedman, forse sono proprio le slim sneaker, a prescindere dal brand, a occuparlo e diventare il «nuovo normale».

Le slim sneaker sono il nuovo benchmark?

Nel suo articolo, Friedman non parla di slim sneaker ma di sneaker retrò. Tutte queste sneaker in effetti (meno la Cortez di Nike) sono una variazione sul tema della German Army Trainer e cioè le scarpe con cui i soldati del Bundeswehr si allenavano nel corso della Guerra Fredda, da cui nacquero la Samba di adidas e la Replica di Margiela. Noi in effetti definiamo queste sneaker «slim» per distinguerle dalla silhouette più grossa e solida che divenne la norma negli anni ’80 e ’90 e in tutti quelli successivi. 

Ma in effetti forse è proprio la silhouette bassa e sottile il vero archetipo. Dalle plimsoll ottocentesche fino alle Spalding in tela da basket per arrivare alla prima Chuck Taylor di Converse degli anni ’10 e al Modello Waitzer di Adi Dassler del 1928, le scarpe sportive sono sempre state slim sneaker. Forse, ora che ciascuna disciplina sportiva ha il proprio modello dedicato che è diventato un vero strumento per ciascuno sport (pensiamo ai boot da calcio coi tacchetti o ai modelli da corsa) il vero modello originale sta riprendendo il posto che gli spettava. E dunque, necessità ortopediche a parte, possiamo davvero dire che le slim sneaker sono qui per restare.

Takeaways

- Le slim sneaker rappresentano un'evoluzione naturale dal boom chunky del 2017 verso silhouette retrò e minimaliste, come le Samba di adidas o la Zen di Balenciaga, che stanno conquistando sia il mercato di massa che i fashion insider. 

- Oggi il mercato delle sneaker si è frammentato in nicchie culturali, dove ogni modello simboleggia una subcultura specifica, lasciando un vuoto al centro che le slim riempiono come nuovo "punto zero" universale, superando il dominio passato di Nike. 

- Ispirate alle German Army Trainer e all'archetipo storico delle scarpe sportive sottili, le slim sneaker tornano alle origini ortopediche e funzionali, distinguendosi dalle forme bulky degli anni '80-'90. Sembra quindi che le slim sneaker siano qui per restare, come nuovo archetipo in un multiverso frammentato.